2025-03-20
Meloni: «No all’Europa di Ventotene». E la sinistra impazzisce: «Oltraggio»
Il premier: «Spero che non abbiate letto il manifesto perché sarebbe spaventoso». E cita i passi contro proprietà privata e democrazia. Il dem Fornaro perde la testa: «Si inginocchi». Conte: «Una trappola».«Giudicate voi». Sono passate un paio d’ore dalla bagarre alla Camera seguita alla critica di Giorgia Meloni al manifesto di Ventotene, quando il premier pubblica sui social i passaggi del suo discorso che hanno infiammato l’Aula, costringendo il presidente, Lorenzo Fontana, a sospendere la seduta. La Meloni, chiudendo la sua replica al dibattito sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, scandisce alcuni passaggi del manifesto. Prendendo spunto dalla manifestazione a favore dell’Europa di sabato scorso a Roma, il presidente del Consiglio si rivolge ai banchi del Pd: «Anche in quest’aula», sottolinea, «è stato richiamato da moltissimi partecipanti il manifesto di Ventotene; ora, io spero che tutte queste persone in realtà non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa. Però, a beneficio di chi ci guarda da casa e di chi non dovesse averlo mai letto, sono contenta di citare testualmente alcuni passi salienti». La Meloni legge quindi alcuni passaggi: «“La rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista”... e fino a qui vabbè...», commenta. «“La proprietà privata”», prosegue leggendo il testo, «“dev’essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso. Nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultare di passioni”». Dai banchi dell’opposizione iniziano a rumoreggiare, Fontana invita alla calma. Meloni prosegue impassibile, declama altri passaggi: «“La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”, e il Manifesto», spiega, «conclude “che esso, il partito rivoluzionario, attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse, attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato e attorno a esso la nuova democrazia”». E il premier conclude: «Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia». È il caos. Dai banchi della sinistra si levano urla e proteste, il deputato del Pd Federico Fornaro scoppia in lacrime. Fontana sospende la seduta, riaggiorna i lavori al pomeriggio. Intanto la sinistra si scatena con dichiarazioni, post sui social e comunicati stampa. Il ritornello è sempre lo stesso: ecco i fascisti. L’eroe del giorno dell’opposizione è Fornaro, che in Aula definisce il discorso del premier «un oltraggio alla memoria di Altiero Spinelli, considerato il padre dell’Europa, di Ernesto Rossi, di Eugenio Colorni». Fornaro si rivolge a Fontana: «Noi siamo qui in questo Parlamento», dice accorato il deputato dem al presidente della Camera, «lei lo presiede, grazie a quegli uomini, che non possono essere insultati, derisi, non è accettabile, lei deve dire parole di verità, lei è il presidente della Camera dei deputati della Repubblica italiana!». Poi ancora alla Meloni: «Si inginocchi il presidente del Consiglio davanti a loro», urla Fornaro, «altro che dileggiarli. Vergogna, vergogna, vergogna!». Il video dell’intervento di Fornaro viene rilanciato sui social dai colleghi del Pd. Nel pomeriggio, in sede di dichiarazione di voto, anche il leader del M5s, Giuseppe Conte, riserva un passaggio al tema: «Ora viene fuori», argomenta Conte, «la polemica creata ad arte su Ventotene, eppure, in passato avete detto che i firmatari avevano idee chiare. Voi sfiorare l’irriconoscenza, Meloni è volata a Bruxelles, non vedeva l’ora. Ma se siede al Consiglio europeo è grazie a Spinelli, Rossi. Tutta l’Europa riconosce che quello è stato il progetto fondativo dell’Europa libera e democratica che abbiamo».Italia viva tira fuori dagli archivi social un post di Giorgia Meloni del 23 agosto 2016, sottolineando la «giravolta» del premier: «Da Renzi, Hollande e Merkel solo parole e buoni propositi», scriveva la Meloni, «non una sola azione concreta. Sull’Europa avevano le idee più chiare nel 1941 i firmatari del manifesto di Ventotene, detenuti in un carcere, che non questi tre premier europei nel 2016». «La Meloni non ama Ventotene», commenta Renzi, pubblicando la foto di quella visita con Hollande e Merkel, «perché la storia di Ventotene dice il contrario della sua. Le prossime elezioni saranno un referendum tra chi crede in Ventotene e chi alla Meloni. Non abbiamo dubbi su da che parte stare». In Aula interviene anche Elly Schlein: «Meloni ha oltraggiato la memoria di Ventotene», attacca il capo del Pd, «riconosciuto da tutti come la base su cui si è fondata l’Ue, perché l’hanno scritto giovani mandati al confino dai fascisti che non risposero all’odio e alla privazione di libertà con altro odio e altra privazione di libertà ma con una visione che nell’Europa federale superasse i nazionalismi che nel nostro continente hanno prodotto soltanto guerre, anche oggi. Non si permetta mai più», aggiunge la Schlein, «di oltraggiare la memoria di Altiero Spinelli, Ursula Hirschmann, Ernesto e Ada Rossi, Eugenio Colorni, se siamo qui a discutere in un Parlamento democratico è grazie a loro. Dice che quell’Europa non è la sua. E allora le chiedo se la sua Italia è quella della Costituzione perché sono gli stessi antifascisti che l’hanno scritta». Ultima puntata in serata, quando da Bruxelles Giorgia Meloni è tornata sulla polemica: «Ho letto un testo... non capisco cosa ci sia di offensivo. Si può distribuire ma non leggere? Tra l’altro, 80 anni fa aveva una sua contestualità, oggi ci credono ancora?».