2019-11-21
«Molta ignoranza e troppa confusione. Di Maio abbia più coraggio con l’Iran»
I rifugiati in Italia delusi dalle mosse del M5s, prono a Teheran «Strano che il boia Noury ottenga il visto più facilmente di noi».«Non possiamo parlare di tradimento perché i Paesi occidentali, con l'Italia in primo piano, hanno sempre sostenuto il regime iraniano». A parlare con La Verità, puntando il dito in particolare contro il Movimento 5 stelle è Esmail Mohades, rappresentante della resistenza iraniana in Italia, rassegnata alle debolezze occidentali verso l'Iran ma all'idea che la dittatura degli ayatollah possa presto cadere.Ieri abbiamo raccontato la storia di Hamid Noury, il boia iraniano coinvolto nei massacri dei dissidenti politici del 1988 e fermato il novembre 9 scorso a Stoccolma. All'epoca di quei crimini ordinati dall'ayatollah Ruhollah Khomeini e costati la vita migliaia di dissidenti, si faceva chiamare Hamid Abbasi. Avrebbe ottenuto un visto italiano che né la procura svedese né l'ambasciata italiana a Teheran (interpellata ieri dalla Verità) hanno smentito. Molti rifugiati hanno difficoltà a ottenere i visti dai Paesi occidentali, mentre gli uomini del regime, seppur criminali, ce la faccio senza difficoltà. Un problema evidenziato da Davood Karimi, fondatore dell'Associazione rifugiati politici iraniani in Italia, che alla Verità ha raccontato la storia che nel 2016 ha coinvolto sua madre: «Ottantenne e moribonda voleva salutarmi un'ultima volta, non la vedevo da oltre trent'anni. Ha chiesto un visto all'ambasciata italiana a Teheran con un invito mandato da mia figlia, italiana. Ma per motivi di sicurezza nazionale gliel'hanno rifiutato». Sicurezza nazionale? «Sì, per l'associazione che guido», ribatte Karimi. «Questa storia dimostra che non c'è una regola», spiega ancora. «Basti pensare che in Italia, passaggio per organizzazioni terroristiche iraniane, vivono e transitano persone anche peggiori di Noury».E proprio per questo, dice Karimi, Noury è stato bruciato. Da chi? Da Iraj Mesdaghi, l'ex prigioniero politico che oggi vive a Stoccolma e ha collaborato con la procura svedese al caso, dice Karimi: «È un collaboratore dei servizi iraniani, dalla Svezia critica spesso la resistenza iraniana. Dopo la prigionia negli anni Ottanta è passato con loro e ora sta cercando di riaccreditarsi presso certe fazioni di Teheran usando Noury». Anche secondo Mohades, scappato in Italia dopo la rivoluzione khomenista del 1979 per laurearsi in ingegneria a L'Aquila, il fermo di Noury potrebbe essere un regolamento di conti nella guerra tra fazioni. «È un momento difficile per il regime, lui potrebbe essere un agnello sacrificale».Come Karimi, anche Mohades è deluso dall'Italia. Punta il dito contro il governo italiano e il suo rapporto con il regime, quello che nelle ultime ore ha minacciato la forca per i leader delle proteste contro il rincaro della benzina senza che i leader europei abbiano battuto ciglio. «Non a caso la scorsa settimana Manlio Di Stefano (sottosegretario agli Esteri, ndr) si è incontrato con l'ambasciatore iraniano a Roma. È una cosa molto controproducente», spiega Mohades alla Verità. L'esule parla poi del rapporto tra Italia e Teheran. Un esempio per tutti: la storia delle statue coperte nel 2016 (al governo c'era Matteo Renzi) in occasione della visita a Roma del presidente iraniano Hassan Rouhani: «Per noi iraniani è insopportabile ma credo che anche per l'Italia, per l'Europa e per l'Occidente» questo feeling con il regime «non sia una cosa positiva. Soprattutto in questo momento in cui l'Iran, anche dal punto di vista economico, non ha molto da offrire».E quel visto? L'ambasciata italiana a Teheran avrebbe potuto non sapere che Noury fosse Abbasi? «Quando venti anni fa la resistenza iraniana denunciava i massacri del 1988 parlava chiaramente di quel soggetto identificato allora come Hamid Abbasi», spiega Mohades. «Io credo che un'ambasciata in quel Paese non poteva non sapere, però…». Però che cosa?, gli chiediamo. «Non ho certezze», risponde Mohades. Prima la faccenda di Mahan Air e di Iran Air, ora questo caso. Perché l'Italia si muove così con l'Iran? Di «politica di accondiscendenza» parla Karimi. «Manca coraggio, questo è evidente», dice invece Mohades sottolineando però come sia «difficile delineare una politica chiara italiana ed europea» e come la politica estera del Movimento 5 stelle (e qui cita ancora una volta l'incontro di Di Stefano con l'ambasciatore iraniano Hamid Bayat) sia «terzomondista, degli anni Settanta». Alla mancanza di coraggio si aggiungono «un fondo di ignoranza» e «confusione». «Anche perché», conclude Mohades, «non si sa che cosa faccia Luigi Di Maio: ministro o capo dei 5 stelle? È veramente difficile decifrarlo».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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