I militari di Macron in Mozambico per salvare Total

- L'islamismo in nello Stato africano continua ad essere un problema drammatico: non solo per la violenza e l'instabilità locale, ma anche per Italia e Francia (che potrebbero essere in competizione)
- L'insurrezione islamista nella provincia di Cabo Delgado ha avuto avvio nel 2017
- In Angola, zona dove la compagnia francese è presente dal 1953, Eni stringe accordi con Bp per ottimizzare i costi e diventare uno dei player principali nel settore petrolifero
Lo speciale contiene tre articoli
L'esercito del Mozambico ha sventato un nuovo attacco di jihadisti nel distretto di Palma. A renderlo noto è stato, secondo quanto riferito da Agenzia Nova, il presidente Filipe Nyusi. In particolare, durante il fine settimana, alcuni miliziani islamisti avevano cercato di attaccare il villaggio di Lumbi, con le forze di sicurezza che hanno respinto l'assalto, uccidendo cinque jihadisti. Il presidente, ha aggiungo Agenzia Nova, ha quindi precisato di essere aperto all'aiuto straniero per fronteggiare l'insurrezione islamista nella parte settentrionale del Paese. Questi eventi vanno inseriti nel più ampio contesto delle dinamiche economiche e politiche del Mozambico, oltre che nel quadro dei suoi rapporti con i Paesi occidentali, a partire dalla Francia.
In primo luogo, bisogna ricordare che – come recentemente sottolineato da Le Point Africa – il fenomeno jihadista in Mozambico – emerso nel 2017 – abbia delle radici piuttosto complesse. Una prima causa è dovuta al fatto che le reti islamiste, finite sotto pressione in Paesi come Tanzania e Kenya, hanno deciso di spostarsi nella parte settentrionale del Paese. Una seconda causa è da ricercarsi nella forte disuguaglianza economico-sociale che divide il Mozambico tra un Sud benestante e un Nord in difficoltà: basti pensare che il tasso di povertà in queste aree sia rispettivamente del 19% e del 68%. Una situazione problematica che ha contribuito a creare un terreno fertile per il radicarsi dell'islamismo. Del resto, come evidenziato recentemente da un'analisi pubblicata su The Hill, "nonostante abbia promesso fedeltà allo Stato Islamico nel 2019, al-Shabaab del Mozambico è principalmente un'insurrezione islamista locale nata da rimostranze locali".
Il punto è che questa situazione sta determinando crescenti problemi per il Paese. E non si tratta soltanto di nodi dal punto di vista della violenza e dell'instabilità politica (dal 2017, a causa di questi attacchi, sono morte 2.500 persone, a fronte di oltre 700.000 sfollati). Il tema è infatti anche (pesantemente) economico. Nonostante vanti un territorio particolarmente ricco di materie prime (a partire dal gas naturale), il Paese incontra sempre maggiori difficoltà a trarne reali vantaggi. Il disagio sfruttato dagli islamisti per guadagnare terreno è anche – se non soprattutto – causato da un malgoverno strutturale: una situazione dovuta alla corruzione largamente diffusa e principalmente legata al partito al potere, il Fronte di Liberazione del Mozambico. Tra il malgoverno e le scarse capacità di mantenere l'ordine sul proprio territorio, il Paese sta incorrendo in sempre maggiori difficoltà anche sul piano economico.
E' d'altronde proprio per ragioni di sicurezza che il colosso francese Total, lo scorso aprile, ha sospeso le sue operazioni in loco: una decisione arrivata dopo che, il 24 marzo, un raid islamista aveva ucciso decine di persone nella città di Palma. L'annuncio della Total ha costituito un duro colpo per il Mozambico: come ricordato dalla Bbc, l'impianto locale di liquefazione del gas (collocato ad Afungi, nei pressi della stessa Palma) ha un valore di 20 miliardi di dollari e costituisce "il più grande investimento straniero in Africa".
In questo senso, in occasione del Vertice sul futuro delle economie africane organizzato dalla Francia la settimana scorsa, Nyusi ed Emmanuel Macron hanno discusso principalmente di questo problema. In quella circostanza, il capo di Stato del Mozambico ha anche avuto modo di parlare con l'amministratore delegato di Total, Patrick Pouyanné, che – dal canto suo – si è impegnato a tornare nel Paese "non appena Cabo Delgado avrà di nuovo la pace". Sempre in questo quadro, il presidente del Mozambico ha ricevuto rassicurazioni dal premier portoghese, Antonio Costa, che ha dichiarato: "L'Unione europea sta attualmente generando forze per un team tecnico e di addestramento in Mozambico e siamo disponibili a integrare altre forze e altro supporto, se necessario". Già a inizio maggio l'alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea, Josep Borrell, aveva parlato di una missione nel Paese africano entro la fine di quest'anno: una missione volta a fornire, aveva detto, addestramento e consulenza. In tutto questo, non bisogna neppure trascurare che l'islamismo del Mozambico costituisca un serio problema anche per l'Eni.
In questo senso, è assolutamente necessario che l'Italia sia guardinga rispetto agli atteggiamenti francesi. E' vero che il premier Mario Draghi sta da tempo cercando una sponda con Macron sia sulla politica africana che per quanto riguarda il trattato del Quirinale. Bisogna tuttavia tener presente che il nazionalismo dell'Eliseo entri spesso in conflitto con Roma su vari punti: dalla politica industriale all'immigrazione, passando proprio per l'Africa (a partire dal dossier libico). Non è quindi escludibile che il presidente francese veda sotterraneamente in termini di competizione anche le attività energetiche in Mozambico. Per questa ragione, è bene che Roma vigili attentamente, affinché l'impegno dell'Unione europea non si trasformi in un mero amplificatore per gli interessi d'Oltralpe. Fermo restando poi che, al di là del contrasto all'islamismo, risulti fondamentale agire anche sulle cause strutturali dell'instabilità del Mozambico.
Cronologia dell’insurrezione islamista in Mozambico
In Angola Eni stringe accordi con Bp per mettere in difficoltà Total
Ottimizzare i costi, migliorare le proprie performance in una zona complessa come quella dell'Angola e migliorare le proprie performance in zona che di solito sono sotto lo stretto controllo della francese Total. Nasce anche per questo motivo il memorandum tra Eni e Bp (British Petroleum) che hanno siglato un accordo non vincolante per operare insieme nella zona upstream dell'Angola, tenendo insieme i loro interessi di petrolio, gas e gnl in Paese. Questo potrebbe essere un vantaggio per l'industria petrolifera da tempo in difficoltà nel paese: la produzione è crollata di oltre un terzo dal 2015.
Le attività angolane delle società insieme producono più di 200.000 barili di petrolio al giorno, La loro fusione porterebbe «significative opportunità" per "stimolare gli sviluppi futuri» e aumentare gli investimenti. La compagnia britannica opera nei blocchi 18 e 31 offshore e detiene partecipazioni non operative in blocchi aggiuntivi e in Angol. Eni è l'operatore del New Gas Consortium - una joint venture che include anche Bp - e gestisce il Blocco 15/06, oltre a licenze esplorative a Cabinda North e Cabinda Centro.
Le società ritengono che unire i loro sforzi in una nuova società di joint venture offrirebbe loro nuove opportunità per promuovere congiuntamente i futuri sviluppi e le operazioni in Angola. In particolare, potrebbe generare sinergie significative, creare operazioni più efficienti e aumentare gli investimenti e la crescita nella zona. La nuova impresa rifletterebbe l'impegno di entrambe le società a continuare a sviluppare il potenziale del settore in Angola.
La nuova società sarebbe supportata da Eni e bp, beneficiando delle competenze e del personale di ciascuno, e si prevede che si autofinanzierà. Un piano industriale per la società sarebbe concordato da Eni e bp per consentirle di cogliere opportunità future di esplorazione, sviluppo e possibilmente crescita del portafoglio, sia in Angola che a livello regionale.
Attivi in Angola dal 1953, Total resta il principale operatore petrolifero del Paese. Da tempo si impegna a guidare lo sviluppo economico in queste zone. Ma la nuova realtà di Eni e Bp potrebbe mettere i francesi in difficoltà











