2025-08-25
Il modello tedesco: recessione infinita e partner Ue logorati
I nodi dell’austerità vengono al pettine: dopo aver distrutto i mercati dei vicini, Berlino non ha «scudi» contro Usa e Cina.A luglio i fallimenti sono aumentati del 13% su base annua. Colpiti anche alcuni «templi» dell’immobiliare.La produzione manifatturiera è arretrata ai valori del 2020. Il governo interviene con sussidi per le bollette, ma è solo un pannicello caldo. Auto, ingegneria meccanica e metallurgia sono i comparti più in sofferenza.Lo speciale contiene due articoli.Per decenni ci siamo sentiti dire che la Germania era il prototipo da imitare: il Paese che aveva saputo disciplinarsi e costruire la propria forza grazie alla virtù contabile e all’industria di qualità. «Facciamo come la Germania» era l’esortazione del mediocre circuito informativo italiano, che gonfiava di illusioni il modello tedesco. Naturalmente, si trattava di un inganno. La prosperità tedesca si è costruita comprimendo salari e consumi interni, scaricando l’austerità sui vicini europei, drogando la crescita con un surplus permanente che vampirizza la domanda altrui. Non c’è nulla di virtuoso in questo meccanismo: c’è solo la volontà di trarre vantaggio a spese degli altri. «Beggar-thy-neighbour» («impoverisci il tuo vicino») è la politica perseguita dalle élite tedesche negli ultimi sei decenni. Nessuna locomotiva tedesca a trainare l’Europa: piuttosto, un pesante rimorchio.Ora quella strombazzata virtù scompare, come una visione. I dati più recenti sull’economia tedesca sono pessimi. Due anni di recessione (2023, 2024), stessa prospettiva per il 2025. L’indice Zew (fiducia degli investitori) è precipitato ad agosto da 52,7 a 34,7 punti. I dati Eurostat certificano il crollo del surplus commerciale dell’eurozona, passato da 20 miliardi a giugno 2024 a 7 miliardi a giugno 2025. La produzione industriale tedesca è in calo da anni e a giugno 2025 è ai livelli più bassi dal 2021. Se aggiungiamo le rilevazioni dell’Ifo sugli ordini industriali in Germania, in netto calo, il quadro è quello di un’economia in difficoltà strutturale, non di un semplice inciampo.Gli Stati Uniti hanno deciso di colpire al cuore questo modello. Il dazio base del 15% sulle merci europee - 50% per acciaio e alluminio- pesa soprattutto sulla Germania, che fa dell’export il suo fortilizio. Washington non è più disposta a tollerare un surplus commerciale bilaterale che nel 2024 ha superato i 70 miliardi di euro. Il regresso tedesco, non casualmente, è cominciato anni fa proprio negli Usa con il Dieselgate, uno scandalo che azzoppò il settore dell’auto tedesca e lo spinse verso l’elettrificazione.In Asia le cose non vanno meglio. In Cina Volkswagen dieci anni fa controllava un quinto del mercato ed era il marchio più venduto, oggi è scesa al 14,5%, con vendite in calo e meno di 3 milioni di veicoli consegnati nel 2024. Nei veicoli elettrici la presenza tedesca è quasi irrilevante. La quota di mercato di Volkswagen, Audi, Bmw, Mercedes, Porsche nel segmento elettrico in Cina è scesa a circa 5 % nel 2024, rispetto al 6,5 % del 2023. Schiacciata dalla concorrenza di Byd e dei colossi locali, l’auto tedesca ha perso quote e redditività.La Russia, scelta come serbatoio energetico a basso costo, si è trasformata in una ferita aperta. Prima Berlino ha abbracciato Mosca, rafforzandola nel suo ruolo di principale fornitore di energia per l’Europa, poi l’ha rinnegata. Più della metà del gas tedesco arrivava dalla Russia prima della guerra in Ucraina. Oggi i flussi sono a zero, il Nord Stream è un monumento subacqueo ai sogni infranti e Berlino sta ancora stanziando miliardi di aiuti alle imprese per pagare l’energia. I rigassificatori improvvisati, il gnl americano, i prezzi dell’energia negativi per il troppo fotovoltaico, gli incentivi esagerati, le nuove centrali a gas, l’addio al nucleare, lo smaltimento dei rifiuti nucleari nel caos: la politica energetica tedesca è stata un disastro incessante.La storia della Germania contemporanea è quella di un continuo dumping a danno dei partner europei: dumping ambientale con il massiccio uso del carbone, dumping salariale con le riforme Hartz del 2003-2004, dumping energetico con il doppio gasdotto casalingo Nord Stream, dumping valutario con l’accordo di cambi fissi denominato euro, dumping fiscale con il trucchetto dei fondi fuori bilancio.Poi (anzi, prima) c’è l’euro. La moneta unica è stata lo strumento con cui la Germania ha blindato i propri vantaggi. Troppo forte per gli Stati mediterranei, sottovalutato per l’economia di Berlino, l’euro è servito ad evitare che la moneta tedesca si rivalutasse svantaggiando l’export germanico, scaricando sui salari l’onere degli aggiustamenti tra economie diverse. Inoltre, ha costretto i partner dell’eurozona ad adottare gli stessi vincoli di bilancio imposti dai tedeschi. L’austerità ha però depresso i mercati interni europei, non più in grado di assorbire l’eccesso di produzione tedesco.La mancanza di investimenti in Germania negli ultimi trent’anni rende il quadro interno desolante. Strade, ponti, ferrovie, reti digitali: tutto è rimasto indietro. Anche la scuola: Die Welt ha parlato in questi giorni di catastrofe educativa silenziosa. La rigidità fiscale, celebrata come virtù, è in realtà impoverimento coatto. I cittadini tedeschi hanno sopportato salari compressi e tasse alte, perché gli è stato detto che la virtù risiede nel non avere debiti. Ora si accorgono che quel sacrificio serviva solo a oliare un modello di crescita iniquo. Già si parla di una riforma delle pensioni per allungare l’età pensionabile.La situazione politica interna non offre vie d’uscita. Friedrich Merz, a capo di una coalizione con la Spd, è prigioniero delle sue stesse contraddizioni. Una maggioranza divisa, senza visione comune, incapace di indicare un percorso. Solo il riarmo è certo. Intanto l’Afd cresce nei sondaggi oltre il 25 per cento, alimentata dai morsi della crisi economica, dall’ordine pubblico e dall’immigrazione.Fuori dai confini la Germania è in imbarazzo. Il rapporto con la Francia, travolta da una grave crisi interna, è ai minimi termini. La relazione franco-tedesca, altro topos immaginario della disunione europea, è corrosa dalla divergenza di interessi: Parigi guarda con sospetto a Merz e alla sua rinnovata spinta bellica.Il bilancio dell’era Merkel è, insomma, disastroso. La Germania ha cercato nella Russia la sicurezza energetica e nella Cina il mercato di sbocco e la produzione a basso costo. Ha spremuto i partner europei con l’austerità e accumulato surplus record con gli Stati Uniti, provocandone la reazione. Non si tratta di errori, come troppo facilmente si tende a dire. Si tratta del cuore stesso delle politiche delle élite tedesche, convinte che la disciplina fiscale e la forza dell’export fossero garanzia di successo e potere. Oggi quella strategia mostra la sua natura fallimentare: ha logorato i partner, impoverito i cittadini e lasciato la Germania esposta a shock che non riesce più a gestire.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/modello-tedesco-2673914140.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-boom-delle-insolvenze-preoccupa-le-banche" data-post-id="2673914140" data-published-at="1756109904" data-use-pagination="False"> Il boom delle insolvenze preoccupa le banche La crisi tedesca emerge anche dal numero dei fallimenti. Secondo l’istituto Iwh, lo scorso luglio le insolvenze di società di persone e di capitali sono salite del 12% sul mese, toccando 1.588 casi; +13% su luglio 2024 e +64% sulla media 2016-2019. È fra i livelli più alti degli ultimi vent’anni e gli indicatori anticipatori segnano il massimo dall’inizio del 2020, oltre l’8% sopra il picco del 2024: l’autunno in arrivo non promette clemenza.L’onda di fallimenti non nasce dai giganti: prevalgono piccole e medie imprese, mentre la capacità di salvataggio si restringe. Fra le grandi cadute del 2024, solo un terzo è stato venduto o risanato nella prima metà del 2025; tre anni fa era la metà. Creditreform conta 11.900 fallimenti nel semestre (+9,4%), con perdite per i creditori stimate in 33,4 miliardi e circa 141.000 posti a rischio. Numeri brutti.Il dettaglio settoriale ci dice qualcosa in più: in un anno, manifattura +17,5% di insolvenze, vendite al dettaglio +13,8%, servizi +9%; nelle costruzioni l’aumento è più lieve (+1,7%) ma il tasso è già al massimo decennale. Nella filiera dell’automobile 26 fornitori «rilevanti» hanno chiesto l’insolvenza nel primo semestre; le procedure si allungano e solo il 20% trova sbocchi. Atradius segnala margini in calo, ritardi di pagamento e più default, con la previsione di tagli di personale, chiusure di impianti e profitti in discesa almeno fino al 2026. In un simile contesto, la settimana lavorativa di quattro giorni (come richiesto dai sindacati) e i tagli salariali non risolvono i problemi. Sotto i morsi del calo delle vendite, l’industria dell’auto tedesca può solo dimagrire.Anche la distribuzione soffre: l’online comprime i margini e alimenta guerre di prezzo.Il quadro è aggravato dall’uso disinvolto delle procedure fallimentari. Il diritto concorsuale, nato per dare una seconda chance, è diventato spesso un tornello: si entra, si usufruisce dell’indennità di insolvenza pagata dall’Agenzia federale del lavoro, e si esce quasi come prima. L’indennità di insolvenza pagata dall’Agenzia federale del lavoro ha toccato 1,613 miliardi nel 2024 a fronte di 1,1 stanziati. Il resto proveniva dalle riserve, che si stanno assottigliando.Così prosperano i recidivi, che falliscono regolarmente e ritornano in pista dopo una scrollata: Galeria (tre volte negli ultimi quattro anni), Sinn (quattro volte), Gerry Weber (tre volte), Esprit (tre volte). Il contagio sfiora anche i templi dell’immobiliare: Engel & Völkers ha visto due controllate - EV Venture Management ed EV Work Edition - presentare istanza di fallimento. Alcune casse pensioni regionali hanno svalutato partecipazioni in immobili commerciali in cui avevano investito.Attenzione: quando i collaterali si assottigliano e i flussi si fermano, il problema migra nei bilanci bancari. Il rischio concreto derivante dall’ondata di fallimenti è che la Germania si trovi alle prese con una crisi del credito e dunque con una crisi bancaria, a cui il Paese non è preparato. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/modello-tedesco-2673914140.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="effetto-dazi-consumi-interni-al-palo-senza-commesse-il-40-delle-aziende" data-post-id="2673914140" data-published-at="1756109904" data-use-pagination="False"> Effetto dazi, consumi interni al palo. Senza commesse il 40% delle aziende La crisi dell’industria tedesca è conclamata e preoccupa molto Berlino. Le politiche di austerità, la penuria di investimenti pubblici, le inefficienze degli investimenti green, la reazione Usa ai surplus commerciali e gli strascichi della crisi energetica del 2021-22 continuano a gravare sul sistema produttivo della Germania.Il ministro dell’Economia Katharina Reiche ha annunciato un pacchetto da 4 miliardi di euro per sostenere le aziende energivore, con l’obiettivo di ridurre fino al 50% i costi dell’energia. Una misura utile per evitare tagli immediati alla produzione, ma che non può essere scambiata per una politica industriale organica.I dati congiunturali confermano la crisi. Nel secondo trimestre del 2025 il livello dell’attività economica si è fermato dove si trovava nel 2019, prima della pandemia. L’indice settimanale Wai (indicatore di attività economica) calcolato dalla Bundesbank indica un calo dello 0,3% nelle tredici settimane fino al 10 agosto. La produzione manifatturiera è scesa dell’1,9% a giugno, riportandosi ai valori del maggio 2020: un salto indietro che testimonia come il modesto aumento dei mesi precedenti fosse più un’illusione contabile che una ripresa reale.La situazione degli ordini non offre migliori consolazioni. L’ultima indagine Ifo segnala che il 38,3% delle imprese industriali denuncia mancanza di commesse. Nell’automobile la quota tocca il 42,6%, nell’ingegneria meccanica il 46,1%, nell’industria metallurgica sfiora il 50%. Persino nei comparti a più alta specializzazione, la percezione è che la Germania stia progressivamente perdendo terreno rispetto ai concorrenti. A giugno il portafoglio ordini complessivo è rimasto invariato: -0,6% sul mercato interno, +0,4% dall’estero. Su base annua il dato mostra un +5,1%, ma è frutto di accumuli passati, forse in vista dell’aumento dei dazi americani, non di una domanda in crescita.Sul fronte estero, la Germania deve fare i conti con… Donald Trump. L’avanzo commerciale con gli Stati Uniti nella prima metà del 2025 è sceso a 30,2 miliardi di euro, in calo del 12,8%. Le esportazioni verso Washington hanno segnato un calo del 3,9% rispetto al 2024. I comparti più colpiti sono proprio i simboli dell’industria tedesca: auto e componentistica (-8,6%) e macchinari (-7,9%). I nuovi dazi del 15% decisi dall’amministrazione statunitense a partire da agosto, uniti alla debolezza del dollaro, riducono margini e competitività. Dalla settimana scorsa, gli Stati Uniti applicano all’Unione europea dazi del 50% a 407 categorie di prodotti in base al contenuto di acciaio e alluminio. I prodotti includono motocicli e ciclomotori, telai per porte e finestre, vagoni ferroviari.Sul piano politico, il cancelliere Friedrich Merz è impegnato a tenere insieme esigenze industriali e spese militari. Il ministro delle Finanze Lars Klingbeil ha presentato un bilancio che prevede 850 miliardi di euro di nuovo debito entro il 2029. Una parte significativa di questi passerà attraverso fondi speciali esenti dal vincolo del freno al debito, così da permettere spese aggiuntive senza infrangere la disciplina fiscale. Ma il moltiplicatore è basso: l’Ifo calcola che ogni euro di spesa pubblica produrrà appena 40 centesimi di Pil.Il quadro complessivo è quello di un Paese che tenta di difendere le proprie imprese con strumenti straordinari, mentre la dinamica di fondo resta fragile. Berlino può erogare sussidi alle imprese e fare debito, ma il nodo resta sempre lo stesso: la domanda interna. Senza consumatori disposti a spendere e famiglie più sicure del proprio reddito, l’industria continuerà per un po’ a vivere di arretrati e di esportazioni in calo. La medicina, amara per Berlino ma inevitabile, è che la Germania rinneghi le politiche di austerità e riconosca che l’unico vero stimolo capace di rimettere in moto la produzione non viene dai fondi speciali, bensì dal portafoglio dei suoi cittadini.E se la domanda tedesca continuerà a languire, non sarà solo Berlino a pagarne il prezzo. Con un’economia così centrale per l’eurozona, consumi fiacchi e produzione stagnante finiranno per rallentare anche i partner europei, rendendo più difficile qualsiasi ipotesi di ripresa. In altre parole, la Germania non può più contare sull’export, su una moneta sottovalutata e sull’ingegneria dei conti: dovrà imparare, volente o nolente, a stimolare i consumi domestici, pena trascinare l’intera Unione in un crollo da cui qualcuno, prima o poi, vorrà legittimamente chiamarsi fuori.
Foto @Elena Oricelli
Dal 6 dicembre il viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026 toccherà 60 città italiane tra concerti, sportivi e iniziative sociali, coinvolgendo le comunità in vista dei Giochi.
Coca-Cola, partner del viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026, ha presentato le iniziative che accompagneranno il percorso della torcia attraverso l’Italia, un itinerario di 63 giorni che partirà il 6 dicembre e toccherà 60 città. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’attesa dei Giochi in un momento di partecipazione diffusa, con eventi e attività pensati per coinvolgere le comunità locali.
Le celebrazioni si apriranno il 5 dicembre a Roma, allo Stadio dei Marmi, con un concerto gratuito intitolato The Coca-Cola Music Fest – Il viaggio della Fiamma Olimpica. Sul palco si alterneranno Mahmood, Noemi, The Kolors, Tananai e Carl Brave. L’evento, secondo l’azienda, vuole rappresentare un omaggio collettivo all’avvio del percorso che porterà la Fiamma Olimpica in tutta Italia. «Il viaggio della Fiamma unisce storie, territori e persone, trasformando l’attesa dei Giochi in un’esperienza che appartiene a tutti», ha dichiarato Luca Santandrea, general manager olympic and paralympic Winter Games Milano Cortina 2026 di Coca-Cola.
Come in altre edizioni, Coca-Cola affiancherà il percorso selezionando alcuni tedofori. Tra i nomi annunciati compaiono artisti come Noemi, Mahmood e Stash dei The Kolors, volti dell’intrattenimento come Benedetta Parodi e The Jackal, e diversi atleti: Simone Barlaam, Myriam Sylla, Deborah Compagnoni, Ivan Zaytsev, Mara Navarria e Ciro Ferrara. La lista include anche associazioni attive nel sociale – dalla Croce Rossa al Banco Alimentare, passando per l’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti – a cui viene attribuito il compito di rappresentare l’impegno civile legato allo spirito olimpico.
Elemento ricorrente di ogni tappa sarà il truck Coca-Cola, un mezzo ispirato alle auto italiane vintage e dotato di schermi led e installazioni luminose. Il convoglio, accompagnato da dj e animatori, aprirà l’arrivo della torcia nelle varie città. Accanto al truck verrà allestito il Coca-Cola Village, spazio dedicato a musica, cibo e attività sportive, compresi percorsi interattivi realizzati sotto il marchio Powerade. L’azienda sottolinea anche l’attenzione alla sostenibilità: durante il tour saranno distribuite mini-lattine in alluminio e, grazie alla collaborazione con CiAl, sarà organizzata la raccolta dei contenitori nelle aree di festa. Nelle City Celebration sarà inoltre possibile sostenere il Banco Alimentare attraverso donazioni.
Secondo un sondaggio SWG citato dall’azienda, due italiani su tre percepiscono il Viaggio della Fiamma Olimpica come un’occasione per rafforzare i legami tra le comunità locali. Coca-Cola richiama inoltre la propria lunga presenza nel Paese, risalente al 1927, quando la prima bottiglia fu imbottigliata a Roma. «Sarà un viaggio che attraverserà territori e tradizioni, un ponte tra sport e comunità», ha affermato Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Milano Cortina 2026.
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Nicola Fratoianni, Elly Schlein e Angelo Bonelli (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 25 novembre 2025. Il deputato del M5s Marco Pellegrini commenta con noi il piano di pace di Donald Trump per l'Ucraina.