Tina Modotti. Donne, Messico, libertà. Questo il titolo della mostra che Genova dedica a una delle più grandi fotografe dei primi decenni del XX secolo, attivista politica e donna di straordinario fascino e modernità. Visitabile sino al 9 ottobre 2022, l’esposizione è un viaggio avvincente fra fotografie, documenti, lettere e video, alla riscoperta di un’artista che ha vissuto intensamente la sua breve vita.
Tina Modotti. Donne, Messico, libertà. Questo il titolo della mostra che Genova dedica a una delle più grandi fotografe dei primi decenni del XX secolo, attivista politica e donna di straordinario fascino e modernità. Visitabile sino al 9 ottobre 2022, l’esposizione è un viaggio avvincente fra fotografie, documenti, lettere e video, alla riscoperta di un’artista che ha vissuto intensamente la sua breve vita.Un nome lunghissimo (Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti) e una vita breve, iniziata in una misera casa di Udine nel 1896 e conclusasi in un taxi di Città del Messico nel 1942 . In mezzo, in questa parabola di nemmeno mezzo secolo, un’esistenza intensa e straordinaria, fatta di viaggi, spostamenti, fughe, amori, impegno politico e – sopra ad ogni altra cosa – due grandi passioni: l’ arte e la rivoluzione. E, aggiungerei, il Messico, il Paese che più di ogni altro le corrispondeva perché terra di campesinos e lotte politiche, perché povero, ma ricco di fermenti e scambi culturali. Qui, insieme (e grazie) al grande fotografo americano Edward Weston , di cui fu musa eamante, la Modotti entrò in contatto con il mondo bohemien della capitale messicana, conobbe Frida Kahlo e Diego Rivera, intrecciò relazioni e amori, saffici e non, e sicuramente visse la fase più intensa del suo attivismo politico, quella lunga militanza nel partito comunista che la fece cadere nell’oblio – insieme alla sua arte – per quasi trent’anni. Ed è sempre in Messico che la fotografia della Modotti cambia radicalmente, al punto da diventare un tutt’uno con la sua vita e conil suo impegno politico. O meglio. Con la sua vita che è impegno politico. La Modotti abbandona definitivamente le immagini «da studio» e diventa reporter, la sua straordinaria capacità di fotografare una potente arma di denuncia al servizio di deboli e oppressi: operai, contadini, proletari, donne (straordinario è il suo reportage sulle donne di Tehuantepec ), bandiere e simboli dell’ideologia comunista diventano i suoi soggetti preferiti. Immagini crude, senza fronzoli, vere, essenziali. Uno stile inconfondibile che non assomiglia a nessun altro, che prende le distanze da mentori e maestri (Edward Weston in primis), identificabile fra mille. Alcune immagini più di altre: La donna con bandiera, per esempio, o Le donne di Tehuantepec portano frutti e fiori sulla teste, simboli iconici dell’universo femminile che lotta e lavora, la povertà portata con ostentata fierezza nella speranza che qualcosa migliori.Questo il mondo di Tina Modotti, la sua vita e la sua arte, un mondo che la mostra a Palazzo Ducale di Genova, rende accessibile a chi vuole conoscere meglio e a fondo questa donna emancipata ed anticonformista, a tratti scomoda, troppo moderna per la sua epoca. «Siamo molto contenti di ospitare questa mostra a Palazzo Ducale, che si conferma non soltanto come un luogo di produzione artistica e di accessibilità culturale, ma anche come importante crocevia riflessione civile – ha sottolineato la direttrice di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Serena Bertolucci – « Tina Modotti. Donne, Messico, libertà » infatti è il tributo a una grande fotografa, dallo stile unico e riconoscibilissimo, i cui scatti fanno parte delle collezioni dei più importanti musei del mondo; ma è – nello stesso tempo – un viaggio alla scoperta di una donna straordinaria, poliedrica, appassionata, anticonformista, impegnata nella lotta per il riconoscimento dei diritti. Una donna che, se dovessi definire con un solo aggettivo, direi modernissima».
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.






