2022-11-22
Medici schedati, Schillaci se ne lava le mani
Il ministro lascia carta bianca ad Asl e Ordini, che vessano i colleghi non vaccinati tornati in servizio. Silenzio del governo pure sulla vicenda del convegno cui il Politecnico di Torino ha tolto il patrocinio.Potrebbe dare un manrovescio ai talebani del Covid e invece s’accontenta di un buffetto. Potrebbe sganciare un’atomica - in senso politico, beninteso - e invece si limita ai mini ciccioli. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, non ha proprio le physique du role per la svolta che ci si aspettava dal centrodestra, all’uscita da due anni e rotti di prigionia sotto Roberto Speranza. Dopo l’incauto coming out del suo sottosegretario, Marcello Gemmato - «Non abbiamo la controprova che senza vaccini saremmo stati peggio» - si è affrettato a replicare una professione di fede profilattica e mascherinica. Ha cancellato l’obbligo di punturine per i medici, anticipando di due mesi la scadenza del provvedimento del governo Draghi. Però, avendo fatto trenta, non ha voluto fare trentuno. E ha lasciato alle Asl carta bianca sul trattamento, anzi, sul maltrattamento dei reintegrati. Naturalmente, Ordini provinciali e direttori sanitari hanno subito raccolto l’assist e applicato il protocollo Cartabellotta: i renitenti lontani dai fragili, dirottati ad altri incarichi, qualche volta parcheggiati in amministrazione, giocando sulla linea sottile che separa la discrezionalità di un dirigente dal demansionamento dei lavoratori.L’ultimo episodio è quello della schedatura dei professionisti che non hanno porto il braccio. Nel Torinese, l’Omceo ha spedito agli iscritti non inoculati una Pec con un questionario, in cui chiede loro di spiegare le ragioni della loro scelta - essi diffidano solo di quello anti Covid, o di tutti i vaccini? - e di illustrare come si comportano con i pazienti - in pratica, se sconsigliano loro di sottoporsi alle iniezioni. L’Ordine garantisce che si tratta di un tentativo di «aprire un dialogo» (così il capo degli odontoiatri, Gianluigi D’Agostino, sentito da Francesco Borgonovo). Ma chi intende conversare in modo civile e disteso non minaccia di aprire «un procedimento istruttorio», come si legge nell’esordio della mail inviata ai sanitari ribelli. Il punto è questo qua: se è ancora possibile che, nonostante il preclaro responso delle urne e le nettissime prese di posizione di Giorgia Meloni, la quotidianità di dottori e infermieri che hanno rifiutato le dosi sia costellata di grandi e piccole discriminazioni, è anche perché Schillaci, l’uomo che dovrebbe tutelarli, dopo aver gettato il sasso, ha nascosto la mano. Ha fatto capolino giusto quanto bastava per realizzare, una manciata di settimane prima, quel che sarebbe giocoforza accaduto a gennaio, per poi infilare di nuovo la testa sotto la sabbia. Delle ulteriori umiliazioni che patisce chi già aveva perso dignità e stipendio, il successore di Speranza si lava le mani. Mentre procede a spizzichi e bocconi, con compromessi che evitiamo di definire «democristiani» per non mancare di rispetto alla nobile tradizione dc, sull’isolamento dei positivi (rimarrà, ma non servirà più il tampone) e sui protocolli ospedalieri (rispetto ai quali, invero, egli non sta procedendo affatto).Da lungotevere Ripa non è arrivata mezza parola sulla bizzarra iniziativa dell’Ordine provinciale di Torino. Nel frattempo, sempre nel capoluogo piemontese, montava il caso del convegno Poli-Covid-22. Parliamo dell’evento che ospita relatori internazionali prestigiosi, da John Ioannidis di Stanford al ricercatore Peter Doshi, noto per i suoi lavori sugli effetti avversi dei vaccini a mRna, cui il Politecnico della città sabauda ha ritirato il patrocinio. La conferenza è cominciata ieri e si è svolta, anziché all’università, allo Sporting Dora. L’ex dopolavoro Michelin, dove, di solito, si tengono corsi di liscio, danza caraibica, hip hop, tango argentino, pattinaggio, pittura. Struttura adatta per giocare a calcio, a tennis, a beach volley, per allestire feste private, ma anche «manifestazioni culturali», come si legge su Internet. Nel 2017, vi fece il tutto esaurto il dem Gianni Cuperlo. Di sicuro, da allora, c’è stato un bel salto di qualità.Schillaci s’è ben guardato dal pronunciarsi sull’episodio. Eppure, fino a un mese fa, era un rettore. Non poteva raccogliere il coraggio a quattro mani e contestare la scelta del suo collega del Politecnico, Guido Saracco? Ne avrebbe avuto ben donde: la scusa dell’università per dare il benservito all’evento, infatti, era che i relatori voluti dall’Iss avevano preferito sfilarsi. Siccome l’Iss è posto sotto la vigilanza del ministero della Salute, il ministro avrebbe potuto vigilare. Esprimersi. Intervenire. Invece, niente. Silenzio assoluto. Nemmeno un sussulto in difesa della libertà accademica. Il tecnico cooptato dalla Meloni esiste, ma è una presenza eterea. Doveva scendere in trincea e ha finito col trincerarsi. Si muove come fosse uscito dal versetto dell’evangelista Giovanni: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Già. Un altro poco ancora e ci toccherà evocarlo come uno spirito: Schillaci, se ci sei, batti un colpo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)