2022-09-17
«Casse prosciugate e regali a Etihad». Imputati Colaninno e Montezemolo
Raffica di rinvii a giudizio per la bancarotta dell’azienda che perdeva 2 milioni al giorno e cedeva i «gioielli» agli arabi.Il crac di Alitalia finisce a processo: ieri il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Civitavecchia ha rinviato a giudizio 14 imputati del procedimento per bancarotta fraudolenta e per altri reati societari gli ex amministratori, tra i quali Roberto Colaninno, che era nel Cda, già alla guida dei capitani coraggiosi che affossarono Telecom, Giovanni Bisignani, ex amministratore delegato, e Luca Cordero di Montezemolo, fino al 2017 presidente della compagine Alitalia Sai, e gli ex sindaci del biennio 2014-2016 della compagnia di bandiera, dichiarata insolvente nel 2017 e ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria. La prima udienza del processo è fissata per il 18 maggio 2023. Con i commissari straordinari Giuseppe Leogrande, Daniele Santosuosso e Gabriele Fava costituiti parte civile a tutela dei creditori dell’ex compagnia di bandiera, per ottenere il riconoscimento dei danni derivanti dalle condotte che, secondo l’accusa sostenuta in giudizio dal pubblico ministero Mirco Piloni, avrebbero provocato il dissesto di Alitalia. Ma c’è anche una chiamata in corresponsabilità di Etihad Airways, basata sull’assunto accusatorio (che dovrà essere verificato nel corso del giudizio) che la compagnia aerea emiratina, pur essendo socia di minoranza di Alitalia (con il 49 per cento del capitale), esercitasse su quest’ultima «in modo continuativo ed effettivo una decisiva influenza sulla gestione e sul controllo, tale da determinarne le scelte più rilevanti». Una questione che il giudice Francesco Filocamo ha accolto, inserendo come responsabile civile la Etihad Airways.Stando alla ricostruzione della Procura, la cessione degli slot considerati di pregio sarebbe stata una delle principali cause della successiva bancarotta di Alitalia. I vertici della compagnia, però, pur consapevoli, avrebbero affidato una consulenza per la valutazione dell’accordo a manager interni all’azienda che non sarebbero stati liberi di valutare. Inoltre, ai valutatori sarebbero state tenute nascoste alcune scritture contabili necessarie a esaminare il reale impatto dell’operazione. Ma in particolare è finito al centro dello scontro tra accusa e difesa il valore attribuito allo slot Roma Londra, ceduto ad Etihad per un valore che, stando all’inchiesta, sarebbe sottostimato. Gli slot ne valevano almeno 60 (o addirittura 70), ma in quel momento probabilmente sarebbe stato necessario iscrivere a bilancio come plusvalenza la differenza di 39 milioni. Le indagini della Guardia di finanza conclusero, inoltre, che nel bilancio 2016 sarebbe stata calcolata anche una plusvalenza indicata come falsa, di circa 39 milioni di euro. Un trucchetto contabile che sarebbe stato utile, ricostruirono gli inquirenti, per evitare che saltasse fuori il calo del patrimonio netto. Secondo la ricostruzione dei pm, gli indagati sarebbero, a vario titolo, responsabili della bancarotta di Alitalia poiché «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero commesso tutta una serie di falsi nell’approvazione del bilancio. E infatti, scrissero i pm nell’avviso di conclusione delle indagini, sarebbe stata fornita «indicazione di dati di segno positivo difformi dal vero e consentendo il progressivo aumento dell’esposizione debitoria». Un’azione che avrebbe così «cagionato» o comunque «concorso a cagionare», secondo l’accusa, «il dissesto della società, anche aggravandolo». I magistrati, per le verifiche, si sono avvalsi del supporto sul fronte legale, finanziario e di forensic accounting della società di investigazioni Axerta e dei consulenti Gaetano Intrieri, Stefano Martinazzo e Ignazio Arcuri. È saltato fuori che le perdite ammontavano a 2 milioni di euro al giorno e mancava finanche il piano industriale «essendosi già dimostrato irrealizzabile (quello) predisposto da Ethiad». Tra il 2015 e il 2016, la compagnia di bandiera avrebbe funzionato come bancomat per la società emiratina, dissipando una fortuna.Sullo sfondo resta aperta una questione politica (non affrontata dalla magistratura), che passa tutta dentro al Partito democratico. Uno degli ultimi salvataggi di Alitalia con denaro pubblico risale a quando Enrico Letta era presidente del Consiglio. In quel momento il responsabile delle Politiche economiche del Pd era Matteo Colaninno, figlio di Roberto, che ricopriva in Alitalia la carica di presidente. E anche se le difficoltà di Alitalia affondano le radici in quel periodo, è un altro il lasso di tempo investigato, che vede un ulteriore tentativo di salvataggio, messo in campo, senza risultati, questa volta da Matteo Renzi.