2018-07-29
Mediatore pakistano giustificava gli stupri. Per i magistrati non c’è nessun reato
Aveva scritto: «Peggio all'inizio, poi la donna si calma e gode». La denuncia per istigazione a delinquere è stata archiviata.Aveva scritto su Facebook che lo stupro è peggio solo all'inizio («poi si gode») e si era beccato una querela da una donna di Reggio Emilia, presentata su un modulo predisposto da un'associazione che tutela le donne abusate. In meno di un anno però, alla scadenza dei termini delle indagini preliminari, quelle che all'inizio erano state considerate un tentativo di istigare alla violenza per la giustizia sono diventate solo parole volgari. Gratuite e offensive per le donne, ma senza alcuna volontà di istigare a delinquere. Con questa motivazione la Procura di Bologna ha chiesto l'archiviazione per Abid Jee, mediatore culturale di origini pakistane, ex dipendente della coop bolognese La Momo (poi messo alla porta), che all'indomani delle violenze sessuali della scorsa estate in spiaggia a Rimini, scrisse a chiare lettere: «Lo stupro è peggio solo all'inizio».Il giudice per le indagini preliminari ha accolto quella richiesta della Procura, condividendo le valutazioni dell'accusa, e agli inizi di luglio, nel silenzio generale, ha archiviato. Il mediatore culturale, interrogato, chiese un mediatore linguistico per rispondere alle domande del pm. E uno stralcio di quella conversazione finì sul Resto del Carlino: «Lei capisce l'italiano? Capisce esattamente quello che ci stiamo dicendo? O preferisce farsi assistere da un interprete?», chiese il magistrato. E lui confermò di preferire l'assistenza di un interprete. I suoi avvocati provarono a spiegare che era tutto un equivoco. Abid si scusò, dicendo che nel post su Facebook voleva intendere tutt'altro. In una memoria difensiva i suoi avvocati hanno quindi sostenuto l'assenza dell'elemento psicologico. Ossia: non voleva istigare a commettere reati. La denuncia era finita sulla scrivania del procuratore aggiunto Valter Giovannini che, in Procura, coordina il pool che si occupa di reati contro le fasce deboli. Dopo l'iscrizione nel registro degli indagati del pakistano e la delega delle indagini alla squadra mobile, però, l'inchiesta si è basata quasi esclusivamente su questioni di diritto. L'istigazione, infatti, si fonda sull'ipotesi giurisprudenziale che questa può sussistere quando si esprime un giudizio favorevole a un reato che si è verificato. Detta così, la denuncia (alla quale ne seguirono altre tre della stessa natura ma presentate da persone diverse, tra le quali Lucia Borgonzoni, capogruppo della Lega al Comune di Bologna) sembrava avere tutte le carte in regola. E a rendere la situazione più complicata per il mediatore culturale ci aveva pensato il suo percorso universitario: Abid studiava giurisprudenza a Bologna. Avrebbe dovuto sapere, quindi, che quella frase che giustificava lo stupro gli si sarebbe potuta ritorcere contro. Aveva espresso con chiarezza il suo pensiero, sia pure in un italiano scorretto, commentando online un articolo del Resto del Carlino che riportava proprio la notizia sugli stupri di Rimini (una giovane polacca violentata in spiaggia da quattro immigrati davanti al suo compagno preso a pugni e, subito dopo, una prostituta transessuale abusata dalla stessa banda che, poi, la rapinò anche).Sulla Verità Alessia Pedrielli aveva scandagliato a fondo il profilo Facebook di Abid. Il mediatore culturale raccontava di aver vissuto in Germania e di provenire da Crotone. E spesso, sul social, sceglieva il ruolo dell'immigrato emarginato, citando frasi di Bob Marley sull'uguaglianza. Cosa che ha fatto anche rispondendo alla valanga di insulti seguiti al suo commento sugli abusi: «Io vi chiedo scusa, perdonatemi, ma la verità è che tutti gli immigrati non sono uguali, la maggior parte delle persone lancia l'argomento ma inizia a scrivere contro gli immigrati». Era convinto di riuscire a minimizzare. Forse anche grazie ai silenzi di una certa sinistra. Laura Boldrini, ad esempio, liquidò la faccenda sostenendo che non era il suo lavoro commentare gli accadimenti di ogni giorno. Fu la criminologa Roberta Bruzzone a metterci un carico da novanta, affermando che si trattava di «un soggetto portatore di un pregiudizio a dir poco abominevole, da ascrivere al primo Medioevo». Per la giustizia, però, quelle impresse da Abid sullo stato del suo profilo Facebook sono semplici parole offensive. Ma Abid Jee non ha fatto altro che esprimere in modo ingenuo ed estremizzato quello che sgorga dalla visione islamista del mondo. Una visione, peraltro, che lui avrebbe dovuto «mediare» con quella del Paese nel quale ha scelto di vivere: l'Italia. Ma per la giustizia è finita zero a zero. E qualcuno, l'amaro pronostico fatto nell'immediatezza l'ha azzeccato. Scrisse Mario Giordano sulla Verità: «Un buffetto sulla guancia e via. Lasciate che passi qualche settimana e vedrete che, nel silenzio delle Dandini e delle Boldrini, tutto finirà in nulla. Lui riprenderà a fare il mediatore e a diffondere la sua meravigliosa cultura islamica. E pazienza se questa cultura, complice lo ius soli, stuprerà il nostro Paese come i magrebini stuprano le donne sulla spiaggia di Rimini. Tanto, si sa, fa male solo all'inizio. Poi si gode». Giustizia è fatta.
Duilio Poggiolini (Getty Images)
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