2022-06-02
Ex fascisti al bivio del referendum del 2 giugno 1946
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Monarchia o repubblica? Durante la consultazione per la forma di governo della Italia post bellica, un piccolo ruolo lo svolsero anche gli ex fedelissimi di Benito Mussolini. Pino Romualdi promise i voti a entrambi in cambio dell'amnistia, che puntualmente avvenne.Nell'immaginario dell'Italia repubblicana, la festa del 2 giugno non ha mai avuto una valenza ideologica forte paragonabile al 25 aprile. Sarà perché, per molti anni, almeno fino all'approdo di Carlo Azeglio Ciampi, il 2 giugno è stato semplicemente una festa minore, dimenticata; sarà perché, quando comunque la si è celebrata, lo si è fatto facendo sfilare l'esercito e non i sindacati. Fatto sta che la sinistra non ha mai amato molto il 2 giugno, almeno non quanto il 25 aprile. Proprio con la valorizzazione della festa della Repubblica voluta da Ciampi, tuttavia, si è anche tentato di darne una lettura squisitamente antifascista. Ma è stata una lettura fondata?Nel 1946, al momento del referendum, i fascisti non si erano volatilizzati. E non parliamo solo di quella parte della popolazione che era passata con grande naturalezza dalle adunate oceaniche sotto al balcone del Duce allo sventolio di bandiere al passaggio degli americani, ma anche dei fascisti combattenti, di quelli che avevano fatto la Repubblica sociale, erano restati fedeli a Mussolini fino all'ultima ora e nel dopoguerra avevano cominciato a riorganizzarsi politicamente (quelli che erano sfuggiti alle esecuzioni sommarie, ovviamente). A quel punto, di fronte alla scelta fra monarchia e repubblica, agli ex fascisti si ponevano due ordini di problemi: ideologici e pratici. In sede ideologica, è noto come il fascismo delle origini fosse repubblicano, che il matrimonio con la monarchia fosse stato solo di interesse (reciproco), restando comunque turbolento, e che comunque fosse terminato in modo traumatico con l'8 settembre. La Rsi era nata con una pesante ipoteca repubblicana e antimonarchica, non solo nei programmi e nelle dichiarazioni ufficiali, ma anche nell'immaginario, nelle vignette, nelle canzoni, negli slogan. Non c'era nulla che, a un anno dalla fine della guerra, spingesse gli ex fascisti necessariamente verso posizioni monarchiche. Neanche verso le posizioni del repubblicanesimo democratico, ovviamente, ma è noto come, psicologicamente, l'inimicizia frontale sia in genere elaborata e vissuta meglio di quanto non accada con un tradimento (perché così fu vissuto dai fascisti l'8 settembre).L'ideologia, tuttavia, non è tutto. C'è anche la politica concreta. Primum vivere, deinde philosophari. Nel dopoguerra, per gli ex fascisti, il «primum vivere» significava letteralmente sopravvivere alla clandestinità forzata. Pino Romuladi, ex esponente della Rsi e punto di riferimento dei reduci, era l'uomo che gestiva i rapporti fra il mondo degli sconfitti e quello dei nuovi poteri. Lo storico Giuseppe Parlato ha ben riassunto la strategia machiavellica di Romualdi a ridosso del referendum: «Fece ai repubblicani una proposta chiara: se vince la Repubblica e i monarchici volessero tentare un colpo di Stato, noi vi aiuteremo. Poi lo stesso Romualdi fa l’identica offerta ai monarchici: se vincete e i comunisti accennano a un’insurrezione, difenderemo la monarchia. Con questo sistema, Romualdi «mercanteggia» con entrambi gli schieramenti senza offrire nulla. Insomma Romualdi vende la pelle di un orso che non c’è. Ma con quest’abilità porta a casa l’amnistia di Togliatti, nel giugno ’46. Ventimila fascisti tornano in circolazione».Ricorda infatti lo stesso Romualdi, nel volume L’ora di Catilina, che «a me non interessava che nella prova elettorale del 2 giugno 1946 avesse vinto la monarchia o la repubblica, ma che l’una e l’altra, vincendo, avessero compreso la necessità di concedere una amnistia, la più vasta possibile…». Il futuro dirigente dell'Msi fu del resto bravo anche a mostrare un attivismo e un potenziale bacino elettorale che gli ex fascisti forse in quella fase nemmeno avevano, ma che non di meno riuscivano bene a simulare grazie a tutta una serie di attività pubblicistoche e attivistiche. Fatto sta che, probabilmente, scambiando il voto per la repubblica (ma senza chiudere subito la porta ai monarchici) con l'aministia per gli ex fascisti, Romualdi segnò l'ingresso ufficiale del mondo degli sconfitti nel nuovo assetto di potere post bellico. I (contestatissimi) risultati del referendum segnarono 2 milioni di voti di differenza tra monarchia e repubblica. Probabilmente i voti mossi da Romualdi erano molti meno. Resta tuttavia il dato per cui, molto probabilmente, il primo mattone politico dell'Italia repubblica fu messo anche dagli ex fascisti che, pochi mesi dopo, si sarebbero organizzati ufficialmente in partito sotto le insegne del Movimento sociale italiano.
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