
Le banche centrali di Regno Unito e Stati Uniti immetteranno miliardi nell'economia per far fronte alla crisi. Ma anche i francesi, che sono nell'Ue, si dicono pronti a misure simili. E Giuseppe Conte? In ginocchio a Bruxelles.Ciò che i lettori della Verità sanno da sempre, ora anche tutti gli altri lo hanno scoperto o possono scoprirlo. Basta gettare lo sguardo oltre la siepe e vedere cosa succede nel Regno Unito. La Banca di Inghilterra stamperà denaro e finanzierà il governo. Anzi, neanche sarà necessario attivare la tipografia. Downing Street ha una linea di credito (Ways and Means Facility) su un conto aperto presso la Banca Centrale di 400 milioni di sterline. Le quali, siccome sono poche, saliranno a quanto necessario. Non è la prima volta che accade. Dopo lo scoppio della grande crisi finanziaria l'esecutivo arrivò a utilizzare il suo fido per quasi venti miliardi di sterline. Nessuno sforzo per la Banca d'Inghilterra. Niente nanetti che estraggono oro o banconote, ma un semplice clic sul computer ed ecco che sul conto del governo si materializzano i miliardi da spendere. Per quanto incredibile e controintuitivo possa apparire, viviamo in un mondo dove tutte le risorse sono scarse a eccezione del denaro. Mancano le mascherine per proteggere i nostri medici e infermieri mandati al massacro (sebbene Giuseppi avesse dichiarato lo stato di emergenza il 31 gennaio 2020, stanziando la bellezza di cinque milioni di euro e facendo trovare il Paese palesemente impreparato allo scoppio dell'epidemia palesatosi nell'ultima decade di febbraio). Sono scarsi i posti letto in terapia intensiva e gli impianti di ventilazione assistita necessari a inondare di ossigeno i polmoni dei malati di Covid che diventano duri come il legno. Mancano, e anzi diminuiscono, medici e infermieri, troppi dei quali uccisi dal virus. Ma non mancano i soldi alle Banche centrali che, in caso di necessità, se li inventano e li danno al governo che può appunto spenderli come meglio crede. Vabbè, direte voi. È il triste destino degli «eunuchi» dell'eurozona, che si sono monetariamente castrati privandosi della facoltà di emettere moneta. Peccato però che pure il governatore della Banca di Francia Villeroy abbia lanciato la proposta. «Se vi fosse un rischio alla stabilità dei prezzi» (quanto soave e suadente è il linguaggio dei banchieri nel descrivere un mondo in cui tanti negozianti hanno botteghe chiuse e frigoriferi vuoti), sarebbe assolutamente normale che «una banca centrale creasse denaro su base duratura per prestarlo direttamente alle imprese». Che le banche centrali abbiano creato denaro non è ovviamente una novità. Ad esempio, è cresciuto a quasi 6.000 miliardi di dollari il bilancio della Fed, che sta quindi emettendo base monetaria per acquistare principalmente i titoli di stato Usa. Secondo l'analista Robert Perli, l'ammontare di acquisto giornaliero ammonta a circa 50 miliardi di dollari. Di questo passo, in un anno, nel bilancio della Fed vi sarebbero circa 13.000 miliardi di debito pubblico americano; quasi il 60% del totale. La monetizzazione del deficit e del debito sembra quindi essere la strada maestra senza tante paturnie. Lo stesso bilancio del cosiddetto G4 - vale a dire le quattro banche centrali più importanti del pianeta (Usa, Giappone, Uk ed eurozona) - è arrivato nel complesso a toccare il 40% del Pil, quadruplicando la dimensione che aveva al momento dello scoppio della crisi Lehman Brothers. Ma la vera novità che caratterizzerà la prossima stagione non sarà tanto la semplice emissione di denaro, quanto la canalizzazione dello stesso all'economia reale (imprese e i lavoratori) in forme diverse rispetto al passato (crediti e sussidi, anziché acquisto di titoli di stato in portafoglio alle banche, che a loro volta reinvestono in bond). La ricetta che l'economista americano Nouriel Roubini ha efficacemente illustrato nei suoi tre passaggi chiave per impedire che la grande recessione si trasformi in depressione: adozione di un'efficace cura farmacologica contro il Covid-19; creazione di nuova base monetaria; finanziamento del deficit dei governi con la nuova moneta stampata. Che è poi la stessa ricetta proposta da Mario Draghi dalle colonne del Financial Times: «Le banche devono prestare rapidamente fondi a costo zero alle società disposte a salvare posti di lavoro. Poiché in questo modo diventano un veicolo di trasmissione delle politiche pubbliche, il capitale necessario per svolgere questo compito deve essere fornito dal governo sotto forma di garanzie statali su tutti gli scoperti di conto o prestiti aggiuntivi. Né regolamentazioni né norme sulle garanzie bancarie dovrebbero ostacolare la creazione nei bilanci delle banche di tutto lo spazio necessario a tale scopo». In pratica, soldi tanti e burocrazia zero. E Giuseppi che fa? Pubblica un decreto a quasi 48 ore del suo annuncio scrivendoci sopra rimanendo serio - crediamo - che tutti i provvedimenti volti a favorire il credito alle aziende sono di fatto erogabili «previa autorizzazione della Commissione europea». Sostituire il direttore di filiale con l'euroburocrate si può. Giuseppi può.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






