2025-10-17
«Con Von der Leyen c’è l’Unione delle lobby»
Il grande accusatore del presidente della Commissione Frédéric Baldan: «Prima in Germania con le aziende della Difesa, poi a Bruxelles col Covid Ursula trattò direttamente con i centri di potere, scavalcando i normali canali di comunicazione. E facendosi beffe della democrazia». Frédéric Baldan è un ex lobbista europeo, nonché «grande accusatore» di Ursula von der Leyen nel cosiddetto Sms gate da cui è scaturito un procedimento penale contro la presidente della Commissione Ue. Baldan racconta la sua battaglia ma, soprattutto, gli oscuri intrecci di potere di Bruxelles nel libro Ursula Gates, in uscita oggi per Guerini editore nella collana curata da Marcello Foa.Lei evoca l’infiltrazione delle lobby durante la gestione della crisi sanitaria. Quali lobby sono state infiltrate e come hanno operato? «È documentato, quindi non è soltanto una mia opinione personale. Innanzitutto, ci sono le lobby regolarmente attive nel settore farmaceutico, come l’Efpia, la Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche. Si può vedere che, per la negoziazione dei contratti di acquisto dei vaccini, gli Stati membri hanno deciso di creare due comitati: un comitato di esperti e un comitato di negoziazione. Non è mai stato previsto, in realtà, che la Commissione europea o la presidente della Commissione dovessero negoziare personalmente. E qui si può identificare, ad esempio, un certo Richard Bergström, un ex direttore dell’Efpia, quindi dell’industria farmaceutica europea, che ha agito come negoziatore indipendente per conto della Commissione. Ha, quindi, negoziato con i suoi ex datori di lavoro. Lo stesso vale per l’Agenzia europea per i medicinali, che è coinvolta in un meccanismo noto come revolving doors (porte girevoli). Il presidente dell’agenzia europea è, infatti, un’ex dirigente della lobby farmaceutica europea. È una situazione ormai consolidata in questo settore, ma resta profondamente scioccante. Non è affatto normale né conforme all’interesse generale».Direi di no. E poi? «Durante la crisi Covid, in particolare, si sono viste le influenze di lobby di primo piano: la Fondazione Bill & Melinda Gates, il World economic forum, il Wellcome trust e anche una lobby piuttosto singolare sostenuta da queste tre organizzazioni, chiamata Cepi (Coalition for epidemic preparedness innovations), che presenta conflitti d’interesse e obiettivi alquanto particolari. Per esempio, uno degli obiettivi di Cepi, già prima della crisi, era vendere piattaforme vaccinali per sviluppare prodotti a base di Rna o Dna in 100 giorni. Si vede bene che ciò corrisponde esattamente a quanto ci è stato poi “venduto”. Allo stesso tempo, lo scopo della piattaforma era di abbattere quelli che chiamavano “ostacoli normativi”, cioè tutto ciò che, nella decisione pubblica, mira a proteggere l’interesse della popolazione e il diritto alla salute, per poter vendere i prodotti più rapidamente e con meno garanzie di sicurezza, massimizzando così i profitti. Questo ha portato alla situazione che abbiamo vissuto». Ursula von der Leyen è stata coinvolta in due noti scandali legati ai messaggi di testo, prima riguardo alle armi, poi al Covid. Come ha fatto a uscirne indenne? «C’è lo Sms-gate tedesco, che coinvolge studi di consulenza nel settore della Difesa. Ursula von der Leyen avrebbe dovuto modernizzare la Difesa tedesca. E lei, da membro del Board of trustees del World economic forum, ha assegnato contratti molto importanti a membri del Forum. È già di per sé qualcosa di inquietante. E che cosa ha fatto, seguendo un vero e proprio modus operandi di tipo criminale? Ha deciso, invece di utilizzare la corrispondenza ufficiale, di scambiare messaggi direttamente via Sms con le persone coinvolte nelle società di consulenza tedesche. E quando si è scoperto che aveva comunicato in quel modo, ha trovato un espediente per far cancellare i messaggi. In pratica, ha eluso l’obbligo di archiviare i documenti pubblici, distruggendoli. Nel mio Paese, la distruzione di documenti pubblici è un reato penale. In Germania, ha usato una prima strategia: quando il numero di telefono del ministro della Difesa viene diffuso pubblicamente, cosa che non dovrebbe accadere, l’esercito ha un protocollo che prevede la distruzione del telefono e l’attribuzione di un nuovo numero. Così Ursula von der Leyen ha approfittato di questo protocollo per far distruggere il suo telefono da un terzo. Poi, poco dopo, è passata alla Commissione europea. A livello nazionale, quindi, è diventato complicato perseguirla anche perché servivano dei querelanti e, di fatto, non ce n’erano. A mio avviso, i procuratori aspettavano che i politici istituissero commissioni d’inchiesta e si muovessero».E che è successo, invece? «Alla fine si è deciso politicamente di lasciar perdere. A Bruxelles, la situazione è diventata ancora più curiosa: una volta diventata presidente della Commissione, Ursula von der Leyen si è fatta sistemare un alloggio all’interno della stessa sede della Commissione europea. È paradossale, perché la Commissione stessa non sa bene dire se si tratti davvero di un alloggio o no, ma lei ha potuto eleggere lì il proprio domicilio legale. Questo crea un altro problema per gli inquirenti: non si può più perquisire il suo appartamento, perché si trova in un edificio della Commissione, dove la polizia non può entrare senza il suo consenso. Si vede, quindi, che è stato costruito un vero e proprio sistema di protezione».Veniamo al secondo scandalo legato ai messaggi. «Ursula ha scambiato direttamente messaggi Sms con Albert Bourla, il ceo di Pfizer. Ci sono state fughe di notizie sul New York Times a proposito di questi scambi. Sono seguite denunce, inchieste e persino un parere della Corte dei conti europea, che ha parlato di cattiva amministrazione, poiché non si deve comunicare tramite Sms per questioni ufficiali. Questi messaggi sono documenti pubblici, fanno parte del processo decisionale e, inoltre, lei non aveva il mandato degli Stati membri per negoziare. Dunque, ci si chiede perché sia intervenuta in quel processo, se non per interesse personale o per corruzione. Indubbiamente, è difficile interpretarlo in altro modo. E, scavando nel caso, si è scoperto che, anche in questa occasione, lei si è accordata con il suo capo di gabinetto per distruggere il telefono. Ci è stato spiegato che, per motivi di sicurezza, doveva rinnovare periodicamente il telefono e che i messaggi non venivano archiviati perché considerati short-lived messages, messaggi di breve durata, cioè non abbastanza importanti da essere conservati. Ma questo è un problema, perché il diritto amministrativo non dice che si possa non archiviare un documento solo perché lo si considera non importante: tutti i documenti devono essere archiviati, poi si decide se renderli accessibili o meno. E, nel nostro caso, è piuttosto ironico, perché con uno dei lobbisti infiltrati, Peter Piot, ci sono messaggi considerati importanti che la Commissione non ha archiviato. La Commissione afferma di aver cercato i messaggi, ma di non averli trovati; non ha, però, spiegato su quale telefono né su quale applicazione li abbia cercati».Non molto credibile, come spiegazione. «È evidente che si tratta di scuse. Ursula von der Leyen, insieme alla sua Commissione e al suo capo di gabinetto, ha organizzato un sistema di comunicazione via Sms per scambiare informazioni in modo non legale, eludendo il registro ufficiale della Commissione. Nulla, infatti, le impediva di usare email ufficiali in qualità formale. Tutto è passato, invece, per il suo telefono. E, con vari protocolli, si è organizzata anche la distruzione o il riciclo dei dispositivi, a volte persino donandoli a Ong dopo averli svuotati dei dati. Abbiamo le prove che quei telefoni contenevano informazioni importanti che, per legge, avrebbero dovuto essere archiviate. Per questo, in Belgio, abbiamo finito per sporgere denuncia contro di lei per distruzione di documenti amministrativi: abbiamo prove che ha commesso questo tipo di reati. Siamo stati mille querelanti e anche alcuni Stati membri si sono uniti alla causa. Siamo certi che non ci sia alcun equivoco: i loro contribuenti sono stati danneggiati a causa di Ursula von der Leyen». Cosa l’ha salvata, finora, dalle azioni giudiziarie in Belgio? «Diverse cose. La prima è che i magistrati non applicano più il diritto, non rispettano più lo Stato di diritto, neppure la Carta dei diritti fondamentali. La seconda è ancora più grave: secondo la Corte, il fatto che siano stati violati i nostri diritti fondamentali e costituzionali non comporterebbe un pregiudizio. È l’opposto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che stabilisce chiaramente che una violazione dei diritti umani comporta automaticamente un danno. Questi giudizi sono assurdi e derivano da una sola cosa: violazioni del segreto istruttorio, pressioni politiche sui giudici e una giustizia ormai piegata al potere».Tra le figure che lei cita spesso c’è Bill Gates. Che ruolo ha avuto nell’emergenza sanitaria e che legami ha con Ursula? «Come spiegavo prima, il caso è piuttosto singolare. La Fondazione Bill & Melinda Gates finanzia un professore di medicina molto conosciuto, Peter Piot, e Ursula von der Leyen, mentre entrambi sono legati al World economic forum, decide di prenderlo come esperto indipendente per consigliarla durante la crisi. È interessante perché l’unico esperto che sceglie è proprio lui, Peter Piot. Questo significa che il suo consulente indipendente era, in realtà, una lobbista: Piot è, infatti, una figura di punta di Cepi, una lobby che voleva abbattere i quadri legali, vendere prodotti senza verifiche di sicurezza adeguate e senza vincoli e che promuoveva piattaforme vaccinali da sviluppare in cento giorni, con vaccini a Rna/Dna, già prima della crisi. È l’esempio perfetto di conflitto d’interesse: Peter Piot era finanziato dalla Fondazione Gates, il che crea un conflitto enorme, difficile immaginare di peggio. Eppure è stato proprio lui, all’interno della Commissione, a fungere da autorità scientifica, imponendo le scelte della Commissione grazie al potere che le era stato conferito da Ursula von der Leyen. Piot ha, di fatto, contribuito alla creazione di una nuova agenzia: Hera (Health emergency preparedness and response authority). E si vede chiaramente che Hera corrisponde alla volontà, già prevista in anticipo, di Cepi: creare una struttura in grado di effettuare acquisti e ordini all’industria farmaceutica al di fuori di qualsiasi controllo democratico, senza sorveglianza dei cittadini. Ora è la Commissione a decidere da sola. E infatti, da allora, questa agenzia ha acquistato enormi quantità di vaccini, anche quando non ce n’era più alcun bisogno, né alcuna giustificazione scientifica o logica. Questo ci porta al primo problema: l’influenza della Fondazione Gates. Il secondo riguarda il fatto che i Gates sono ancora azionisti di Microsoft, quindi hanno un interesse diretto nel business dei dati, compresi quelli sanitari».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.