2023-03-17
«Meta non rivela quanto guadagna». Rottura con Siae e social senza musica
Instagram e Facebook hanno avviato la rimozione delle canzoni italiane dopo il «no» al rinnovo dell’accordo sul diritto d’autore. Mogol: «Battaglia sacra, le piattaforme guadagnano miliardi ma sono restie a pagare».Niente più musica italiana su Facebook e Instagram. È la conseguenza della rottura delle trattative tra Meta e Siae per il rinnovo dell’accordo sul diritto d’autore. Ora la società di Zuckerberg rimuoverà i brani del repertorio Siae dai suoi media. La decisione colpirà i reels e le stories. «Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae». Così Meta ha messo la parola fine al tavolo delle trattative precisando che «da oggi (ieri, ndr) avvieremo la procedura per rimuovere i brani del repertorio Siae all’interno della nostra libreria musicale». E, dunque, stop alle canzoni italiane dentro post, stories e reel. Per i contenuti già esistenti la questione è diversa dato che quelli presenti su Facebook verranno cancellati, mentre su Instagram verrà semplicemente tolto l’audio e gli utenti potranno decidere se usare un nuovo brano oppure no.La questione della cancellazione del 100% dei contenuti non è però così semplice. Un conto, infatti, è togliere l’audio certificato di una canzone presente all’interno di una storia e un altro è, invece, riuscire a rimuovere quello registrato durante un live di concerto. Situazione quest’ultima di non facile risoluzione. Ma come si è arrivati a questo punto? Matteo Fedeli, direttore generale della Siae, ha spiegato che Meta si è presentata al tavolo delle trattative con un’offerta «prendere o lasciare», giustificando l’azione con il fatto che il budget era già stato deciso dagli uffici in California e che non c’era margine di manovra. «Ci hanno chiesto un atto di fede», spiega Fedeli, dato che a differenza di altre big del settore tech non ci hanno «fornito alcun tipo di documento». La posizione granitica di Meta ha, dunque, messo fine alle contrattazioni, lasciando esterrefatti gli autori ed editori italiani, dato che la negoziazione risultava essere ancora in corso e c’era «comunque la piena disponibilità di Siae a sottoscrivere, a condizioni trasparenti, la licenza per il corretto utilizzo dei contenuti tutelati». «Queste piattaforme guadagnano miliardi e sono restie a pagare qualcosa. Gli autori vivono grazie ai diritti d’autore e la nostra è una battaglia giusta che facciamo di difesa degli autori», attacca Mogol (presidente onorario della Siae), «è una battaglia sacra che abbiamo portato anche in Parlamento, ma da 7-8 mesi è tutto fermo ai decreti attuativi: se la situazione non si sblocca è una battaglia che abbiamo perso». Un modo di agire che, tra l’altro viola, anche la direttiva Ue sul copyright, che chiede assoluta trasparenza in questo genere di operazioni: «Questi colossi devono capire che c’è una direttiva copyright che deve essere rispettata», dichiara il sottosegretario al ministero della Cultura, Lucia Borgonzoni aggiungendo che «devono dichiarare quanto incassano». Nei prossimi giorni «incontrerò i referenti di Meta per capire come mai si sono alzati in questo modo dal tavolo. La scelta di rimuovere i contenuti italiani dalla propria libreria musicale arreca al nostro Paese un danno enorme. Mi auguro che vengano immediatamente riaperti tavoli di discussione che possano portare a decisioni in grado di garantire i giusti diritti ai nostri artisti e di tutelare la creatività italiana», precisa Borgonzoni. Ma non solo, perché a livello parlamentare il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, (Fdi) a margine dell’audizione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ha fatto sapere come «la commissione Cultura della Camera, settimana prossima, discuterà una risoluzione urgente per risolvere questa che appare come una gravissima violazione, che rischia di causare danni economici per tutta l’industria creativa nazionale. Penso che audiremo da subito anche i vertici Siae e Meta». Il non presentare documenti al tavolo delle contrattazioni da parte di Meta ha di fatto reso la partita complicata e difficile da gestire in modo trasparente e corretto (ricordiamo che non ci si può basare sulle proposte fatte negli anni passati, dato che queste diventano obsolete, visto che le cifre di guadagno della società tech crescono esponenzialmente di mese in mese).La Siae è, dunque, arrivata all’incontro presentando un’offerta congrua a quanto Meta aveva dichiarato alla Sec (omonimo della Consob in Italia). Cifra che, però, risultava essere nettamente superiore a quanto offerto dalla società a stelle e strisce. Secondo l’Associazione italiana retailer elettrodomestici specializzati, si tratterebbe di un «aumento del tributo dell’8% per la musica diffusa». La Siae ha, però, precisato che la sua offerta non era vincolante, a differenza di quella presentata da Meta, e che sarebbe disposta a negoziare se solo la società americana si ri-sedesse al tavolo e si mostrasse più collaborativa, presentando dei dati.«Il nostro obiettivo è avere un accordo con tutti», precisa Fedeli, «ma non possiamo accettare imposizioni da un soggetto che sfrutta la sua posizione di forza per ottenere risparmi a danno dell’industria creativa italiana». Il direttore della Siae ricorda, inoltre, come la licenza per Meta sia scaduta a dicembre 2022 e che, dunque, «a oggi stanno usando abusivamente» i contenuti protetti dalla Siae. E che «staremo a vedere se nelle prossime 48 ore avranno la capacità di togliere il 100% dei contenuti dalla piattaforma». Nel caso in cui questo non avvenisse e il tavolo non si dovesse riaprire, Fedeli spiega che «agiremo presso le sedi competenti».La decisione di Meta di interrompere le trattative desta preoccupazioni non solo nel mondo musicale con la Federazione degli editori musicali che chiede alla società americana di riaprire immediatamente il tavolo negoziale con la Siae ma anche tra gli editori «e le piattaforma impegnati in negoziati volti a tutelare il diritto d’autore sulle pubblicazioni online di carattere giornalistico», dichiara il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria, Alberto Barachin.