2021-02-11
Mr Bce li lascia parlare, poi decide per conto suo
Se non ci fossero di mezzo 92.000 morti, 2.600.000 persone che si sono ammalate, quasi mezzo milione di disoccupati in più rispetto allo scorso anno e un Pil che in soli 12 mesi ha perso l'8,8%, ci sarebbe da ridere. Sì, a vedere le contorsioni del sistema politico, le marce e le retromarce dei partiti, il teatrino dei politici di casa nostra folgorati sulla via di Mario Draghi, verrebbe da sbellicarsi fino a tenersi la pancia. Per molti di questi signori, da male assoluto che era considerato fino all'altro ieri, l'ex governatore è diventato il bene assoluto, perché pare il solo in grado di salvare la legislatura e dunque la poltrona in Parlamento. Il più comico, anche perché lo fa di mestiere, è stato Beppe Grillo, il quale dopo averlo incontrato per la seconda volta in vita sua, non solo ha rivelato che Super Mario «è uno di noi», ma addirittura ha annunciato via Facebook che Draghi «gli ha dato ragione su tutto». Reddito di cittadinanza, ambiente, Recovery plan, pandemia, vaccini: il presidente incaricato avrebbe detto sì all'Elevato, chiamandolo proprio così. «Io mi aspettavo il banchiere di Dio, invece è un grillino. Mi ha anche chiesto di iscriversi». Ma il garante del Movimento non è uno che si fa infinocchiare e dunque, dopo aver avuto ragione su tutto, ai suoi che volevano esprimersi e scegliere se dire sì a Draghi oppure negargli la fiducia, ha detto: aspettiamo un momento prima di decidere. Ma sì, che fretta c'è: le aziende sono alla canna del gas, gli esperti prevedono un milione di disoccupati in più a fine marzo se scade il divieto di licenziare, i ristoranti, i bar, gli alberghi e in genere l'industria del turismo sono sull'orlo del fallimento, tuttavia non bisogna correre per varare questo governo. «Aspettiamo un attimo prima di votare queste robe. Vi chiedo un po' di pazienza» ha concluso, rinviando la consultazione popolare degli iscritti. Una mossa dettata dalla paura di un'onda di no a Draghi. Già, perché troppo veloce è stata la conversione sulla via di Palazzo Chigi. Da affamatore dei risparmiatori - così lo definivano sul Blog delle stelle - l'ex governatore all'improvviso è diventato il salvatore della patria. Dunque, occorre far decantare la situazione, far slittare almeno di un giorno il voto sulla piattaforma Rousseau. Perché, oltre al rospo di un banchiere a Palazzo Chigi, c'è da ingoiare pure il ritorno in maggioranza di Salvini, per non dire di quello più difficile da mandar giù, ovvero l'ingresso di Silvio Berlusconi nell'alleanza che sostiene il nuovo esecutivo. Quando tre anni fa doveva nascere il Conte primo, l'ostacolo principale fu proprio il patto con il Cavaliere. Il quale non sarebbe andato al governo, ma anche la sua sola presenza nella maggioranza rese più dolorose le doglie, in quanto i grillini non ne volevano sapere di averlo come levatrice. Ora però, con l'accoglienza festosa che gli ha riservato Draghi («Ciao, grazie di essere venuto»), il capo di Forza Italia si è preso la rivincita. Lui, estromesso con disprezzo dal Parlamento proprio dai grillini e dalla sinistra, ora è l'unico interlocutore che il presidente incaricato conosce e riconosce, il solo a cui dia del tu. Da paria che era, è tornato centrale, tanto da costringere il Fatto Quotidiano a un titolo secco di prima pagina: «Rieccolo». Tuttavia, non ci sono solo i mal di pancia grillini, con un movimento che rischia di spezzarsi in due o addirittura di astenersi. A soffrire, e neppure troppo in silenzio, c'è pure il Pd, che fino all'altro ieri era disposto a tutto tranne che all'alleanza con le forze sovraniste. «Mai con la destra», tuonava - si fa per dire - Nicola Zingaretti. Adesso i tuoni - sempre per dire - sono diventati pernacchie: «Salvini sull'Europa dà ragione a noi». Peccato che, a leggere le indiscrezioni, pare che Draghi dia ragione a chi non aveva intenzione di chiedere i soldi del Mes, principale scoglio della defunta maggioranza giallorossa: per l'ex governatore, quei fondi sarebbero poco convenienti, soprattutto dopo il calo dello spread. Certo, è un continuo rimescolarsi di giochi, al punto che se Fratelli d'Italia dovesse astenersi invece di votare la sfiducia, nei compagni sarebbe il panico, perché se Salvini è indigeribile, figuratevi come vedrebbero una Meloni non ostile al governo: l'ex maggioranza giallorossa sarebbe, se non ininfluente, almeno poco determinante, e dunque inizierebbero i distinguo, se non le scissioni nella compagnia di sinistrati.Mentre assistiamo a questo spettacolo, però va anche in scena il tentativo di mettere il cappello sul futuro premier. Dopo averlo incontrato, ogni delegazione fa filtrare notizie che lo vedrebbero pendere di qua o di là e quasi sempre di là, cioè a sinistra. Ma chi lo conosce, sa che Draghi comunica poco. Non ha un portavoce e neanche un Casalino che distribuisca veline. In genere, parla poco, preferendo ascoltare. E di solito, dopo aver a lungo ascoltato, decide. Insomma, il contrario di Giuseppe Conte.