2020-09-12
Mentre Roma litiga solo per le poltrone, la Svizzera è pronta a papparsi la Borsa
Il Mef discute con Cdp e i francesi sul perimetro di acquisizione. E arrivano Deutsche Böerse e soprattutto Six con offerte pesanti.La partita sul futuro di Borsa Italiana si giocherà sul campo del mercato e non della politica. I termini per la presentazione delle offerte non vincolanti sono scaduti ieri anche se l'Antitrust Ue ha rinviato al 16 dicembre il verdetto sull'acquisizione di Refinitiv da parte del London Stock Exchange. Il gruppo Lse, che con la Brexit diventerà «extracomunitario» e che ha rilevato la nostra Borsa nel 2007 per 1,6 miliardi, deve infatti cedere Piazza Affari per ottenere il via libera di Bruxelles all'acquisto da 27 miliardi dell'ex banca dati di ThomsonReuters. Il dossier è ormai da mesi sulla scrivania del presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, punta sulla vittoria della cordata italofrancese di cui farebbero parte anche Cassa depositi e prestiti ed Euronext, ovvero la federazione di Borse europee centrata su Parigi che è partecipata dalla Caisse des dépôts, l'omologa transalpina di Cdp. Nelle ultime settimane al Tesoro le trattative sono andate avanti su come trovare la quadra sulla governance - tradotto, sulle poltrone - e sui compagni di viaggio (come Intesa Sanpaolo e altri investitori privati) da coinvolgere nell'operazione Cdp-Euronext, senza però fare i conti con il mercato. Ovvero con le due offerte concorrenti: quella degli svizzeri di Six (il gestore della Borsa di Zurigo) e la proposta dei tedeschi di Deutsche Börse. In un'asta chi mette sul tavolo più soldi, vince. Anche perché a Londra interessa poco chi comanderà in Borsa quando l'affare sarà concluso. Ieri i cda di Cassa Depositi e Cdp Equity hanno deliberato di procedere congiuntamente con Euronext alla presentazione della proposta non vincolante. Intanto però gli «gnomi» svizzeri, che in termini di dimensioni rispetto a Euronext tanto gnomi non sono, hanno già pronta la manifestazione d'interesse agli inglesi tenendo le bocche assai cucite sui dettagli. Idem per Deutsche Börse (controlla il Dax di Francoforte e il mercato di strumenti derivati Eurex) che ha presentato un'offerta non vincolante per tutta Borsa Italiana e non solo per Mts (il mercato all'ingrosso dei titoli di Stato). In campo, alla fine, se la giocheranno quindi in tre. Ma in una nota il ministro dell'Economia ha auspicato «che il gruppo Borsa italiana trovi la sua collocazione strategica all'interno del Mercato Unico e dell'Eurozona», tifando quasi apertamente per l'asse Roma-Parigi. Mentre ieri in un'intervista a Repubblica, la deputata M5s e presidente della Commissione d'inchiesta sulle banche, Carla Ruocco, ha sottolineato che «il golden power e i nuovi poteri della Consob ci aiuteranno a monitorare gli sviluppi». Nel frattempo, il Mef non sembra avere una road map per capire come gestire le offerte. Gualtieri parla di predilezione per nuovi azionisti comunitari, ignorando però che i due soggetti comunitari coinvolti sono quotati e quindi scalabili, anche da soggetti extra Ue e secondo le regole di mercato. C'è poi un problema di equilibri interni all'azionariato di Euronext: la società è partecipata per il 22% da investitori Usa, per il 19% da Uk e Singapore mentre i francesi tutti insieme contano per il 18 per cento. Non solo. A Roma, mettendo il carro davanti ai buoi, si sta lavorando su una governance che garantirebbe all'Italia un peso maggiore nel futuro gestore. Ipotesi che potrebbe però essere stoppata dagli olandesi che hanno in mano la Vigilanza di Euronext (che gestisce anche la Borsa di Amsterdam): lo statuto di Euronext N.V. prevede che la nomina di qualsiasi nuovo membro del Consiglio di vigilanza (il supervisory board) debba essere approvata dal Ministero delle finanze olandese e dall'Afm (l'autorità olandese che vigila sui mercati finanziari). Da Amsterdam sarebbe già partita una raffica di richieste di audizioni da qui a ottobre con il rischio che l'Italia finisca stritolata tra Francia e Olanda.Non vanno, infine, sottovalutate le crepe create dall'attivismo di Gualtieri anche all'interno del Mef dove la questione Borsa è stata inizialmente delegata al direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera che avrebbe avuto un contatto «diplomatico» nei giorni scorsi con gli svizzeri di Six. Quasi per rassicurare sul «fair play» nella partita in corso. Le ultime dichiarazioni un po' troppo schierate del ministro mostrano un governo che gioca contemporaneamente come attaccante e arbitro visto che può usare poteri di veto per impedire offerte considerate meno allettanti, frustrando gli altri contendenti con il rischio di veder salire il costo del capitale per le attività italiane. In una chiara frecciata a Zurigo, Gualtieri ha infatti minacciato di usare la cosiddetta «golden power» per ostacolare i candidati che non sono nella zona euro, prima di aver ricevuto tutte le offerte. Intanto, anche il Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) avrebbe intenzione di chiedere l'audizione dei tecnici del Mef per completare l'indagine sul settore finanziario iniziata a gennaio che dovrebbe concludersi entro ottobre.
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