2025-08-30
La mossa per sbarrare Chigi alla Schlein
All’opposizione hanno capito che con la gruppettara Elly non si va al governo e pensano ormai di rimpiazzarla come aspirante premier, senza però toglierla dalla guida del partito. Renzi vuole Silvia Salis, Prodi Ruffini, ma il nome forte è quello di Gentiloni.Grandi manovre a sinistra. Dopo mesi di chiacchiere sul campo largo e sulla sfida che l’opposizione intende lanciare al governo in vista delle elezioni regionali, i compagni si stanno decidendo a fare i conti con la realtà. La questione è semplice e riassumibile con un concetto già espresso tempo fa da Nanni Moretti in un’improvvisata manifestazione a piazza Navona: con questi vertici la sinistra non vincerà mai. In altre parole, non si può pensare di conquistare Palazzo Chigi con Elly Schlein. La ragazza è gentile e strizza l’occhio all’ala più radicale dei progressisti, ma nel Pd nessuno si illude che possa spuntarla in un confronto con Giorgia Meloni. Del resto, non si può neppure pensare che la segretaria del Partito democratico ceda il passo a Giuseppe Conte, il quale muore dalla voglia di tornare al governo e però non solo ha meno voti di quelli su cui può contare Schlein ma è pure un gran furbacchione, nel senso che per raggiungere lo scopo farebbe carte false. Di lui non ci si può fidare, è il giudizio. Perciò, se Elly non va bene perché sembra una gruppettara e non ha uno stile da presidente del Consiglio, e Conte non si può perché è un camaleonte, chi altri?Renzi, che cerca in ogni modo di infilarsi nella speranza che il suo due per cento lo faccia salire sul carro della sinistra, evitandogli alle prossime elezioni lo smacco di restare fuori dal parlamento, vorrebbe Silvia Salis, la quale, avendo un’esperienza politica di qualche mese, sarebbe una marionetta perfetta nelle mani dell’ex premier (anche se l’esempio di Conte, il perfetto sconosciuto piazzato a Palazzo Chigi, dovrebbe consigliare prudenza). Prodi, che nonostante sia stato beccato a tirare i capelli alle croniste che pongono domande impertinenti è sempre in attività, invece pare puntare su Ernesto Maria Ruffini. Il nome non è conosciutissimo, ma non c’è italiano che, indirettamente, con lui non abbia avuto a che fare. Figlio d’arte (il padre era un democristiano di lungo corso), nipote di cardinale, Ruffini era fino a poco tempo fa il capo dell’Agenzia delle entrate, ruolo che rischia di renderlo non proprio simpaticissimo presso quei milioni di italiani che spesso ingiustamente sono tartassati dal fisco. Nonostante abbia ricoperto a lungo il ruolo di esattore, Ruffini si sente già candidato premier in pectore, tanto da aver rilasciato ieri un’intervista alla Stampa in cui, dopo aver annunciato di essere al lavoro per costruire un’alternativa alla Meloni (ma anche alla Schlein), chiede che si tengano le primarie di coalizione per scegliere il candidato del centrosinistra alla presidenza del Consiglio. Ça va sans dire che lui è pronto a scendere in campo, anche se alla domanda precisa, se cioè sia pronto a candidarsi, ha replicato con falsa modestia: «È presto per parlarne».Forse i tempi sono un po’ anticipati dai giornalisti, ma a costringerli a parlarne sono proprio le grandi manovre, cominciate addirittura prima dell’estate. A marzo ne scrivemmo noi per primi, segnalando un nuovo disoccupato speciale, costretto - per riempire le giornate - ad accettare di fare consulenza per lo studio Ambrosetti: Paolo Gentiloni, ex premier ed ex commissario europeo. All’inizio si era immaginato che, a seguito di una possibile sconfitta della Schlein alle europee, fosse pronto a soffiarle la poltrona e a pilotare il Pd verso il voto del 2027, in modo da sbarrare la strada a una maggioranza parlamentare di centrodestra e impedire l’elezione di un presidente della Repubblica scelto da Meloni e soci. Visto come sono andate le cose, ora però si pensa di lasciare Schlein al proprio posto, da leader gruppettara del partito, ma di togliere dallo statuto la regola che fa coincidere il segretario con il candidato premier. In altre parole, Elly si tenga il Pd, ma molli a Gentiloni la designazione di aspirante presidente del Consiglio. Un golpe, ha scritto qualcuno, ma pensando a quelli del passato, quando Berlusconi fu sostituito in corsa da Mario Monti con una manovra di Giorgio Napolitano, e Renzi mandò a casa Letta con un «Enrico stai sereno», questo sarebbe un golpetto piccolo piccolo. Certo, poi c’è da vedere come la prenderebbero i grillini, che le elezioni del 2018 le vinsero proprio contro Gentiloni, ma in fondo se hanno digerito Renzi, con il quale hanno fatto due governi, uno dei quali guidato da Draghi, possono anche digerire Er moviola, ossia uno che pur muovendosi al rallentatore alla fine, da buon democristiano di sinistra, ti frega sempre. L’unica vera obiezione semmai verrà dagli italiani: saranno disposti a farsi fregare da Gentiloni e compagni? Lo sapremo presto.
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