
Il governo tedesco (tra i suoi ministri c’è l’ex ad del colosso delle vendite tech) non ha ostacolato l’acquisizione asiatica. Sarebbe anomalo se avesse da ridire su Mfe che prende Prosieben. Piersilvio Berlusconi a Berlino il 2 settembre.Si candida a essere uno degli affari più significativi del 2025, almeno in Europa. Dopo una corte serrata, Mfe, l’ex Mediaset, è riuscita a conquistare ProsiebenSat, colosso tedesco dell’intrattenimento televisivo. Le avance durano da circa 6 anni, da quando il Biscione ha messo prima un piede e poi è diventato azionista di maggioranza della società dei media che ha sede a Unterföhring, vicino a Monaco di Baviera. Ma la svolta è recente. All’epoca, bisogna risalire al 2019, l’operazione aveva un obiettivo chiaro, mettere un tassello importante nella creazione di una televisione europea indipendente, che si concentrasse anche sulle nuove tecnologia e soprattutto creare un bunker rispetto agli attacchi della francese Vivendi.Oggi, le mire italiane della famiglia Bolloré (basti vedere quello che è successo in Tim) sono ridotte al lumicino, mentre i Berlusconi hanno messo le mani su ProsiebenSat. Con un’operazione chiaramente di mercato e una battaglia a caccia dell’ultima azione disponibile con la conglomerata ceca Ppf (gestisce asset per circa 40 miliardi di euro) che alla fine ha conferito il suo pacchetto (circa il 15%) all’offerta pubblica di acquisto e scambio di Mfe (MediaForEurope) consentendo al Biscione di supera il 60% del capitale. Bingo? Dal punto di vista dei numeri e degli obiettivi certo. Il fatturato della nuova «creatura» dei media dovrebbe sfiorare i 7 miliardi di euro, grazie ai circa 12.000 dipendenti e a un bacino potenziale di 300 milioni di telespettatori tra Germania, Italia, Spagna, Austria e Svizzera. Insomma ci sono tutte le premesse per competere con i giganti globali dello streaming come Netflix, Amazon Prime o Disney. Ma prima di cantare vittoria bisogna aspettare il prossimo mese, quando si chiuderanno altri passaggi importanti. Tra poche ore, il 2 settembre, i vertici di Mfe, con l’ad Pier Silvio Berlusconi in testa, saranno a Berlino per un vertice con il ministro della Cultura, Wolfram Weimer che a luglio aveva chiesto un incontro. Motivo? «Un cambio della proprietà in una società come questa», evidenziava Weimer, «avrebbe un grande impatto. La potenziale acquisizione influenzerebbe la struttura del potere mediatico del nostro Paese». Da Cologno Monzese (il quartier generale di MediasetForEurope) traspare grande tranquillità, si parla di un vertice di cortesia, anche perché tutti gli iter autorizzativi, dall’Antitrust al via libera del governo della Baviera, sono stati superati. Ma l’incontro è atteso. Anche perché c’è un precedente - parliamo di settori e dinamiche dell’operazione completamente diversi - che desta qualche preoccupazione. Con il governo Merz che ha fatto capire in tutti i modi la sua ostilità verso la possibile scalata di Unicredit a Commerzbank. In realtà buone notizie per Mfe arrivano anche sul fronte sindacale. I rappresentanti dei dipendenti si sono espressi con favore dell’acquisizione, mentre l’associazione dei giornalisti si è limitata a chiedere il rispetto dell’autonomia dell’informazione. Un atto dovuto o poco più. E del resto, qualsiasi forma di opposizione suonerebbe paradossale visto quello che sta succedendo in Germania con l’affare Mediaworld. Ricapitoliamo: qualche settimana fa JD.com, il colosso cinese del commercio elettronico (secondo solo ad Alibaba), ha deciso di entrare in Europa attraverso la porta principale con un’offerta su Ceconomy, la holding tedesca che controlla le catene MediaWorld, MediaMarkt e Saturn. Sono stati messi sul piatto circa 2,2 miliardi di euro con un premio del 23% rispetto al valore delle azioni. Una mossa con la quale Pechino punta a entrare in un settore strategico, quello delle tv e dei prodotti tecnologici europei, grazie a una rete di oltre 1.000 punti vendita, ai rapporti di relazioni consolidate da anni con fornitori locali e internazionali e alla riconoscibilità di marchi storici. JD.com avrebbe impiegato anni per costruirsi un network del genere. Ora se lo compra. Cosa dice il governo tedesco? Di materia per chiedere chiarimenti e porre paletti ce ne sarebbe a iosa. E invece niente. Tant’è che in Germania l’opposizione sta attaccando l’immobilismo della cancelleria. Attacchi che trovano appiglio nel plateale conflitto di interessi del ministro dell’Innovazione digitale tedesca, Karsten Wildberger. Wildberger che dovrebbe avere un ruolo fondamentale nell’attività di controllo sull’operazione è l’ex ad di MediaWorld. Il completamento dell’operazione è previsto per la prima metà del 2026 e servirà il via libera delle autorità antitrust europee. Ma se Berlino non si muove è probabile che Roma possa precederla. In Italia Mediaworld ha 144 punti vendita con 5.000 dipendenti e nel 2024 ha registrato un fatturato 2,4 miliardi di euro. Palazzo Chigi sta monitorando il deal con grande attenzione e secondo diversi fonti sarebbe pronto a usare lo scudo del Golden power.
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