2024-05-30
In fuga dall’Iran, in prigione da noi. Ma il Pd gira la testa dall’altra parte
Nel riquadro, Maysoon Majidi (IStock)
Un’attivista curda, fermata per errore, ha perso 14 chili. Ha meno appeal della Salis?La Salis della porta accanto ce l’abbiamo buttata come un cencio in un carcere calabrese da cinque mesi. Ha già perso 14 chili, ora ne pesa una quarantina scarsa e da due giorni fa anche lo sciopero della fame. Si chiama Maysoon Majidi, ha 28 anni, è una femminista curda e se mai tornasse nel suo Iran rischierebbe la vita. Ma la giustizia italiana non se la tiene per quello. È accusata dalla procura di Catanzaro di essere una scafista, quando si era limitata a dare una mano al capitano nel distribuire l’acqua a bordo del barcone. I due clandestini che inizialmente sembravano averla accusata si sono rimangiati tutto con un programma Mediaset e con i suoi avvocati. Ma per la giustizia italiana sono irreperibili. Maysoon non era venuta in Europa per fare a botte con nessuno, ma solo per denunciare i crimini del regime iraniano. La politica italiana però non se n’è praticamente accorta e sulla sua vicenda c’è un immobilismo imbarazzante. Forse perché, a differenza di Ilaria Salis, questa ragazza iraniana non si presta facilmente a strumentalizzazioni politiche. La sua odissea inizia il 31 dicembre, quando arriva su un barcone a Crotone insieme ad altri 79 migranti. Due testimoni, un iracheno e un iraniano, la indicano come un’aiutante dello scafista perché l’avrebbe aiutato nel distribuire acqua. I pm di Catanzaro arrestano quindi l’attivista con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I due però, in un secondo tempo chiariscono di non aver mai accusato la giovane e sostengono che le loro parole sono state tradotte male. Quattro settimane fa, nel corso dell’incidente probatorio, non si arriva a capo di nulla perché nel frattempo i due testimoni dell’accusa se ne sono andati e risultano irrintracciabili. Solo per la giustizia, però. Perché invece gli inviati delle Iene li trovano, in Germania e in Inghilterra, e raccolgono le loro dichiarazioni che scagionano Maysoon. Il colpevole del pasticcio sarebbe quindi il traduttore afghano che ha equivocato le prime dichiarazioni. Ieri Franco Corbelli, da oltre trent’anni leader del Movimento Diritti Civili, ha lanciato un appello alla magistratura per «l’immediata scarcerazione, con concessione dei domiciliari», in attesa che «si faccia chiarezza su questa vicenda […] che tocca una giovane donna fuggita dal suo Paese perché perseguitata dal regime ultraconservatore degli ayatollah».Se si guarda a che cosa è successo in questi mesi, si nota un silenzio deprimente. A Laura Boldrini va dato atto di esser stata la prima politica a incontrare l’attivista curda nel carcere di Castrovillari. Era il 24 febbraio e l’ex presidente della Camera raccontò che la famiglia di Majidi aveva già in mano i video dei due migranti che smentivano le accuse. Il 29 febbraio è stata la volta di un’eurodeputata di M5s, Laura Ferrara, che ha addirittura scritto una lettera a Sergio Mattarella. Il 9 maggio scende in campo Amnesty Interational, che scrive al gup di Crotone per certificare che Maysoon, regista e attrice, è una nota attivista per i diritti delle donne. Ma la scorsa settimana, dopo l’incidente probatorio infruttuoso, il gip di Crotone conferma la custodia cautelare. Adesso, l’inizio di questo drammatico sciopero della fame forse sbloccherà qualcosa. Di sicuro non ha convinto Elly Schlein, segretario del Pd, che due giorni fa era a Corigliano Rossano per un comizio, a fare una deviazione di venti chilometri per andare in carcere dalla femminista curda. Già, ma Maysoon ha due svantaggi: combatte un regime islamico e non è venuta in Italia a caccia di neonazisti. Purtroppo è anche fuori tempo massimo per una candidatura alle Europee, perché se no magari Viktor Orbán ci avrebbe fatto anche un pensierino.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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