
L'idea dei titoli di piccolo taglio per pagare i debiti della pubblica amministrazione è ufficialmente nel programma gialloblù. E il Financial Times ne riconosce la portata: «Italia e Germania potrebbero uscire dalla moneta unica».Prima l'anticipazione rilasciata ieri in esclusiva per La Verità da parte del diretto interessato, l'economista e deputato del Carroccio, Claudio Borghi. «I miniBot saranno nel programma economico di governo redatto da Lega e 5 stelle». Poche ore dopo la conferma, con la pubblicazione della versione definitiva del «Contratto per il governo del cambiamento», firmato da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Cinquantadue pagine fitte di proposte che rappresentano il punto di partenza per l'esecutivo che verrà e che stanno già facendo discutere dentro e fuori dal nostro Paese. La proposta di Borghi la troviamo a pagina 21: «Tra le misure concretamente percorribili», si legge, «spiccano l'istituto della compensazione tra crediti e debiti nei confronti della pubblica amministrazione, da favorire attraverso l'ampliamento delle fattispecie ammesse, e la cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio, anche valutando nelle sedi opportune la definizione stessa di debito pubblico». La scorsa estate il responsabile economico della Lega l'aveva promesso: «Se la Lega dovesse andare al governo, lo Stato emetterà buoni del Tesoro in forma cartacea in tagli del tutto simili a quelli delle attuali banconote pagando (fino a una certa somma) immediatamente e senza alcuna lungaggine tutti i suoi debiti nei confronti dei cittadini e delle imprese» da utilizzare «per il pagamento di qualsiasi imposta sia per qualsiasi servizio erogato da aziende statali (biglietti del treno, pieno di benzina ai distributori Eni, bollette)». Uno strumento pensato con una duplice funzione: da un lato immettere liquidità in un sistema produttivo fiaccato dall'eccessiva pressione fiscale e dagli anni di piombo della crisi, dall'altro uno «scudo contro i ricatti di Bruxelles». La proposta era già stata formulata anni prima, ma è entrata con prepotenza nel dibattito pubblico a seguito dell'intervento di Silvio Berlusconi su Libero del 20 agosto. Rispondendo a Paolo Becchi e Fabio Dragoni, che gli chiedevano di chiarire la sua idea sui miniBot, il leader di Forza Italia si lanciò in una clamorosa apertura. «I miniBot hanno caratteristiche molto simili a quelle di una nuova moneta emessa dallo Stato, quindi non ci vedo una differenza significativa con la nostra proposta di una nuova lira», così Berlusconi. «Siamo convinti che la nostra idea sia compatibile con le regole dei trattati europei; certo potremo ottenere questo risultato con la capacità negoziale che solo un leader credibile, con una lunga esperienza internazionale e relazioni consolidate, può avere con i partner europei a partire da Germania e Francia». Una presa di posizione capace di provocare l'immediata e scomposta reazione della Commissione europea, che tramite un portavoce si affrettava a precisare che «l'articolo 128 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea specifica che le banconote dell'euro emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali devono essere le sole banconote di questo tipo ad avere lo status di valuta legale all'interno dell'Unione».Qualche giorno dopo, sulla sua pagina Facebook seguita da quasi due milioni di follower, Matteo Salvini invitava elettori e simpatizzanti della Lega a esprimersi nel merito della proposta di Borghi. A quel punto i miniBot diventavano a tutti gli effetti un punto del futuro programma economico del Carroccio. Un'idea, a detta dello stesso Borghi, dalla «portata rivoluzionaria» e capace di scuotere «i mercati e i palazzi di Bruxelles», che La Verità ha seguito da vicino sin dalle prime battute, quando nessuno pensava potesse diventare un argomento di rilevanza nazionale. Un primo segnale importante lo si era avuto ai primi di settembre quando, intervenendo a margine della conferenza stampa al termine di un consiglio di politica monetaria il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva sentito la necessità di precisare che «nessun Paese nella zona euro può introdurre una propria valuta». Ma oggi che i miniBot rischiano di concretizzarsi, anche la stampa estera inizia considerare seriamente l'eventualità. «La minaccia italiana di introdurre titoli di piccolo taglio noti come miniBot ha reso nuovamente degna di interesse la politica monetaria europea», ha scritto ieri John Dizard sul Financial Times. «Se i miniBot dovessero essere introdotti su larga scala», prosegue il giornalista, «le tensioni politiche finirebbero per forzare l'Italia o la Germania a uscire dalla moneta unica». Trasformandosi così da pazza idea agostana nel peggiore incubo degli euroburocrati.
Carlo Nordio (Ansa)
Interrogazione urgente dei capogruppo a Carlo Nordio sui dossier contro figure di spicco.
La Lega sotto assedio reagisce con veemenza. Dal caso Striano all’intervista alla Verità della pm Anna Gallucci, il Carroccio si ritrova sotto un fuoco incrociato e contrattacca: «La Lega», dichiarano i capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, «ha presentato un’interrogazione urgente al ministro Carlo Nordio sul caso del dossieraggio emerso nei giorni scorsi a danno del partito e di alcuni suoi componenti. Una vicenda inquietante, che coinvolge il finanziere indagato Pasquale Striano e l’ex procuratore Antimafia Federico Cafiero de Raho, attualmente parlamentare 5 stelle e vicepresidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie. Ciò che è accaduto è gravissimo, pericoloso, e va oltre ogni logica di opposizione politica», concludono, «mettendo a rischio la democrazia e le istituzioni. Venga fatta chiarezza subito».
Ambrogio Cartosio (Imagoeconomica). Nel riquadro, Anna Gallucci
La pm nella delibera del 24 aprile 2024: «Al procuratore Ambrogio Cartosio non piacque l’intercettazione a carico del primo cittadino di Mezzojuso», sciolto per infiltrazione mafiosa. Il «Fatto» la denigra: «Sconosciuta».
Dopo il comunicato del senatore del Movimento 5 stelle Roberto Scarpinato contro la pm Anna Gallucci era inevitabile che il suo ufficio stampa (il Fatto quotidiano) tirasse fuori dai cassetti le presunte valutazioni negative sulla toga che ha osato mettere in dubbio l’onorabilità del politico grillino. Ma il quotidiano pentastellato non ha letto tutto o l’ha letto male.
Federico Cafiero De Raho (Ansa)
L’ex capo della Dna inviò atti d’impulso sul partito di Salvini. Ora si giustifica, ma scorda che aveva già messo nel mirino Armando Siri.
Agli atti dell’inchiesta sulle spiate nelle banche dati investigative ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo, che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate, ci sono due documenti che ricostruiscono una faccenda tutta interna alla Procura nazionale antimafia sulla quale l’ex capo della Dna, Federico Cafiero De Raho, oggi parlamentare pentastellato, rischia di scivolare. Due firme, in particolare, apposte da De Raho su due comunicazioni di trasmissione di «atti d’impulso» preparati dal gruppo Sos, quello che si occupava delle segnalazioni di operazione sospette e che era guidato dal tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano (l’uomo attorno al quale ruota l’inchiesta), dimostrano una certa attenzione per il Carroccio. La Guardia di finanza, delegata dalla Procura di Roma, dove è approdato il fascicolo già costruito a Perugia da Raffaele Cantone, classifica così quei due dossier: «Nota […] del 22 novembre 2019 dal titolo “Flussi finanziari anomali riconducibili al partito politico Lega Nord”» e «nota […] dell’11 giugno 2019 intitolata “Segnalazioni bancarie sospette. Armando Siri“ (senatore leghista e sottosegretario fino al maggio 2019, ndr)». Due atti d’impulso, diretti, in un caso alle Procure distrettuali, nell’altro alla Dia e ad altri uffici investigativi, costruiti dal Gruppo Sos e poi trasmessi «per il tramite» del procuratore nazionale antimafia.
Donald Trump e Sanae Takaichi (Ansa)
Il leader Usa apre all’espulsione di chi non si integra. E la premier giapponese preferisce una nazione vecchia a una invasa. L’Inps conferma: non ci pagheranno loro le pensioni.
A voler far caso a certi messaggi ed ai loro ritorni, all’allineamento degli agenti di validazione che li emanano e ai media che li ripetono, sembrerebbe quasi esista una sorta di coordinamento, un’«agenda» nella quale sono scritte le cadenze delle ripetizioni in modo tale che il pubblico non solo non dimentichi ma si consolidi nella propria convinzione che certi principi non sono discutibili e che ciò che è fuori dal menù non si può proprio ordinare. Uno dei messaggi più classici, che viene emanato sia in occasione di eventi che ne evocano la ripetizione, sia più in generale in maniera ciclica come certe prediche dei parroci di una volta, consiste nella conferma dell’idea di immigrazione come necessaria, utile ed inevitabile.






