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2021-08-27
Al ministero nessuno spiega a chi toccherà pagare per le vittime del farmaco
Ansa
Ci sono ancora molte domande senza risposta che ruotano attorno alla campagna vaccinale. Una su tutte riguarda gli effetti collaterali legati alle somministrazioni. Cosa succede se, una volta assunto il farmaco, si va incontro a serie complicazioni? La sentenza n. 118/2020 della Corte costituzionale (si veda La Verità del primo agosto) spiega che se i danni provocati da un vaccino la cui somministrazione (imposta o raccomandata che sia) è giustificata da un interesse collettivo, allora è la stessa collettività che dovrà farsene carico. Situazione che si applica quindi anche nel caso del vaccino per prevenire il Covid, che per il momento non è ancora stato reso obbligatorio. Ma, come spiega la Corte, in caso di reazione avversa il cittadino dovrà essere risarcito per il danno subito.
La questione effetti collaterali derivanti dal siero è però da non sottovalutare, anche perché la stessa Regione Lombardia, nei giorni scorsi, aveva scritto ai vari direttori generali Asst e Ats come «stanno giungendo con intensità crescente alle nostre aziende richieste per indennizzo/risarcimento a seguito di somministrazioni di vaccino. Tali richieste, sostanzialmente tutte identiche, riferiscono il verificarsi di eventi successivi alla somministrazione del vaccino e sono trasmesse anche al ministero della Salute», si legge nella lettere di Regione Lombardia. Nel documento era stato inoltre anche specificato come ci fosse necessità di uniformità di comportamento tra tutte le Regioni. Si chiedeva dunque al ministero della Salute di intervenire dando delle linee guida e di condividere «il percorso da attuarsi». Inoltre, si era anche specificato come la Regione non avrebbe intrapreso nessun genere di azione se non avesse prima ricevuto indicazioni precise da Roma. La lettera riportava anche il rifermento alle legge 210/1992, che prevede indennizzi a favore di quanti hanno riportato danni a seguito di vaccinazioni obbligatorie (sentenza poi modificata dalla Corte costituzionale con la n. 118/2020): «È utile ricordare che la normativa vigente sugli indennizzi prevede un riconoscimento economico a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, seppur non riferibile a responsabilità di alcuno, a seguito di vaccinazioni: obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria e non obbligatorie», continua la lettera di Regione Lombardia.
Ma quanti sono gli italiani che hanno avuto reazioni negative al siero?
Secondo il settimo rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid, pubblicato dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), al 26 luglio 2021 sono state inserite 128 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal vaccino e dalla dose somministrata. «La maggior parte degli eventi avversi segnalati sono classificati come non gravi (87,1%) che si risolvono completamente e solo in minor misura come gravi (12,8%), con esito in risoluzione completa o miglioramento nella maggior parte dei casi», si legge nel report. Nel caso di effetti gravi al momento l'Aifa segnala come ci sono sette casi (2,4 % del totale), la cui causalità risulta correlabile (alla somministrazione del vaccino). E «il tasso di segnalazione nella fascia di età tra i 12 e i 19 anni è di 27 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate (alla data del 26/07/2021, il vaccino Comirnaty è l'unico approvato a partire dai 12 anni di età; Spikevax è stato approvato per la fascia di età tra i 12 e i 17 anni il 28/07/2021). La distribuzione per tipologia degli eventi avversi non è sostanzialmente diversa da quella osservata per tutte le altre classi di età».
I dati riportati hanno dunque come arco finale di osservazione luglio. Essendo però la fine di agosto, con la campagna vaccinale andata avanti, si può presupporre che le segnalazioni di reazioni avverse saranno aumentate. E la stessa Regione Lombardia avrà ricevuto un numero maggiore di richieste di risarcimento. Il problema in tutta questa questione è la mancanza di chiarezza: chi valuta la fattibilità di queste domande? Secondo quali criteri? A che procedura devono sottoporsi i cittadini interessanti? Varia da Regione a Regione o c'è un canale unico centrale per smistare le varie richieste? Come sta rispondendo il ministero della Salute alle varie richieste di risarcimento? Sta sviluppando un piano nazionale? Domande alle quali per il momento non c'è una risposta. Nessuno infatti, (complice magari anche il mese di agosto) è stato in grado di fornire delucidazioni precise a tutti quei cittadini che stanno inviando richieste di risarcimento. La mancanza di chiarezza è un problema. E fa parte di una più ampia gestione della campagna vaccinale.
Si continuano infatti a fare sforzi titanici, a escogitare strategie di comunicazione per cercare di convincere gli indecisi e i contrari, ma si tralasciano dettagli che potrebbero veramente fare la differenza. Lasciare delle zone d'ombra è un errore che potrebbe avere delle ripercussioni negative sulla campagna vaccinale. Cercare di fornire con chiarezza tutti i dati disponibili sugli effetti negativi del vaccino (come esistono per qualsiasi altro farmaco), spiegare come inoltrare le domande (chi è l'ente preposto), quale sarà l'iter da seguire, chi analizzerà la richiesta e la possibile conclusione a cui si va in contro, aiuterebbe sicuramente il processo vaccinale.
Da Israele una legnata al green pass
Israele non smette di riservare sorprese. Uno studio, condotto nel Paese mediorientale, supervisionato dal Maccabi healthcare services e ora in attesa di revisione paritaria, dimostra che, in presenza della variante Delta, i vaccinati con due dosi, mai venuti in contatto con il Sars-Cov-2, rischiano 13 volte di più di infettarsi, rispetto a chi è già stato positivo nei mesi in cui la Delta non dilagava in Israele. Le evidenze provano anche che, in quei soggetti, aumenta sensibilmente il rischio di sviluppare dei sintomi. La conclusione, tratta dagli stessi autori della ricerca, è che «l'immunità naturale conferisce un protezione più duratura e più forte contro infezione, malattia sintomatica e ricovero provocati dalla variante Delta», a paragone con l'immunità acquisita sottoponendosi al doppio «shot» di vaccino.
Nel dettaglio, gli scienziati hanno confrontato tre gruppi: gli immunizzati con due dosi mai contagiati, gli individui precedentemente infettati e non vaccinati e quelli che, in seguito al contagio, avevano ricevuto una dose di vaccino. Ne è emerso che i vaccinati non precedentemente infettati avevano un rischio maggiore di 13,06 volte d'infettarsi con la variante Delta, rispetto a quelli già infettati tra gennaio e febbraio 2021. Allungando il periodo di riferimento ai mesi tra marzo 2020 e febbraio 2021, si è constatato un affievolimento dell'immunità naturale, ma comunque, i vaccinati mai contagiati rischiavano 5,96 volte in più d'infettarsi e 7,13 di ammalarsi. Ed erano più esposti ai ricoveri rispetto ai soggetti entrati in contatto con il Covid in precedenza.
Ma allora, su che base scientifica è stato concepito il green pass all'italiana? Mario Draghi aveva giurato che il foglio verde avrebbe offerto la «garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose». Falso, se il documento, anziché in virtù di un tampone negativo, viene rilasciato in seguito all'inoculazione del farmaco anti coronavirus. Non soltanto non c'è alcuna assicurazione che il vaccinato non sia positivo e contagioso, ma, addirittura, egli ha difese molto più fragili da infezione e sintomi della malattia, rispetto a chi ha acquisito l'immunità naturalmente. Che senso ha, quindi, conferire ai possessori del fantasmagorico lasciapassare uno status privilegiato? Alla fine, ha ragione chi, come Andrea Crisanti o Matteo Bassetti, ha subito gettato la maschera: il green pass non serve a prevenire i contagi, bensì a costringere la gente a vaccinarsi.
Lo studio israeliano, peraltro, proietta ulteriori ombre sulla rincorsa a inoculare i ragazzini, che corrono pochissimi pericoli se contraggono il Covid e che, incrociando il Sars-Cov-2, maturerebbero un'immunità più stabile e durevole di quella offerta dai vaccini. Si teme che, distogliendo gli aghi dai minori, il virus circoli in modo tanto sostenuto da generare ulteriori varianti? Finto problema: primo, come sta accadendo in Israele, che viaggi sui 10.000 casi al dì, il virus Delta circola anche con la stragrande maggioranza della popolazione vaccinata (e il green pass non può arginarlo); secondo, è altamente improbabile che una variante pericolosa emerga in Italia.
Dove, però, esperti e decisori politici sono inclini a ribellarsi alla logica. E così, ora si discute di prolungare da nove a 12 mesi la validità del pass verde, mentre, sempre da Israele (dove la mortalità sta sì scendendo tra i vaccinati e la terza dose sta ravvivando gli anticorpi sopiti), si apprende che l'immunità acquisita con i vaccini, vuoi fisiologicamente, vuoi per il ceppo indiano, cala dopo sei mesi. Il sonno della ragione genera Covid.
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La Lombardia ha ricevuto richieste di risarcimento, ma non si sa chi deve valutarle (Stato o enti locali?) né chi sborserà, come prevede la Consulta: a Roma tutti tacciono.In Israele un nuovo studio prova che l'immunità naturale protegge fino a 13 volte di più di quella acquisita con la puntura: assurdo, quindi, accordare privilegi a chi ottiene la carta verde.Lo speciale contiene due articoli.Ci sono ancora molte domande senza risposta che ruotano attorno alla campagna vaccinale. Una su tutte riguarda gli effetti collaterali legati alle somministrazioni. Cosa succede se, una volta assunto il farmaco, si va incontro a serie complicazioni? La sentenza n. 118/2020 della Corte costituzionale (si veda La Verità del primo agosto) spiega che se i danni provocati da un vaccino la cui somministrazione (imposta o raccomandata che sia) è giustificata da un interesse collettivo, allora è la stessa collettività che dovrà farsene carico. Situazione che si applica quindi anche nel caso del vaccino per prevenire il Covid, che per il momento non è ancora stato reso obbligatorio. Ma, come spiega la Corte, in caso di reazione avversa il cittadino dovrà essere risarcito per il danno subito.La questione effetti collaterali derivanti dal siero è però da non sottovalutare, anche perché la stessa Regione Lombardia, nei giorni scorsi, aveva scritto ai vari direttori generali Asst e Ats come «stanno giungendo con intensità crescente alle nostre aziende richieste per indennizzo/risarcimento a seguito di somministrazioni di vaccino. Tali richieste, sostanzialmente tutte identiche, riferiscono il verificarsi di eventi successivi alla somministrazione del vaccino e sono trasmesse anche al ministero della Salute», si legge nella lettere di Regione Lombardia. Nel documento era stato inoltre anche specificato come ci fosse necessità di uniformità di comportamento tra tutte le Regioni. Si chiedeva dunque al ministero della Salute di intervenire dando delle linee guida e di condividere «il percorso da attuarsi». Inoltre, si era anche specificato come la Regione non avrebbe intrapreso nessun genere di azione se non avesse prima ricevuto indicazioni precise da Roma. La lettera riportava anche il rifermento alle legge 210/1992, che prevede indennizzi a favore di quanti hanno riportato danni a seguito di vaccinazioni obbligatorie (sentenza poi modificata dalla Corte costituzionale con la n. 118/2020): «È utile ricordare che la normativa vigente sugli indennizzi prevede un riconoscimento economico a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, seppur non riferibile a responsabilità di alcuno, a seguito di vaccinazioni: obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria e non obbligatorie», continua la lettera di Regione Lombardia. Ma quanti sono gli italiani che hanno avuto reazioni negative al siero?Secondo il settimo rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid, pubblicato dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), al 26 luglio 2021 sono state inserite 128 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, indipendentemente dal vaccino e dalla dose somministrata. «La maggior parte degli eventi avversi segnalati sono classificati come non gravi (87,1%) che si risolvono completamente e solo in minor misura come gravi (12,8%), con esito in risoluzione completa o miglioramento nella maggior parte dei casi», si legge nel report. Nel caso di effetti gravi al momento l'Aifa segnala come ci sono sette casi (2,4 % del totale), la cui causalità risulta correlabile (alla somministrazione del vaccino). E «il tasso di segnalazione nella fascia di età tra i 12 e i 19 anni è di 27 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate (alla data del 26/07/2021, il vaccino Comirnaty è l'unico approvato a partire dai 12 anni di età; Spikevax è stato approvato per la fascia di età tra i 12 e i 17 anni il 28/07/2021). La distribuzione per tipologia degli eventi avversi non è sostanzialmente diversa da quella osservata per tutte le altre classi di età». I dati riportati hanno dunque come arco finale di osservazione luglio. Essendo però la fine di agosto, con la campagna vaccinale andata avanti, si può presupporre che le segnalazioni di reazioni avverse saranno aumentate. E la stessa Regione Lombardia avrà ricevuto un numero maggiore di richieste di risarcimento. Il problema in tutta questa questione è la mancanza di chiarezza: chi valuta la fattibilità di queste domande? Secondo quali criteri? A che procedura devono sottoporsi i cittadini interessanti? Varia da Regione a Regione o c'è un canale unico centrale per smistare le varie richieste? Come sta rispondendo il ministero della Salute alle varie richieste di risarcimento? Sta sviluppando un piano nazionale? Domande alle quali per il momento non c'è una risposta. Nessuno infatti, (complice magari anche il mese di agosto) è stato in grado di fornire delucidazioni precise a tutti quei cittadini che stanno inviando richieste di risarcimento. La mancanza di chiarezza è un problema. E fa parte di una più ampia gestione della campagna vaccinale. Si continuano infatti a fare sforzi titanici, a escogitare strategie di comunicazione per cercare di convincere gli indecisi e i contrari, ma si tralasciano dettagli che potrebbero veramente fare la differenza. Lasciare delle zone d'ombra è un errore che potrebbe avere delle ripercussioni negative sulla campagna vaccinale. Cercare di fornire con chiarezza tutti i dati disponibili sugli effetti negativi del vaccino (come esistono per qualsiasi altro farmaco), spiegare come inoltrare le domande (chi è l'ente preposto), quale sarà l'iter da seguire, chi analizzerà la richiesta e la possibile conclusione a cui si va in contro, aiuterebbe sicuramente il processo vaccinale. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ministero-pagare-vittime-farmaco-2654805205.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="da-israele-una-legnata-al-green-pass" data-post-id="2654805205" data-published-at="1630002041" data-use-pagination="False"> Da Israele una legnata al green pass Israele non smette di riservare sorprese. Uno studio, condotto nel Paese mediorientale, supervisionato dal Maccabi healthcare services e ora in attesa di revisione paritaria, dimostra che, in presenza della variante Delta, i vaccinati con due dosi, mai venuti in contatto con il Sars-Cov-2, rischiano 13 volte di più di infettarsi, rispetto a chi è già stato positivo nei mesi in cui la Delta non dilagava in Israele. Le evidenze provano anche che, in quei soggetti, aumenta sensibilmente il rischio di sviluppare dei sintomi. La conclusione, tratta dagli stessi autori della ricerca, è che «l'immunità naturale conferisce un protezione più duratura e più forte contro infezione, malattia sintomatica e ricovero provocati dalla variante Delta», a paragone con l'immunità acquisita sottoponendosi al doppio «shot» di vaccino. Nel dettaglio, gli scienziati hanno confrontato tre gruppi: gli immunizzati con due dosi mai contagiati, gli individui precedentemente infettati e non vaccinati e quelli che, in seguito al contagio, avevano ricevuto una dose di vaccino. Ne è emerso che i vaccinati non precedentemente infettati avevano un rischio maggiore di 13,06 volte d'infettarsi con la variante Delta, rispetto a quelli già infettati tra gennaio e febbraio 2021. Allungando il periodo di riferimento ai mesi tra marzo 2020 e febbraio 2021, si è constatato un affievolimento dell'immunità naturale, ma comunque, i vaccinati mai contagiati rischiavano 5,96 volte in più d'infettarsi e 7,13 di ammalarsi. Ed erano più esposti ai ricoveri rispetto ai soggetti entrati in contatto con il Covid in precedenza. Ma allora, su che base scientifica è stato concepito il green pass all'italiana? Mario Draghi aveva giurato che il foglio verde avrebbe offerto la «garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose». Falso, se il documento, anziché in virtù di un tampone negativo, viene rilasciato in seguito all'inoculazione del farmaco anti coronavirus. Non soltanto non c'è alcuna assicurazione che il vaccinato non sia positivo e contagioso, ma, addirittura, egli ha difese molto più fragili da infezione e sintomi della malattia, rispetto a chi ha acquisito l'immunità naturalmente. Che senso ha, quindi, conferire ai possessori del fantasmagorico lasciapassare uno status privilegiato? Alla fine, ha ragione chi, come Andrea Crisanti o Matteo Bassetti, ha subito gettato la maschera: il green pass non serve a prevenire i contagi, bensì a costringere la gente a vaccinarsi. Lo studio israeliano, peraltro, proietta ulteriori ombre sulla rincorsa a inoculare i ragazzini, che corrono pochissimi pericoli se contraggono il Covid e che, incrociando il Sars-Cov-2, maturerebbero un'immunità più stabile e durevole di quella offerta dai vaccini. Si teme che, distogliendo gli aghi dai minori, il virus circoli in modo tanto sostenuto da generare ulteriori varianti? Finto problema: primo, come sta accadendo in Israele, che viaggi sui 10.000 casi al dì, il virus Delta circola anche con la stragrande maggioranza della popolazione vaccinata (e il green pass non può arginarlo); secondo, è altamente improbabile che una variante pericolosa emerga in Italia. Dove, però, esperti e decisori politici sono inclini a ribellarsi alla logica. E così, ora si discute di prolungare da nove a 12 mesi la validità del pass verde, mentre, sempre da Israele (dove la mortalità sta sì scendendo tra i vaccinati e la terza dose sta ravvivando gli anticorpi sopiti), si apprende che l'immunità acquisita con i vaccini, vuoi fisiologicamente, vuoi per il ceppo indiano, cala dopo sei mesi. Il sonno della ragione genera Covid.
Ansa
L’accordo è stato siglato con Certares, fondo statunitense specializzato nel turismo e nei viaggi, nome ben noto nel settore per American express global business travel e per una rete di partecipazioni che abbraccia distribuzione, servizi e tecnologia legata alla mobilità globale. Il piano è robusto: una joint venture e investimenti complessivi per circa un miliardo di euro tra Francia e Regno Unito.
Il primo terreno di gioco è Trenitalia France, la controllata con sede a Parigi che negli ultimi anni ha dimostrato come la concorrenza sui binari francesi non sia più un tabù. Oggi opera nell’Alta velocità sulle tratte Parigi-Lione e Parigi-Marsiglia, oltre al collegamento internazionale Parigi-Milano. Dal debutto ha trasportato oltre 4,7 milioni di passeggeri, ritagliandosi il ruolo di secondo operatore nel mercato francese. A dominarlo il monopolio storico di Sncf il cui Tgv è stato il primo treno super-veloce in Europa. Intaccarne il primato richiede investimenti e impegno. Il nuovo capitale messo sul tavolo servirà a consolidare la presenza di Fs non solo in Francia, ma anche nei mercati transfrontalieri. Il progetto prevede l’ampliamento della flotta fino a 19 treni, aumento delle frequenze - sulla Parigi-Lione si arriverà a 28 corse giornaliere - e la realizzazione di un nuovo impianto di manutenzione nell’area parigina. A questo si aggiunge la creazione di centinaia di nuovi posti di lavoro e il rafforzamento degli investimenti in tecnologia, brand e marketing. Ma il vero orizzonte strategico è oltre il Canale della Manica. La partnership punta infatti all’ingresso sulla rotta Parigi-Londra entro il 2029, un corridoio simbolico e ad altissimo traffico, finora appannaggio quasi esclusivo dell’Eurostar. Portare l’Alta velocità italiana su quella linea significa non solo competere su prezzi e servizi, ma anche ridisegnare la geografia dei viaggi europei, offrendo un’alternativa all’aereo.
In questo disegno Certares gioca un ruolo chiave. Il fondo americano non si limita a investire capitale, ma mette a disposizione la rete di distribuzione e le società in portafoglio per favorire la transizione dei clienti business verso il treno ad Alta velocità. Parallelamente, l’accordo guarda anche ad altro. Trenitalia France e Certares intendono promuovere itinerari integrati che includano il treno, semplificare gli strumenti di prenotazione e spingere milioni di viaggiatori a scegliere la ferrovia come modalità di trasporto preferita, soprattutto sulle medie distanze. L’operazione si inserisce nel piano strategico 2025-2029 del gruppo Fs, che punta su una crescita internazionale accelerata attraverso alleanze con partner finanziari e industriali di primo piano. Sarà centrale Fs International, la divisione che si occupa delle attività passeggeri fuori dall’Italia. Oggi vale circa 3 miliardi di euro di fatturato e conta su 12.000 dipendenti.
L’obiettivo, come spiega un comunicato del gruppo, combinare l’eccellenza operativa di Fs e di Trenitalia France con la potenza commerciale e distributiva globale di Certares per trasformare la Francia, il corridoio Parigi-Londra e i futuri mercati della joint venture in una vetrina del trasporto europeo. Un’Europa che viaggia veloce, sempre più su rotaia, e che riscopre il treno non come nostalgia del passato, ma come infrastruttura del futuro.
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Brigitte Bardot guarda Gunter Sachs (Ansa)
Ora che è morta, la destra la vorrebbe ricordare. Ma non perché in passato aveva detto di votare il Front National. Semplicemente perché la Bardot è stata un simbolo della Francia, come ha chiesto Eric Ciotti, del Rassemblement National, a Emmanuel Macron. Una proposta scontata, alla quale però hanno risposto negativamente i socialisti. Su X, infatti, Olivier Faure ha scritto: «Gli omaggi nazionali vengono organizzati per servizi eccezionali resi alla Nazione. Brigitte Bardot è stata un'attrice emblematica della Nouvelle Vague. Solare, ha segnato il cinema francese. Ma ha anche voltato le spalle ai valori repubblicani ed è stata pluri-condannata dalla giustizia per razzismo». Un po’ come se esser stata la più importante attrice degli anni Cinquanta e Sessanta passasse in secondo piano a causa delle sue scelte politiche. Come se BB, per le sue idee, non facesse più parte di quella Francia che aveva portato al centro del mondo. Non solo nel cinema. Ma anche nel turismo. Fu grazie a lei che la spiaggia di Saint Tropez divenne di moda. Le sue immagini, nuda sulla riva, finirono sulle copertine delle riviste più importanti dell’epoca. E fecero sì che, ricchi e meno ricchi, raggiungessero quel mare limpido e selvaggio nella speranza di poterla incontrare. Tra loro anche Gigi Rizzi, che faceva parte di quel gruppo di italiani in cerca di belle donne e fortuna sulla spiaggia di Saint Tropez. Un amore estivo, che però lo rese immortale.
È vero: BB era di destra. Era una femmina che non poteva essere femminista. Avrebbe tradito sé stessa se lo avesse fatto. Del resto, disse: «Il femminismo non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Impossibile aggiungere altro.
Se non il dispiacere nel vedere una certa Francia voltarle le spalle. Ancora una volta. Quella stessa Francia che ha dimenticato sé stessa e che ha perso la propria identità. Quella Francia che oggi vuole dimenticare chi, Brigitte Bardot, le ricordava che cosa avrebbe potuto essere. Una Francia dei francesi. Una Francia certamente capace di accogliere, ma senza perdere la propria identità. Era questo che chiedeva BB, massacrata da morta sui giornali di sinistra, vedi Liberation, che titolano Brigitte Bardot, la discesa verso l'odio razziale.
Forse, nelle sue lettere contro l’islamizzazione, BB odiò davvero. Chi lo sa. Di certo amò la Francia, che incarnò. Nel 1956, proprio mentre la Bardot riempiva i cinema mondiali, Édith Piaf scrisse Non, je ne regrette rien (no, non mi pento di nulla). Lo fece per i legionari che combattevano la guerra d’Algeria. Una guerra che oggi i socialisti definirebbero colonialista. Quelle parole di gioia possono essere il testamento spirituale di BB. Che visse, senza rimpiangere nulla. Vivendo in un eterno presente. Mangiando la vita a morsi. Sparendo dalla scena. Ora per sempre.
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