
Il Cavallino per rilanciarsi ha ingaggiato Hamilton, pluricampione iridato ormai quarantenne, dalla casa tedesca. La quale affiderà la sua F1 ad Andrea «Kimi» Antonelli, prodigio bolognese di soli 18 anni che gli esperti bollano come «predestinato». «Con lui abbiamo un solo problema, farlo rallentare». Non proprio il peggiore dei difetti per un pilota di Formula 1. Infatti Toto Wolff, guru della Mercedes, lo dice gongolando quando parla di Andrea Antonelli detto Kimi («ma il fan di Raikkonen era mio zio, io preferivo Vettel») che in marzo debutta sulla freccia d’argento, dentro l’abitacolo che fu di Lewis Hamilton. Un diciottenne di Bologna per sostituire il sette volte campione del mondo passato alla Ferrari a 40 anni; un ragazzino che ha preso la patente l’altroieri per rimpiazzare il baronetto nero che ha rappresentato l’era PlayStation delle corse, trasformandole da club supervip in circo planetario. Un maturando all’istituto tecnico Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno per oscurare un’icona pop. Se non è una sfida è uno schiaffo. O un meraviglioso affronto a Maranello con lo sbarbato della porta accanto.Kimi Antonelli sarà il primo italiano a salire su una monoposto di F1 dopo Antonio Giovinazzi nel 2021, mentre l’ultimo a vincere un gran premio fu Giancarlo Fisichella nella primavera 2006, quando Andrea era ancora in viaggio nella pancia di mamma Veronica (sarebbe nato il 25 agosto di quell’anno). Il ragazzo è velocissimo, lo era già durante la gavetta sui kart a 13 anni quando Wolff lo intercettò e lo fece inserire - contratto per 10 anni - nello Junior Team della Mercedes. È velocissimo ma, proprio come altri fenomeni, talvolta non riesce a controllarsi. Accadde a Monza lo scorso autunno quando si schiantò contro il muro esterno della Parabolica al quinto giro di prove libere con la macchina di George Russell, dopo aver fatto fermare i cronometri su un tempo da svenimento per un teenager. Riaccadde qualche settimana dopo a Città del Messico ed ecco la frase sul farlo rallentare perché, come recitava quello spot della Pirelli con Ronaldo, «la potenza è nulla senza il controllo». Glielo ha ricordato ieri anche l’ex campione Juan Pablo Montoya: «È fortissimo ma fa troppi incidenti, dovrà saper controllare la pressione che gli viene messa addosso, con il mondo che lo guarda». Proprio lui, irruente come un toro, che nella prima stagione in F1 su 17 corse collezionò 11 ritiri. Rallentare. Vallo a dire a un diciottenne carico di adrenalina da prestazione. Max Verstappen alla sua età era soprannominato «Versbatten» e Gilles Villeneuve «l’aviatore» per la curiosa tendenza a decollare. Alla vigilia della nuova stagione è proprio il compagno di squadra Russell a chiudere la bocca ai filosofi del braccino: «Come pilota, o sei veloce o non lo sei. Io sono sicuro che Kimi lo sia e che abbia quello che serve per riportare la Mercedes in prima fila in griglia». Anche James Allison, direttore tecnico della macchina con la stella, dopo il primo test a Imola sotto la pioggia commentò sul sito ufficiale: «È veloce, è sul pezzo, non ha fatto errori. Non era mai stato su una F1 con simili responsabilità ma dopo due giri non te ne accorgevi». Per poi definirlo «the real deal». Un vero affare. Andrea Antonelli è figlio d’arte. Suo padre Marco correva con le Gran Turismo, poi ha varato la sua scuderia, la Akm Motorsport. E Kimi ricorda di essere rimasto folgorato a 10 anni, quando papà gli fece fare un giro in pista su una Lamborghini, tenendolo in braccio. «Ma fin da bambino i miei giocattoli preferiti erano le macchinine. In ogni negozio, in ogni autogrill, facevo fermare i miei genitori e uscivo con un paio di pacchetti di Hot Wheels». Nelle stagioni dei kart, ad accompagnarlo era mamma Veronica con il suo approccio sereno e rassicurante, «mentre io dovevo portare a casa i soldi per mantenere tutti», spiegò il padre. Lui non era di quei genitori «attaccati alle reti a urlare», preferiva gestire il figlio da lontano, preoccupandosi di trasmettergli i valori giusti. «Per esempio, qualunque cosa accada, a giugno farà l’esame di maturità».Nel 2022 con la Prema Racing, lo stesso team dove si è fatto le ossa Charles Leclerc, Antonelli ha vinto il campionato di Formula 4 in Italia e in Germania, con 24 primi posti su 35 gare. Ed è passato direttamente in Formula 2. Un salto di categoria stupefacente, determinato dalla stoffa da fuoriclasse. E forse dalla volontà di accelerare i tempi da parte del suo pigmalione tedesco per mettere il piccolo fenomeno italiano nell’abitacolo di sua maestà Hamilton emigrato a Maranello. Azzardi simbolici. Per la verità l’effetto specchio è sorprendente. L’inglese Hamilton, 40 anni, nuovo pilota della rossa; il bolognese Antonelli, 18 anni, nuovo pilota della Mercedes. Costo del primo: 50 milioni più 20 di bonus a stagione. Costo del secondo: 2 milioni più 3 eventuali di bonus. Enzo Ferrari, che amava le scommesse più dei monumenti, l’avrebbe presa malissimo.La faccenda del campione emerito da sostituire toglierebbe il sonno a chiunque. Ma Antonelli vede la faccenda diversamente. «Penso sia impossibile rimpiazzare Lewis Hamilton. È una figura fondamentale dello sport moderno e ha ottenuto tutto in carriera. Io sono semplicemente il prossimo pilota della Mercedes e sono felice per questo». Con un problemino: era tifoso della Ferrari e di Sebastian Vettel, ma dal giorno dell’ingaggio tedesco ha doverosamente perso la memoria. Lo stesso Hamilton, che lo scorso anno gli ha fatto da chioccia, ha avuto per il giovanissimo rivale parole da maestro: «Non pensare ai risultati, non pensare alla pressione. Sali in macchina e divertiti». Ayrton Senna avrebbe aggiunto: a quell’età esiste solo la prossima curva.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






