2022-12-28
«Mi interrogano e poi mi danno del latitante»
Il 23 febbraio, a Brescia, è prevista la prima udienza del processo a Lanfranco Cirillo, definito dai media «l’architetto di Putin». «Voglio difendermi, ma sono bloccato a Mosca». I pm lo hanno sentito due volte, ma ora la giustizia italiana lo ritiene un fuggiasco.In agosto, nel pieno della guerra tra Ucraina e Russia, il nome di Lanfranco Cirillo era comparso sui quotidiani perché considerato «l’architetto di Vladimir Putin». Gli erano stati sequestrati 141 milioni di euro tra beni mobili e immobili dalla Guardia di Finanza in seguito a un’indagine per reati fiscali e tributati della Procura di Brescia. Su di lui pende un mandato di cattura dell’Interpol e il prossimo 23 febbraio è atteso a Brescia per la prima udienza del processo. «Sono a Mosca ormai da quasi 6 mesi e sono in una situazione veramente kafkiana. Voglio difendermi, ma a oggi sono bloccato qui. Forse in Italia non considerano che sono cittadino russo e debbo seguire le leggi e gli ordinamenti di entrambi i paesi di cui ho la nazionalità. Per cui avendo un mandato italiano, europeo e Interpol mondiale non posso lasciare la Russia, in mancanza di una richiesta di estradizione che ad oggi non è pervenuta. Per cui all’inizio del processo non potrò esserci non potrò difendermi in presenza», ci fa sapere Cirillo tramite il suo avvocato Stefano Lojacono. «O forse il tutto è successo perché sono definito l’architetto di Putin, se fossi stato l’architetto di Joe Biden mi avrebbero fatto una statua a Brescia. Io sono qui e aspetto con pazienza che la magistratura voglia appurare la verità, unico vero valore della giustizia in qualsiasi Paese», aggiunge.C’è da dire che Cirillo ha sempre precisato che la grande tenuta sul Mar Nero che aveva progettato non era «il palazzo di Putin», come aveva sostenuto anche il dissidente Alexei Navalny, quanto un molto più semplice «centro congressi». Sta di fatto che l’architetto bresciano è considerato ancora oggi l’architetto italiano per eccellenza in Russia. Lavora con gli oligarchi sin dagli anni Novanta e ne è sempre andato fiero. Sbarcato in Russia nel 1993, cittadino russo dal 2014, è iscritto sia all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), sia all’ordine degli architetti russi. Sostiene di non aver mai avuto clienti italiani. In sostanza, il centro dei suoi interessi economici e familiari sarebbe solo Mosca. Del resto tra Italia e Russia esistono dal 1996 accordi precisi che fissano un minimo di 183 giorni all’anno in base ai quali la residenza di un italiano in Russia diventa effettiva. E Cirillo risiede in Russia più di 183 giorni l’anno. Eppure, dal 2021 la Procura di Brescia indaga su di lui per esterovestizione, perché avrebbe una residenza fittizia all’estero per poter evadere le tasse. È accusato anche di autoriciclaggio e contrabbando. La Procura gli contesta 800.000 euro, 500.000 di un prestito per la moglie (passati dal suo conto) mentre altri 300.000 per degli appartamenti sul lago di Garda. Il contrabbando sarebbe invece legato a un elicottero portato in Italia dopo averlo comprato in Russia. In Italia possiede anche due case in Sardegna e una società immobiliare, ma, stando ai suoi legali, appare evidente che i suoi interessi economici siano solo in Russia. In ogni caso è considerato dalla giustizia italiana un latitante. E su di lui pende un mandato di cattura dell’Interpol, anche se di fatto la Procura di Brescia sa dove si trova, cioè nella sua casa di Mosca. Non solo. Va anche ricordato che l’architetto è già stato interrogato il 18 e 28 febbraio 2022 dai pubblici ministeri della Procura di Brescia. Ha chiesto di essere interrogato una terza volta con mail spedita alla Procura il 23 marzo del 2022. Ha ricevuto risposta solo un mese dopo. E, tornato all’estero per curare i propri interessi, ha deciso di presentare un memoriale scritto il 6 maggio con allegati 71 documenti. Ma evidentemente non è bastato. Secondo l’avvocato Lojacono, «il processo è tutto incentrato sulla ipotesi che l’architetto Cirillo abbia simulato la sua residenza in Russia Nel processo che comincerà il 23 febbraio si potrà dimostrare che si tratta di un’ipotesi completamente infondata, quasi paradossale considerato che vive in Russia da quasi trent’anni, che non ha mai avuto un solo cliente italiano, che ha sempre pagato le tasse in Russia e che ha investito la parte prevalente del suo patrimonio in quel Paese, che non a caso gli ha attribuito la cittadinanza nel 2014». Lojacono spiega: «L’architetto si trova da tempo a Mosca e si opporrà ad essere giudicato in assenza (quella che un tempo veniva definita contumacia) in mancanza della attivazione delle procedure di estradizione che stabiliscano, anche in base alla legge russa, la sua legittima partecipazione al processo». La sua storia moscovita è iniziata 30 anni fa. Si presenta ai russi come rappresentante di mobili. Nel 1997 apre uno studio di architettura. È bravo, ci sa fare soprattutto nelle pubbliche relazioni in una Russia che sta cercando di dimenticare il comunismo e abbracciare il vento capitalista. Così nel 1995 conosce l’allora presidente di Lukoil, Vagit Alekperov, che gli propone di riprogettare la sede centrale dell’azienda nel centro di Mosca. È così che spicca il volo. Arreda le case dei dirigenti di colossi petroliferi, specializzandosi negli interni di lusso, anche nelle ville da decine di milioni di dollari della Rublyovka, lo storico quartiere dell’alta borghesia di Mosca dove hanno casa, oltre allo stesso Putin, anche Roman Abramovich o la figlia di Boris Eltsin, Tatiana Diatchenko. Ora Cirillo ha un ufficio al 51° piano del grattacielo Imperia di Mosca (il valore è di 15.000 euro al metro quadro). Ha persino un’azienda agricola sul Mar Nero dove produce vino.