
Confessa uno degli autori della strage in Sicilia, ora è caccia ai complici. Il papà di una vittima: «Giustizia o faccio da solo».«Mio figlio era un bravissimo ragazzo. Un lavoratore. Non posso accettare quello che è successo. Non è possibile girare armati come se fossero dei giocattoli. Ci vogliono pene più severe». Sono parole piene di dolore e rabbia quelle di Giacomo Miceli, padre di Andrea, il giovane di ventisei anni che è una delle tre vittime della sparatoria avvenuta sabato notte a Monreale, in provincia di Palermo. Il papà di Andrea è attonito e da domenica fissa la bara del figlio cercando di capire che cosa possa essere successo. Giacomo Miceli non trova pace e pretende che sia fatta piena luce sul far west di Monreale: «Chiedo giustizia per mio figlio. La pretendo da questo Stato. Per lui e per gli altri ragazzi morti. La mia vita è finita ieri. O verrà fatta giustizia o me la farò io da solo...». Intanto, Salvatore Calvaruso, di appena 19 anni, ha confessato ai carabinieri quello che aveva fatto: «Sono stato io a sparare». Il ragazzo è stato poi sottoposto a un formale interrogatorio da parte del pm Felice De Benedittis e si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il ragazzo è accusato di strage, porto e detenzione illegale di arma da sparo. La sua versione dei fatti è apparsa credibile ai magistrati ed è avvalorata anche dal racconto di alcuni testimoni. La ricostruzione fornita da Calvaruso ha trovato riscontro incrociando altri elementi utili alle indagini: sul luogo del delitto sono stati ritrovati un paio di occhiali da vista, che lo stesso indagato, nel corso delle dichiarazioni spontanee, ha ammesso essere i suoi. Confrontando quegli occhiali con alcune foto pubblicate sui Social, inoltre, Calvaruso indossava proprio quegli occhiali. Decisivi anche i riconoscimenti da parte di due testimoni oculari e le dichiarazioni rese da un amico di Calvaruso, che gli aveva prestato il motorino. Secondo il suo racconto, infatti, Calvaruso si sarebbe presentato da lui, dicendogli di avere «combinato un macello», uccidendo due persone a colpi di pistola. Il giovane arrestato gli avrebbe poi chiesto di denunciare il furto dello scooter per allontanare i sospetti da sé. Nel decreto di fermo, gli inquirenti spiegano che «avere sparato ad alzo zero sulla folla, colpendo le fioriere alte un metro e il parabrezza di un’auto posteggiata, è il segno dell’intenzione di uccidere più persone possibile». Intanto, tutta la Sicilia è sconvolta per quanto accaduto. Ci sono messaggi, fiori, ma anche le foto delle tre vittime sulle fioriere colpite dai bossoli sparati nella notte tra sabato e domenica nel centro di Monreale che, all’improvviso, si è trasformato in un far west. Toccanti le parole scritte su un foglio lasciato sul luogo dell’eccidio: «Volati via troppo presto, ma resterete per sempre nei nostri cuori e di chi vi ha voluto bene. Circondati dall’amore che non smetterà mai di abbracciarvi Salvatore, Massimo e Andrea». Andrea Miceli, Salvatore Turdo e Massimo Pirozzo sono stati raggiunti dai colpi di pistola sparati da almeno due ragazzi. Le indagini proseguono a ritmo serrato e gli inquirenti sono alla ricerca dei complici. Mentre Monreale e tutta Palermo si chiedono come possa essere accaduto. Eppure quello di Monreale non è che uno dei tanti recenti episodi di violenza tra giovani e giovanissimi, che non sono sparano ma usano anche i coltelli. Recentissimi fatti di sangue hanno coinvolto minorenni, ma alcuni sono rimasti indelebili nella memoria di tanti. Santo Romano aveva appena 19 anni quando è stato ferito a morte nel novembre del 2024 nel corso di una sparatoria a San Sebastiano al Vesuvio, nel Napoletano. Romano giocava come portiere nella squadra di calcio del Micri di Volla in provincia di Napoli, militante nel campionato di Eccellenza. Il giovane era stato raggiunto da un proiettile al petto e arrivò agonizzante in ospedale dove morì poco dopo. Nell’immediatezza dell’omicidio fu fermato un ragazzo di 17 anni, che da poco tempo era stato scarcerato dal carcere minorile di Nisida. Nel marzo del 2024 è stato condannato a venti anni di carcere il diciassettenne accusato di aver ammazzato Giovan Battista Cutulo. Il musicista dell’orchestra Scarlatti di Napoli, conosciuto da tutti come «Giogio», è stato assassinato il 31 agosto di un anno fa in piazza Municipio a Napoli. Ma anche nelle scorse settimane, si è registrata una escalation della violenza giovanile. Lo scorso 24 aprile, ad Abbiategrasso, un’altra rissa con coltelli tra giovani è finita in tragedia. Un ventunenne egiziano, Mohamed Elsayed, è stato accoltellato nella notte tra venerdì e sabato. Il ragazzo è deceduto la mattina dopo in ospedale. La rissa ha coinvolto un gruppo di giovani italiani e di nordafricani. In breve tempo le forze dell’ordine hanno fermato quattro italiani tra i 18 e i 27 anni accusati di essere i responsabili dell’accoltellamento. Lo scorso ottobre episodio di violenza ha sconvolto San Benedetto del Tronto: un giovane di appena 24 anni è stato accoltellato all’addome sul lungomare nord della città. Poco dopo l’omicidio, un altro giovane è stato accoltellato a Grottammare, località vicina, riportando ferite gravi che hanno reso necessario il trasporto in ospedale. Sono due, invece, gli indagati per la morte di Eddine Bader Essefi in via Colombi a Bologna. Il diciannovenne tunisino è morto in ospedale verso la mezzanotte del 25 aprile. Secondo le indagini, il ragazzo sarebbe stato picchiato per strada, nel quartiere Barca verso le 22, dopo aver urtato un altro ragazzo che era in compagnia di un amico, entrambi più grandi e forse conoscenti. Così lo avrebbero pestato e buttato a terra. A quel punto la chiamata al 118, la corsa in ospedale e il decesso qualche ora dopo.
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