2024-10-23
Mentre la Cina soffia sull’odio anticattolico il Vaticano rinnova il patto con Xi Jinping
Esteso per altri quattro anni l’accordo sulla nomina dei vescovi. Mike Pompeo alla «Verità»: «Il Papa rinforza la dittatura comunista».La Santa sede ha confermato la linea filocinese della sua politica estera. Ieri è stato infatti annunciato il rinnovo del controverso accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi. «La Santa sede e la Repubblica popolare cinese, visti i consensi raggiunti per una proficua applicazione dell’accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, dopo opportune consultazioni e valutazioni, hanno concordato di prorogarne la validità per un ulteriore quadriennio», recita una nota. «La parte vaticana», si legge ancora, «rimane intenzionata a proseguire il dialogo rispettoso e costruttivo con la parte cinese, per lo sviluppo delle relazioni bilaterali in vista del bene della Chiesa Cattolica nel Paese e di tutto il popolo cinese». Originariamente siglato nel settembre 2018, l’accordo sino-vaticano era stato finora rinnovato due volte: a ottobre 2020 e a ottobre 2022. L’annuncio di ieri è quindi significativo, perché il rinnovo non è stato di soli due anni ma di quattro. Questo vuol dire che, con ogni probabilità, la diplomazia vaticana sta entrando nell’ottica di rendere prima o poi l’intesa permanente: un’intesa di cui, ricordiamolo, i dettagli risultano ancora segreti.«In qualità di segretario di Stato, ho implorato la Chiesa cattolica di non cedere il potere al Partito comunista cinese sulle questioni ecclesiastiche. Oggi, il Partito comunista cinese sta abbattendo le croci e le sta sostituendo con le immagini del suo spietato leader, Xi Jinping, e sta perseguitando coloro che rifiutano di subordinare la propria fede in Dio al potere dello Stato comunista», ha dichiarato ieri in esclusiva alla Verità l’ex segretario di Stato americano, Mike Pompeo. «Nonostante ciò, il Vaticano ha deciso di rinnovare l’accordo con il Pcc. Ciò non farà altro che rafforzare ulteriormente la brutale dittatura comunista e mettere a rischio l’autorità morale del Vaticano», ha aggiunto.Parole durissime e tanto più significative alla luce del fatto che, qualora Donald Trump dovesse vincere le elezioni, Pompeo assumerebbe probabilmente la guida del Pentagono. Non solo. Non è neanche escludibile che, in un’eventuale nuova amministrazione repubblicana, il Dipartimento di Stato possa andare all’ex National security advisor Robert O’Brien: un altro critico dell’accordo sino-vaticano. Washington non ha d’altronde mai visto di buon occhio questa intesa. Certo, negli ultimi anni, la Santa sede ha approfittato del fatto che l’amministrazione Biden è sempre stata internamente divisa sul dossier cinese. Una situazione che tuttavia muterà nel caso Trump dovesse tornare alla Casa Bianca. Il rinnovo quadriennale dell’accordo è quindi probabilmente anche da leggersi come un escamotage volto a mettere al sicuro l’intesa per tutta la durata di un’eventuale nuova amministrazione repubblicana.D’altronde, che papa Francesco non avesse intenzione di abbandonare la linea filocinese era abbastanza chiaro. Con il suo viaggio asiatico di settembre, il pontefice ha strizzato l’occhio a Pechino. Quel tour fu salutato positivamente dal Global Times, che è un organo sottoposto al Pcc. Inoltre, nel tragitto di ritorno da Singapore, Francesco disse: «Credo che la Cina sia una promessa e una speranza per la Chiesa. La collaborazione si può fare, e per i conflitti certamente. In questo momento, il cardinale Zuppi si muove in questo senso e ha rapporti anche con la Cina». Un riferimento, quello a Matteo Zuppi, non certo casuale. Il presidente della Cei è storicamente legato alla Comunità di S. Egidio che, insieme alla Compagnia di Gesù, è tra i principali fautori della distensione sino-vaticana. Non a caso, l’anno scorso, il Papa ha creato cardinale il vescovo di Hong Kong, Stephen Chow: anche lui gesuita, si tratta di uno dei maggiori punti di collegamento tra la Santa sede e Pechino. Fu inoltre proprio durante il ritorno dal viaggio asiatico che il Papa criticò sia Kamala Harris che Trump: la prima per le sue politiche abortiste e il secondo per le sue ricette favorevoli a una stretta contro l’immigrazione clandestina. Parole che, oltre a entrare a gamba tesa nella campagna elettorale statunitense, andavano lette come un ulteriore allontanamento della Santa sede da Washington.Tutto questo sebbene negli ultimi anni la Repubblica popolare abbia più volte violato i termini dell’accordo sino-vaticano. Senza poi trascurare che Xi ha avviato il processo della cosiddetta «sinicizzazione»: l’indottrinamento, cioè, dei fedeli secondo i principi del socialismo. Non a caso, un recente report dell’Hudson institute ha sottolineato che «la repressione religiosa della Chiesa cattolica in Cina si è intensificata a partire dall’accordo sino-vaticano del 2018 sulla nomina dei vescovi». Di aumento delle persecuzioni in Cina ha parlato anche un report di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Del resto, negli stessi sacri palazzi si registra fermento. Vari porporati di area «ratzingeriana» auspicano infatti che il baricentro della politica estera vaticana possa tornare a spostarsi più verso Occidente: è in quest’ottica che a mostrarsi critici verso l’accordo sino-vaticano sono state, in passato, figure come Joseph Zen, Timothy Dolan e Gerhard Müller. Effettivamente la distensione nei confronti di un regime come quello del Pcc non solo non sta salvaguardando i fedeli in Cina ma rappresenta anche un enorme rischio sul piano geopolitico (si pensi solo a Taiwan).
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)