2025-04-18
La Consulta salva la schedatura di Emiliano
Michele Emiliano (Imagoeconomica)
Respinto il ricorso del governo: la Puglia può registrare se uno studente ha accettato o rifiutato la vaccinazione contro il papilloma nonostante l’allarme del Garante. Esulta il cerchio magico del governatore. Che quando riguarda la sua Regione ama l’autonomia.La Consulta dà ragione alla Puglia: schedare gli studenti che rifiutano il vaccino anti papilloma virus non viola la Costituzione. La sentenza, depositata ieri, ha infatti respinto le questioni di legittimità sollevate dal governo lo scorso luglio. Ma facciamo un passo indietro. Come ampiamente raccontato all’epoca dalla Verità, nel maggio del 2024 la Regione di Michele Emiliano (governatore contrario alla legge sull’autonomia, ma che molto spesso si muove in direzione ostinata e contraria alle normative nazionali) aveva introdotto l’obbligo per gli studenti di età compresa tra gli 11 e i 25 anni di presentare un certificato di avvenuta vaccinazione anti Hpv, oppure il rifiuto alla somministrazione della stessa. Non una mera formalità: l’iscrizione ai percorsi scolastici (dalle medie all’università) era subordinata alla presentazione di tale documento. Tra i promotori della legge c’erano anche Fabiano Amati (Azione) e Pier Luigi Lopalco (virostar di fede dem, per un certo periodo anche assessore alla Sanità, fino alle sue dimissioni nel 2021), che giustificarono l’iniziativa come una strategia d’urto per debellare il virus. Certo, rifiutare la vaccinazione è sempre stato concesso (bontà loro) ma il diniego resta registrato nei fascicoli sanitari. I dati raccolti «rientreranno nella gamma dei dati sensibili in materia di salute e perciò dovranno essere protetti con le garanzie e le tutele previste dalla legge», precisa la legge pugliese. Tuttavia, anche il Garante della Privacy denunciò l’illegittimità della norma, ricordando che «il trattamento dei dati relativi alla salute è lecito solo in presenza di una legge dello Stato» e ribadendo la contrarietà a iniziative locali che violino le normative sulla privacy. Inoltre, osservava l’Autorità, la raccolta di simili informazioni «potrebbe creare disparità tra gli studenti, anche in ragione delle scelte adottate dagli stessi o dalle rispettive famiglie». Rilievo quanto mai fondato, vista la pressione generata dal martellamento mediatico in epoca pandemica sulle vaccinazioni e la campagna di scherno e diffamazione messa in campo verso chi rifiutò la profilassi anti Covid (o soltanto sollevava dubbi a riguardo). Manco a dirlo, la decisione dell’esecutivo di impugnare la legge aveva scatenato un coro di indignazione: il consigliere regionale Amati accusò il governo di voler «eccitare il mondo no vax», mentre Repubblica si scagliò contro il Garante. Nel testo del ricorso, l’esecutivo richiedeva che la Corte dichiarasse l’illegittimità costituzionale e il conseguente annullamento della legge. Tra le motivazioni, il fatto che il dettame regionale violi la competenza esclusiva statale sia sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni mediche sia in materia di norme generali sull’istruzione.Il braccio di ferro, come noto, è stato vinto dalla Puglia. La Consulta ha dichiarato inammissibile la questione relativa alla violazione della competenza legislativa statale per insufficienza della motivazione, e ha dichiarato non fondate le altre questioni, ritenendo che la norma contestata da Palazzo Chigi «rappresenti il legittimo esercizio della potestà legislativa regionale nelle materie “tutela della salute” e “istruzione”. Essa ha il fine di indurre alla vaccinazione anti Hpv o, almeno, di assicurare il “dissenso informato”, cioè di far sì che il rifiuto avvenga con piena consapevolezza. Tale obiettivo è perseguito, però, inducendo il genitore o il giovane maggiorenne a riflettere sulla mancata vaccinazione anti Hpv, non imponendogli la produzione di un attestato», conclude la Consulta. «Sapevamo di essere dalla parte della ragione, ma la decisione assunta dalla Suprema Corte (denominazione con la quale andrebbe indicata la Cassazione, non la Consulta, nda) conferma la correttezza delle nostre intenzioni e la solidità di una scelta legislativa pensata nell’interesse della prevenzione e della salute dei giovani e delle donne. Auspichiamo che il dipartimento Salute si attivi senza indugi per predisporre le linee operative necessarie all’applicazione della norma», ha gioito a stretto giro Lopalco. «Una notizia meravigliosa», gli ha fatto eco il consigliere Amati: «Siamo i primi e ancora gli unici in Italia, e spero che il governo ci imiti con una legge statale, piuttosto che ostacolarci com’è avvenuto in questo caso». L’esponente di Azione ribadisce: «Non è dunque previsto un obbligo vaccinale, ovviamente, ma il dissenso informato, ossia l’attestazione di una scelta, finalizzata solo ed esclusivamente al diritto di essere informati dei ragazzi». Ragazzi che, appunto, rischieranno di essere marchiati col bollino di «untori» mentre vengono trattati, insieme alle loro famiglie, alla stregua di zoticoni bisognosi di «educazione» da parte delle istituzioni dell’illuminato Emilianistan. Scivoloso anche il concetto sancito dai giudici di «dissenso informato»: per non essere sottoposti a un trattamento sanitario, viene qui di fatto introdotto l’obbligo di metterne nero su bianco il rifiuto, che resterà registrato. Scenario da Stato etico? Ognuno può trarre le proprie conclusioni sulla deriva che potranno prendere norme simili. Che la Consulta, ieri, ha di fatto avallato.
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)