2021-12-05
Moratti-Zaia, il centrodestra litiga sui test
Il governatore del Veneto aveva invocato lo stop ai tamponi ai non vaccinati. La vice di Attilio Fontana: «In Lombardia andiamo avanti, serve a tutti». Sullo sfondo non solo la sanità, ma anche il futuro politico personale e della coalizione.Lei è la donna che qualcuno vede bene come candidata per il Quirinale, lui è il governatore più gradito dagli italiani dopo il premier Mario Draghi. Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia, e Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, sono due «amministratori» espressione del centrodestra unito ma ieri sono stati protagonisti della serie politica «il centrodestra che litiga». La Moratti, entrata al Pirellone dopo le dimissioni dell’assessore al welfare Giulio Gallera, ieri ha attaccato il governatore Zaia o, meglio, la sua strategia contro il Covid in vista del Natale, malgrado fino ad oggi il governatore leghista sia stato uno dei riferimenti più importanti durante la pandemia grazie al buon funzionamento della sanità veneta. Alla provocazione di Zaia di mettere uno stop ai tamponi gratuiti per i no-vax, per garantire il servizio data l’alta domanda causata anche dell’entrata in vigore del green pass obbligatorio e da domani del super green pass («Siamo arrivati quasi al collasso dei tamponi per uso diagnostico, i I tamponi ci servono anche per le scuole»), Letizia Moratti ha detto - in un’intervista a La Stampa - di non essere affatto d’accordo. «La Lombardia proseguirà a fare i tamponi anche ai no-vax, perché sono necessari per poter sequenziare il virus com’è stato fatto efficacemente con Omicron all’ospedale Sacco di Milano».C’è poi l’aumento delle vaccinazioni a rendere particolarmente soddisfatta la Moratti che vuole aumentare le somministrazioni giornaliere insieme a nuove misure più restrittive, a partire dalle mascherine all’aperto: elementi che potranno garantire un Natale «più sereno rispetto all’anno scorso. La sua ricetta per uscire dalla pandemia è semplice ed efficace come uno schiaffo al presidente veneto che deve incassare anche l’affondo: «D’altronde sono i numeri a darci ragione: il senso civico dei lombardi non è in discussione». Eppure, insieme al Veneto, anche la Lombardia sta rischiando di entrare in zona gialla per l’incidenza dei nuovi casi e il tasso di occupazione dei reparti ordinari e delle terapie intensive.Il nervosismo degli amministratori per la gestione della pandemia, dopo due anni, è inevitabile ma forse tradisce anche qualche fibrillazione dovuta anche al futuro politico personale e dell’intera coalizione. Nella Lega l’assemblea programmatica nazionale, inizialmente prevista l’11 e 12 dicembre a Roma, è stata spostata dal leader Matteo Salvini nelle prime settimane del 2022. È lì, dopo le uscite del vicesegretario leghista, Giancarlo Giorgetti, sulla leadership del partito e sulla necessità di avvicinarsi in Europa ai popolari anziché ai sovranisti, che si dovrebbe decidere chi comanda e quale è la linea. Per Zaia «Salvini non si tocca» mentre resta il problema popolari o sovranisti che mette in contrapposizione Lega e Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni intende restare nel gruppo dei Conservatori e riformatori (Ecr) al Parlamento europeo, a costo di rompere l’alleanza con i polacchi del Partito legge e giustizia (Pis), se i suoi leader Jaroslaw Kaczynski e Mateusz Morawiecki decideranno di trasferirsi in Identità e democrazia, il gruppo di estrema destra di Marine Le Pen e Matteo Salvini. La leader di FdI ieri non ha partecipato all’evento organizzato a Varsavia al quale erano invitati anche Viktor Orbán, Salvini e Le Pen. Secondo alcuni osservatori, l’obiettivo della riunione era di lanciare il gruppo unico delle destre sovraniste e nazionaliste mentre Meloni si starebbe spostando su posizioni meno ostili a Bruxelles, mettendo in imbarazzo proprio Salvini. Intanto in Lombardia, la Procura di Milano ha chiesto che il presidente Attilio Fontana sia mandato a processo con l’accusa di frode in pubbliche forniture, insieme ad altre 4 persone, relativamente all’inchiesta sulla fornitura, poi trasformata in donazione, di camici e altri dispositivi di protezione individuale, per mezzo milione di euro, da parte dell’azienda Dama spa, società del cognato Andrea Dini. «Era una cosa prevista e prevedibile, non è che ci fossero molte alternative» ha commentato il governatore leghista attaccato da Pd e M5s lombardi. E prima che l’ex ministro del Carroccio Roberto Castelli, definisse «Letizia Moratti nome prestigioso per il Quirinale», voci di corridoio davano la vicepresidente regionale in corsa per il Pirellone da dove Fontana potrebbe fare un passo indietro. Lombardia a parte, è anche la corsa per il Colle a mostrare qualche «distinguo» all’interno del centrodestra che dovrebbe essere unito sull’unico candidato ufficiale, e cioè Silvio Berlusconi. Per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, la coalizione «ha il dovere di sostenere Berlusconi», mentre Meloni parla di «disponibilità all’ipotesi però serve compattezza del centrodestra. E siccome per l’ex Cavaliere i numeri non bastano serve un piano B e C». Anche Salvini ha puntualizzato: «Tutti i candidati sono candidabili, non c’è qualcuno più o meno. Comunque al primo giro voteremo Berlusconi, dopo decideremo». Da Forza Italia nessuna replica ma tra calcoli e cautela, la capogruppo dei senatori azzurri, Anna Maria Bernini, ha precisato: «Berlusconi ha chiesto a tutti di non parlare di questo argomento».