2018-04-25
È una donna e si è inchinata all’islam: Mogherini verso il Nobel per la Pace
Proposta choc della presidente del comitato che assegna il premio: scegliere Lady Pesc è un segnale di parità tra i sessi. E l'Accademia dei Lincei elogia la sua remissività verso l'Iran. Così la boutade può diventare realtà.Se non parlassimo di cose tremendamente serie, ci sarebbe perfino da sganasciarsi dalle risate. Roba da barzellettieri, o un pesce d'aprile in ritardo di qualche settimana, o uno scherzo per vedere se siamo attenti e se reagiamo tempestivamente. Invece è tutto vero: la notizia è che qualcuno propone di candidare Federica Mogherini (avete letto bene: Mo-ghe-ri-ni) al Nobel per la Pace. E di grazia, in virtù di cosa? Di fatto, per un canale privilegiato con una delle più feroci dittature islamiste esistenti sul pianeta, cioè l'Iran. Se il caffè non vi si è ancora rovesciato sul tavolo, vi verrà il dubbio di sapere chi abbia avanzato questa proposta. Immaginerete: un buontempone, o qualche estremista da centro sociale, o magari un network filoislamico. Nulla di tutto questo, tenetevi forte: a formulare l'ipotesi, in un articolo sull'Huffington Post, è il presidente dell'Accademia nazionale dei Lincei, il professor Alberto Quadrio Curzio. Ammetto un duplice smarrimento. Il professor Quadrio Curzio è un economista rispettato e rispettabile, docente emerito di economia politica all'Università Cattolica di Milano, dove è stato anche preside della facoltà di scienze politiche, oltre che un editorialista e commentatore di fama. E l'Accademia dei Lincei non è una bocciofila (con rispetto parlando: per le bocciofile), ma la più antica accademia scientifica del mondo, con oltre quattrocento anni di vita. Ebbe tra i primi soci Galileo Galilei, ed è tuttora una delle più prestigiose istituzioni culturali italiane. A maggior ragione, c'è da chiedersi a che punto sia questa lunga notte italiana. Ma procediamo con ordine, e iniziamo dai fatti. Cinque giorni fa, il 20 aprile scorso, l'Accademia dei Lincei ha ospitato per una conferenza la signora Berit Reiss Andersen: non una turista norvegese, ma nientemeno che la presidente del comitato (nominato dal Parlamento di Oslo) che assegna ogni anno il Nobel per la Pace. Ieratica, solenne, la Reiss Andersen ha un curriculum di tutto riguardo: giurista di fama internazionale e componente di ogni immaginabile sinedrio mondiale del politicamente corretto, dai comitati per i diritti umani al forum per i diritti dei bambini, passando per associazioni e centri contro le discriminazioni razziali. Dall'alto di tutta questa bontà, di tutta questa virtù, nella sua conferenza ai Lincei, l'icona norvegese dei diritti umani ha messo sul tavolo una questione grave, anzi gravissima: il «gender gap» del Nobel per la Pace. E di che malattia si tratta, direte voi? Poche donne, ha tuonato la Reiss Andersen, hanno ricevuto il premio: solo 16 su 131, mentre se si allarga il campo a tutte le altre categorie di Nobel il conto è di sole 49 donne su 844 premiati. Roba da suscitare l'indignazione di Laura Boldrini e Asia Argento, che per ora non si sono espresse sul tema. A fare le loro veci, ha dunque provveduto il vertice dell'Accademia dei Lincei, che ha pensato bene - dinanzi a quelle cifre - di avanzare una proposta. Lasciamo direttamente la parola al professor Quadrio Curzio, trascrivendo pari pari la conclusione del suo intervento sull'Huffington Post: «Anche per questo divario di genere e in prosecuzione dell'importante azione del Nobel per la Pace volta al disarmo nucleare speriamo che nel 2018 non si premino il presidente americano Donald Trump e il dittatore della Corea del Nord Kim Jong Un, se si incontreranno. Si premi invece di nuovo l'Ue (già premiata nel 2012) e Federica Mogherini in qualità di Alto rappresentante della Ue per la politica estera e la difesa. Cruciale è stato infatti il suo ruolo per la stipula dell'accordo del 2015 tra la Ue e i Paesi membri del consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania da un lato e l'Iran dall'altro per la rinuncia di quest'ultimo al nucleare militare, in cambio della fine delle sanzioni imposte a quel Paese per la violazioni degli accordi di non proliferazione. L'opera della Mogherini prosegue oggi per mantenere l'accordo a fronte di Trump che lo ha definito “il peggior accordo mai stipulato" così proseguendo la sua opera di smantellamento di quanto ha fatto Obama».In poche righe, almeno quattro cose surreali. Primo: il fatto che un Nobel debba essere conferito su basi maschili o femminili. Secondo: il fatto che non debba essere assolutamente assegnato a Trump («a prescindere», avrebbe detto Totò, indipendentemente da un suo eventuale futuro successo, non sia mai!). Terzo: la santificazione di Obama, la cui opera non può essere messa in discussione. Quarto: il fatto che non si spenda mezza parola sulla realtà dittatoriale dell'Iran. Ma come? Prima ci fate tutto un panegirico sui diritti umani e sui diritti delle donne, e poi fate finta che l'Iran sia un modello? L'Iran è tuttora retto da un regime teocratico che ha come «programma» la distruzione dello Stato di Israele; pratica la segregazione delle donne e la persecuzione degli omosessuali; incarcera e spesso uccide i dissidenti politici; è considerato uno stato sponsor del terrore islamista; reprime regolarmente le proteste e le rivolte di chi si batte per una maggiore libertà; lapidazioni e impiccagioni (pubbliche e in piazza) sono all'ordine del giorno. Serve altro per capire? Ma incredibilmente c'è chi preferisce la Mogherini (velata) che omaggia i tiranni di Teheran. E propone di premiarla proprio per questo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)