2025-02-04
Corte Ue: «Il medico può sconsigliare i sieri»
Bocciato il ricorso di Vanni Frajese. Per le toghe, però, è lecito esentare dal vaccino Covid. Per il quale serve la ricetta.Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Perché se è vero che la sentenza della Corte di Giustizia europea riguardo la richiesta di annullamento delle autorizzazioni definitive rilasciate dall’Unione europea ai due «vaccini» anti Covid Pfizer e Moderna, presentata dal professor Vanni Frajese, non ha accolto il ricorso, è anche vero che la Corte Ue, pur di non contraddire l’esecutivo europeo e le due case farmaceutiche, ha dovuto ammettere alcuni principi molto rilevanti, che potrebbero ribaltare l’esito delle tante cause civili e penali ancora pendenti, soprattutto quelle dei medici «ribelli» e di chi ha presentato denuncia a seguito di eventi avversi post vaccino.La vicenda è iniziata nel 2022, quando la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha emesso le decisioni di esecuzione sui preparati Comirnaty e Spikevax (nomi commerciali dei «vaccini» Pfizer e Moderna), autorizzandone la messa in commercio in via definitiva. Il ricorrente Frajese, medico, neuro-endocrinologo e professore ordinario di Endocrinologia e Scienze Tecniche Mediche Applicate, assistito dall’avvocato Olga Milanese dell’associazione Umanità e Ragione insieme con il collega Andrea Montanari, presidente dell’associazione Eunomis, ha fatto ricorso per impugnare le autorizzazioni invocando la violazione da parte della Commissione Ue del Regolamento n. 726/2004, n.507/2006 e della Direttiva 2001/83/Ce per assenza e incompletezza degli studi di efficacia e sicurezza, mancato completamento degli studi o anticipato completamento rispetto alle tempistiche originariamente previste, assenza di efficacia sterilizzante e della loro capacità di ridurre gli effetti gravi della malattia e violazione del principio di precauzione. Il 18 dicembre 2022 Frajese ha depositato il ricorso davanti al Tribunale dell’Unione europea ma la Commissione Ue si è costituita sostenendo che il ricorrente non poteva impugnare le decisioni perché «non aveva interesse ad ottenere l’annullamento delle autorizzazioni». C’è da precisare che per fare un’azione davanti al tribunale europeo occorrono requisiti particolari, tra cui l’appartenenza a una categoria specifica cui è rivolta la decisione che ci sta impugnando. Frajese, giustamente, si sentiva chiamato in causa nella valutazione dell’efficacia e della sicurezza di questi vaccini in quanto medico. Ma il Tribunale dell’Unione europea con l’ordinanza del 27 luglio 2023 non glielo ha riconosciuto. In questo frangente Milanese si accorge che il giudice relatore, Johannes Laitenberger, relatore ed estensore dell’ordinanza, era in realtà un ex funzionario della Commissione europea, che per vent’anni aveva fatto carriera a Bruxelles, dove verosimilmente tornerà a lavorare una volta scaduto l’incarico presso il tribunale Ue. Un clamoroso caso di «revolving doors», o porte scorrevoli, già constatato negli Stati Uniti dove molti funzionari delle case farmaceutiche sono andati a lavorare per la Fda o viceversa. «C’era - osserva Milanese - un’evidente mancanza di terzietà e di indipendenza del giudice», ma neanche questa viene riconosciuta: la sentenza di giovedì scorso stabilisce che non è stata fornita prova del conflitto d’interessi del giudice Laitenberger, come se una carriera ultra ventennale non bastasse a dimostrarlo. La Corte, però, pur di sostenere la «carenza di interesse» ad agire della categoria medica, rappresentata da Frajese, ha commesso alcuni passi falsi. Innanzitutto ha dovuto ammettere che la responsabilità, civile o penale, del medico vaccinatore, non può essere né confermata né esclusa dall’esistenza degli atti autorizzativi, ma ha origine nelle decisioni da lui adottate «nel trattamento individuale dei pazienti». Questo passaggio è di straordinaria rilevanza perché smonta definitivamente le accuse che sono state mosse in Italia nei confronti di tutti quei medici che hanno sconsigliato la vaccinazione Covid o si sono rifiutati di promuoverla, ripristinando la piena libertà di cura del medico. Inoltre, conferma che sussiste una specifica responsabilità dei medici vaccinatori che abbiano somministrato il farmaco a un paziente senza valutarne adeguatamente l’opportunità, causandogli eventi avversi. La Corte ha inoltre confermato che «risulta che una prescrizione medica è necessaria ai fini della somministrazione dei vaccini di cui trattasi». Ci voleva, dunque, la ricetta medica per essere vaccinati «ed è ciò che abbiamo sempre affermato nei tanti procedimenti affrontati», spiega Milanese. «Ho provato ogni via possibile per far accertare le incongruenze dietro alla questione vaccinale per il Covid - ha commentato Frajese - tra queste anche la via europea. Pur non avendo ottenuto il risultato sperato, credo che le motivazioni della Corte saranno molto utili per altri procedimenti. La strada è lunga ma la verità prima o poi arriverà, magari dall’altra parte dell’oceano. Con un po’ di fortuna la seguiremo anche noi».