2025-01-28
Meloni d’Arabia stana la sinistra al collasso
Giorgia Meloni e Mohammad bin Salman (Ansa)
Matteo Renzi rinfaccia al premier di aver cambiato idea su Riad, cui rimproverava il sostegno agli islamisti: semplicemente, lei persegue l’interesse nazionale, senza sviolinate a Bin Salman. Pd e alleati sbraitano perché non trovano né agenda né collocazione geopolitica. «L’opposizione mi rinfaccia qualsiasi cosa, ma non c’è contraddizione fra quello che dicevo ieri e quello che faccio oggi». Giorgia Meloni ha preferito tagliare corto, a proposito delle polemiche montate dalla sinistra per il suo viaggio in Arabia Saudita. Lì, il premier ha stipulato accordi economici per un valore di 10 miliardi di dollari. Mica briciole. Non potendo negare gli indubbi vantaggi del partenariato, i progressisti hanno provato a cogliere la Meloni in fallo sulle vecchie critiche a Riad per il suo sotegno alle organizzazioni islamiste in Occidente. «Non ho cambiato idea», ha replicato il presidente del Consiglio, spiegando un’ovvietà: da leader di partito contestava le élite saudite, da leader di un Paese persegue l’interesse nazionale. Per lo stesso motivo, benché sia di destra, ha mantenuto ottimi rapporti con Joe Biden. E ora spera di sfruttare la simpatia personale con Donald Trump. Cosa avrebbero detto Pd e compagnia, se si fosse rifiutata di incontrare Mohammad bin Salman? L’avrebbero applaudita per la coerenza, se avesse tagliato i ponti con il cancelliere tedesco uscente, Olaf Scholz, in quanto socialdemocratico? E se avesse mandato al diavolo l’omologo spagnolo, Pedro Sánchez? Se fosse venuta alle mani con il canadese Justin Trudeau? Questa Meloni è isolata oppure ha troppi amici? Le è toccato fare buon viso a cattivo gioco persino con Emmanuel Macron, nonostante gli attriti per gli sbarchi delle Ong francesi nei porti italiani. È così che ci si regola, quando si governa. Lo sa bene Matteo Renzi, il quale ieri, nella sua enews, ne ha approfittato per spernacchiare la presunta conversione saudita dell’inquilina di Palazzo Chigi. «Giorgia non è cattiva, è che ci arriva dopo. Io sono ovviamente molto contento: da anni dico che quel Paese sta cambiando, che quel mercato è fondamentale per le nostre aziende, che quella leadership è fondamentale per la pace in Terrasanta e in tutto il mondo». Lui ci era arrivato prima di tutti, ma forse si è lasciato prendere troppo la mano: nel 2021, da privato cittadino, volò a Riad per celebrare il «nuovo rinascimento» arabo. Parole di peso, in bocca a un fiorentino. L’ormai senatore semplice non fu altrettanto lungimirante quando, nell’agosto di quell’anno, entrò nel cda di Delimobil, società russa di car sharing con sede legale in Lussemburgo, fondata dal napoletano Vincenzo Trani. Chissà quali prospettive di modernizzazione aveva intravisto nel regime di Vladimir Putin, pochi mesi prima dall’invasione dell’Ucraina; a guerra iniziata, Renzi dovette dimettersi.Il punto è che, alla Meloni d’Arabia, non sono servite le sviolinate al principe ereditario. Le è bastato riconoscere che italiani e sauditi «hanno interesse a stringere rapporti strategici». Matrimonio di convenienza e non d’amore. Per di più, allineato agli orientamenti di Washington. D’altronde, lei guida una maggioranza che, nell’ultima legge di bilancio, ha inserito una norma che impedisce a parlamentari, ministri, eurodeputati e presidenti di Regione di svolgere incarichi retribuiti per conto di società con sede fuori dall’Ue. Renzi, da quel dì, è fuori di sé: non potrà andare in cerca di altri epigoni di Lorenzo il Magnifico con turbante o colbacco.In ogni caso, la vera débâcle morale non è quella del capo di Italia viva. Lui ha sempre applicato la lezione di un suo illustre conterraneo: Niccolò Machiavelli, padre della Realpolitik. Il fondo del barile, semmai, lo sta raschiando il Pd.Il partito di Elly Schlein soffre di un drammatico scompenso culturale. E fatica a trovare una collocazione internazionale, adesso che tanti storici punti di riferimento si sono sbriciolati. L’ordine liberale fondato sulla globalizzazione è al collasso e gli interpreti di una soluzione alternativa - giusta o sbagliata, lo vedremo - stanno dall’altra parte dello spettro politico. Il sogno di mettersi alla testa della Germania locomotiva d’Europa, grazie alla Spd, si è infranto: Scholz rischia di perdere le elezioni anticipate e la locomotiva rischia di finire su un binario morto. Pure Macron non si sente benissimo: col gradimento ai minimi e il fiato del Rassemblement national sul collo, è stato costretto a spostare a destra l’asticella dell’esecutivo e pure la sua retorica. Il laburista britannico Keir Starmer è già decotto dopo mezzo anno a Downing Street. Il brasiliano Lula, mito sempreverde dei progressisti, su Russia e Medio Oriente difende tesi eccentriche. Regge solo Sánchez, che all’agenda radicale associa una tassativa ostilità a Israele. Ci vuole coraggio per imitarlo.La Schlein non sa che pesci pigliare e la sua classe dirigente naviga a vista; il risultato è schizofrenico. Il Pd riesce a strepitare per l’accoglienza a Palazzo Chigi riservata a Kimbal, il fratello di Elon Musk; senonché, Roberto Gualtieri lo riceve in Campidoglio. La segretaria avanza a tentoni, dal referendum sul Jobs act, partorito ai tempi della leadership renziana, fino alla trovata del tour tra gli imprenditori, per dimostrare che al Nazareno non comanda Maurizio Landini. Essendo in crisi di identità, i dem si rifugiano nell’attacco isterico, disordinato, pretestuoso, contraddittorio, al Babau Meloni. Per carità: l’opposizione cerca di fare il suo mestiere. Ma forse potrebbe trarre spunto da un antico proverbio - ironia della sorte - arabo: parla solo quando sei sicuro che quello che dici è meglio del silenzio.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.