2025-09-30
I migranti non sono più una risorsa. Perfino gli inglesi lo hanno capito
«Ci saranno altri arrivi ma solo se contribuiscono alla nostra società», ha annunciato il governo laburista. Entrano in vigore le carte d’identità digitali: un trauma per i britannici. L’«Economist» annienta Keir Starmer.Vi ricordate quando la linea della sinistra mondiale era che gli immigrati fossero una «risorsa» per i Paesi che li accoglievano, tanto che l’espressione è entrata ironicamente nel linguaggio comune? Ecco: oggi per trovare quella roba lì dovete cercare col lanternino. Se siete in Italia, in realtà, la ricerca potrebbe essere relativamente semplice, ma in Europa il dietrofront è lampante. Stupisce soprattutto la conversione del labour britannico, che tuttavia è stata troppo repentina, insincera e contraddittoria per convincere l’elettorato a non esprimere in massa consensi per i sovranisti. Eppure, Keir Starmer e i suoi ce la stanno mettendo tutta per scrollarsi di dosso l’aura da collaborazionisti del disastro migratorio. Proprio ieri, l’Home Secretary britannico, l’equivalente del nostro ministro degli Interni, ha annunciato una nuova stretta. E il fatto che si chiami Shabana Mahmood rende il tutto ancor più significativo. Per la Mahmood, i migranti dovranno dimostrare di poter contribuire alla società britannica per ottenere il diritto di rimanere nel Regno Unito attraverso un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. In particolare, gli stranieri dovranno imparare l’inglese a un livello elevato, avere una fedina penale pulita, avere un lavoro, non richiedere sussidi e fare volontariato nella loro comunità. Inoltre il periodo per ottenere il permesso, che attualmente è di cinque anni, sarà portato a dieci. Il ministro si è impegnato a tagliare i visti ai Paesi che si rifiutano di riaccogliere i propri cittadini che hanno trasgredito la legge in Gran Bretagna. In una recente intervista, ha affermato che «il ritmo di questa migrazione è stato molto, molto rapido. Capisco perfettamente perché le persone siano preoccupate al riguardo. Abbiamo bisogno di un’immigrazione legale, è una cosa positiva. Siamo un Paese che ha sempre accolto con favore chi vuole venire a lavorare qui. Ma penso che oltre a vivere e lavorare qui ci sia una cosa più importante da fare, ovvero assicurarsi che le persone diano un contributo alla loro comunità e alla società in generale». Il ministro ha citato espressamente il caso dei suoi genitori, immigrati dal Pakistan, che a suo dire avrebbero fatto ogni sforzo per integrarsi. Il mito consolatorio di una passata integrazione idilliaca ovviamente è parte del problema, ma apprezziamo comunque lo sforzo. La Mahmood ha poi bollato la politica di mettere gli stranieri negli hotel come un «disastro totale per il Paese», promettendo di chiudere tali strutture prima delle prossime elezioni. Ha inoltre esortato la polizia a «controllare le nostre strade» piuttosto che X, toccando un tasto decisamente dolente. La repressione delle opinioni espresse sul Web sta toccando nel Regno Unito punte orwelliane. E di certo nessuna stretta sull’immigrazione sarà credibile fino a che i privati cittadini che esprimano le stesse idee sui social si ritroveranno la polizia all’uscio.Nel frattempo, Starmer (finito in prima pagina sull’Economist come colui che starebbe facendo fallire il Paese) prosegue a testa bassa con il suo contestato progetto di identità digitale: un’app che conterrà dati essenziali come nome, data di nascita, permesso di residenza o nazionalità e fotografia. Un vero trauma per gli orgogliosi e riservati britannici, tant’è che i tabloid parlano di una deriva da Germania Est. Anche qui, però, c’entra l’immigrazione. «Così combatteremo i migranti illegali e clandestini, mentre sarà più facile per i britannici accedere ai servizi», ha dichiarato Starmer, «so che le persone che lavorano sono preoccupate per il livello di immigrazione illegale in questo Paese. L’identità digitale è un’enorme opportunità per il Regno Unito. Renderà più difficile lavorare illegalmente in questo Paese, rendendo i nostri confini più sicuri. Offrirà inoltre ai cittadini comuni innumerevoli vantaggi, come la possibilità di dimostrare la propria identità per accedere rapidamente a servizi essenziali. Questo è il cuore del nostro piano per il cambiamento, che punta a dare risultati concreti a chi vuole vedere le proprie comunità prosperare di nuovo». Nel frattempo anche i socialdemocratici danesi hanno deciso di prendere il dossier immigrazione in mano. Nel giorni scorsi Rasmus Stoklund ha assunto l’incarico di ministro dell’Immigrazione e dell’Integrazione, nell’ambito di un generale rimpasto governativo. Pur schierato a sinistra come il resto del suo governo, Stoklund ha la fama di duro sul tema migranti. «Voglio che facciamo tutto il possibile per far sì che il maggior numero possibile di persone torni a casa, così che possano tornare nelle loro terre d’origine», ha detto senza mezzi termini. Ha inoltre lanciato il suo grido d’allarme contro il fondamentalismo: «Dobbiamo fare tutto il possibile per tenere l’islamismo fuori dalla porta». Con toni che non stonerebbero in bocca a un qualsiasi politico sovranista europeo, ha inoltre tuonato contro la Corte europea dei diritti dell’uomo: «A mio avviso è un enorme equivoco che oggi la Corte per i diritti umani, anziché occuparsi delle violazioni dei diritti umani, interferisca nella questione se gli stupratori possano essere deportati e cose del genere». Insomma, servono espulsioni più facili, alla faccia dei giudici europei. Amici danesi: vi va di scambiarci le sinistre?
Brunello Cucinelli (Ansa)
Emmanuel Macron e Friedrich Merz (Ansa)
«Monsters: La storia di Ed Gein» (Netflix)
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