2025-01-27
Mauro della Porta Raffo: «Trump vuole tornare al passato, con Musk vediamo quanto dura»
Mauro della Porta Raffo (Facebook)
L’americanista: «Il tycoon decide rapidamente, altro che Ursula. I rapporti tra Usa e Ue saranno tesi, Giorgia Meloni sfrutti la situazione».Donald Trump ha avviato il suo secondo mandato con un discorso muscolare. Ha promesso una sorta di rivoluzione nella politica, improntata all’estremo pragmatismo, alla velocità decisionale. Al presidente onorario della Fondazione Italia Usa, Mauro della Porta Raffo, abbiamo chiesto di delineare uno scenario di quello che sarà la presidenza Trump.«È semplicemente un annunciato ritorno al passato. Donald Trump intende regionalizzare laddove si è globalizzato, rintuzzare e sconfiggere in tutte le sue eticamente assai discutibili manifestazioni il politicamente corretto, affermare l’Originalismo interpretativo delle norme costituzionali, tornare all’abbandonata meritocrazia, espellere chiunque non osservi le leggi sull’immigrazione. Va ricordato che di deportazione dei clandestini si parla in America sostanzialmente dagli anni Cinquanta del Novecento e molto in questo senso ebbe a operare concretamente già l’amministrazione Eisenhower, e il fatto stesso che nei parecchi decenni trascorsi non si sia trovato modo almeno di contenerne l’arrivo certifica la complessità di un problema che non è irrisolvibile ma quasi. Ha dichiarato definitivamente fuorilegge i cartelli della droga combattendoli ovunque; vuole accantonare, anzi se possibile (non poche certamente le opposizioni legali e i ricorsi) cassare immediatamente le disposizioni a suo modo di vedere inaccettabili ereditate da Joe Biden. In una parola, nella visione che lo anima, tornare a fare grande l’America (“America first”, d’altra parte). Non è forse stato eletto per tutto questo? Non è sopravvissuto a un serissimo attentato perché una mano celeste è in suo soccorso intervenuta? Non era infine il suo progetto illustrato dall’acronimo Maga (Make America great again)? E non è assolutamente democratico dare conseguenza al voto, rispettare ove possibile il volere della maggioranza quale si è manifestata nelle urne scegliendolo?».Un programma ambizioso. Più frasi a effetto o riuscirà effettivamente a realizzarlo?«Va ricordato che è buona e fruttifera tattica trumpiana rappresentare scenari a dir poco burrascosi, quali: “L’Europa deve correggere gli squilibri commerciali con gli Stati Uniti”. E, non dovesse farlo, sarà obbligata, alla stregua di molti altri Paesi, proprio a pagare dazio, come si dice, per vedere l’effetto che fa. Quanto alla realizzazione del programma, in futuro, grande influenza avranno gli accadimenti, la buona sorte. Per fare solo due esempi, il crollo di Wall Street nel 1929 e gli attacchi dell’11 settembre del 2001, assolutamente imprevisti, hanno totalmente sconvolto i piani: il primo di Herbert Hoover e il secondo di George Walker Bush, i due presidenti dell’epoca».Però si è spinto molto oltre, parlando di addirittura di annessione del Canada e della Groenlandia e di controllo del canale di Panama.«L’annessione del Canada è una vecchissima aspirazione che aveva in parte contribuito a creare i presupposti della guerra angloamericana del 1812. Dell’acquisizione della Groenlandia per ragioni soprattutto riguardanti il controllo delle rotte del Nord Atlantico e non solo, non si era già parlato in lontani tempi? E il canale di Panama, voluto e realizzato oltre un secolo fa dagli Usa, non è stato a parere di molti improvvidamente ceduto dal 1999 a seguito di un accordo sottoscritto ai suoi tempi da Jimmy Carter?»Sarà un presidente della pacificazione degli scenari di guerra?«In attesa delle preconizzate mosse pacificatrici riferite all’Ucraina, guardando in primo luogo alla tregua a Gaza (vedremo se duratura, ma chi, come il sottoscritto, ricorda che un uomo generoso e capace come Folke Bernadotte, inviato di un Onu quasi ai primi vagiti, fu ucciso in quelle terre nel 1948, nutre poche speranze), il fatto che abbia sostanzialmente coinciso con l’arrivo del tycoon fa tornare alla mente quanto accaduto nel 1980, allorquando gli americani prigionieri a Teheran furono rilasciati praticamente proprio nel momento in cui Ronald Reagan prendeva possesso dello scranno presidenziale a Washington. Nuovamente guardando alla storia e al di là della falsa narrazione, gli Stati Uniti sono entrati in guerra quasi sempre mentre i democratici governavano, ma sono i presidenti repubblicani che ottengono udienza e soddisfazione anche solamente minacciando (“Scatenerò l’inferno!”)».Lo accusano di aver aperto la Casa Bianca alle Big tech. Quali conseguenze avrà questa scelta?«Anche su questo tema vorrei indicare un paio di precedenti nella storia. Nel 1932 Franklin Delano Roosevelt ottenne la nomination democratica che lo avrebbe portato senza problemi (il rivale repubblicano Herbert Hoover, capo dello Stato uscente, ritenuto responsabile della Grande depressione, era facilmente battibile) alla presidenza, per l’appoggio determinante di William Randolph Hearst, rappresentato poi sullo schermo magistralmente da Orson Welles in Quarto potere, praticamente l’Elon Musk di allora, visto che, inesistente la televisione, quel magnate controllava larga parte della stampa e della radio. Di più, con il sostegno del padre del futuro presidente John Kennedy, Joseph, le cui discusse disponibilità economiche erano notevolissime. Da sempre, in ogni epoca differentemente, i “paperoni” hanno condizionato la vita politica per ogni dove, in particolare in America. Vedremo, verificheremo poi se e quanto l’alleanza tra Donald Trump e Elon Musk durerà».Appunto, tale alleanza può protrarsi o i due super ego sono destinati a scontrarsi?«Difficile fare previsioni sul se e sul quanto. Non va qui dimenticato che il segretario di Stato voluto dal tycoon dopo la rocambolesca vittoria del 2016 era il mammasantissima in campo petrolifero Rex Tillerson, amministratore delegato della ExxonMobil, che trascorsi relativamente pochi mesi fu bruscamente messo alla porta».Come si prospetta il rapporto con l’Europa?«Il rapporto Trump-Unione europea si prospetta assolutamente problematico poiché non si vede neppure un possibile collegamento concettuale tra due modi e mondi opposti, laddove, per quanto i media in larghissima maggioranza siano abituati a contraffare la situazione, l’Unione europea, perfettamente incarnata in Ursula von der Leyen, altro non rappresenta, nel confronto, che arretratezza e vecchiume».La premier Giorgia Meloni può intestarsi il ruolo di mediatore tra Trump e l’Europa?«La presidente del Consiglio italiana si è dimostrata assai capace in campo internazionale. E non è la prima volta. Nessuna sottomissione, come gli avversari nostrani berciano. Anzi, una meritata considerazione personale e una collocazione ideologica vicina che andrebbe utilizzata in modo strategico. Soprattutto se Trump, come ha fatto nel primo suo quadriennio, preferirà colloquiare con i singoli Stati piuttosto che con l’istituzione sovranazionale. Penso con raccapriccio a quale potrebbe essere, diversamente, il rapporto Trump-Schlein».L’Europa rischia di restare schiacciata tra gli Usa e la Cina, un vaso di coccio tra due colossi?«Assolutamente sì, ma questo è il destino di una istituzione, l’Unione europea, che rappresenta il vecchio e il superato sia negli intendimenti che nell’azione. Mentre Trump e il presidente cinese Xi Jinping si muovono in velocità, con decisioni rapide e grande pragmatismo, Bruxelles continua ad avere i ritmi di un mondo vecchio e iperburocratizzato. A Pechino e a Washington si decide e a Bruxelles si aprono tavoli di discussione che chissà se mai e in che tempi approderanno a qualcosa. Basta vedere quello che sta succedendo con la discussione sulla transizione energetica e il passaggio dai motori a combustione a quelli elettrici. Chi comanda in Europa, come nella gran parte delle altre organizzazioni internazionali, o ha fallito o è stato elettoralmente defenestrato nel proprio Paese. Raramente i politici sono al passo con le dinamiche della realtà e sanno interpretarle. Mentre Trump dice che bisogna intensificare le trivellazioni, l’Europa si contorce nelle discussioni ideologiche, mentre le fabbriche chiudono e l’industria dell’auto va a pezzi. Allora ben vengano i big della tecnologia perché sono e purché siano in grado di colmare il gap tra la politica arretrata e la realtà».L’Europa è impegnata nella lotta al cambiamento climatico, ma con Trump alla Casa Bianca e Pechino che non ha mai accettato i vincoli del Green deal, rischia di restare da sola.«Si dice che la Scienza, quella con la S maiuscola, dimostri come il riscaldamento in corso del pianeta Terra sia causato dall’uomo. Sia ben chiaro: non voglio sostenere che il riscaldamento del pianeta non esista. Per carità: esiste eccome. Semplicemente, sostengo che sia naturale, che non derivi se non forse in maniera infinitesimale dall’opera umana (tutt’altro il discorso relativo all’inquinamento del quale l’uomo è responsabilissimo). È la Storia (questa, sì, con la iniziale maiuscola) che lo dimostra. Inconfutabilmente. È forse stato provocato dall’uomo il riscaldamento che oltre 250 milioni di anni fa (ogni datazione è nel campo assolutamente indicativa) determinò il clima successivo adatto ai dinosauri? Venendo a tempi a noi prossimi e tralasciando le infinite alternanze freddo-caldo, un numero enorme delle quali ben precedenti la nascita del primo essere umano, è l’uomo che ha provocato l’Optimum climatico medievale (a cavallo del Mille), in seguito la Piccola glaciazione e infine (dal 1850, anche se è semplicemente pazzesco indicare un anno preciso al riguardo) il Nuovo periodo caldo ora in corso e certamente non arrivato alla massima espressione? Cosa ha fatto il povero, da considerare tale solo in quest’ambito, essere umano tra indicativamente l’Ottocento e il 1300 per provocare il graduale ritiro e in molti casi la scomparsa dei ghiacciai? Nulla. Ebbene Bruxelles dovrebbe riflettere anche su questo».
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)