2019-05-12
Sugli immigrati può venire giù il governo
Nella guerra tra pentastellati e leghisti si è aperto un nuovo fronte. A sparare il primo colpo sono stati i discepoli di Beppe Grillo, che per recuperare un pugno di voti di quell'elettorato più radicale che ha voltato le spalle al Movimento hanno deciso di attaccare il ministro dell'Interno sul suo stesso terreno, ossia sull'immigrazione.Da giorni Luigi Di Maio e compagni rimproveravano a Matteo Salvini di non fare nulla per la sicurezza, prendendo a pretesto la sparatoria che ha messo a repentaglio la vita della piccola Noemi. Poi, rafforzati dopo il successo della destituzione di Armando Siri, il ministro del Lavoro e i suoi sodali sono a passati ad accusare il vicepremier leghista di aver fallito con i rimpatri dei clandestini. Infine, spalleggiata dal presidente del Consiglio che ormai ci ha preso gusto a mostrare il suo lato decisionista, la ministra della Difesa in quota grillina ha dato via libera alle navi della Marina militare, consentendo gli interventi di recupero degli immigrati sui barconi.A Salvini deve essere sembrato un accerchiamento pericoloso, un tentativo di colpirlo al cuore, in quello che è il lato più sensibile dell'elettorato leghista. Dopo un anno di governo e di polemiche, il Capitano poteva conteggiare nel suo personale bottino di guerra almeno due successi, ovvero quota 100 e il blocco degli sbarchi. Ma se il governo, come sta facendo, riapre i porti alle Ong, tipo la Mare Jonio, il risultato fin qui ottenuto rischia di essere vanificato, e anche la stessa credibilità del ministro dell'Interno potrebbe essere messa a dura prova. Presentarsi al voto europeo con le navi delle cosiddette organizzazioni umanitarie che ritornano a fare la spola avanti e indietro dall'Africa sarebbe uno smacco, e alla Lega potrebbe far più male della sconfitta su Armando Siri.Salvini deve aver fiutato il pericolo, così ha deciso di reagire, con la mossa del decreto che attribuisce al Viminale il potere di chiudere i porti e di sanzionare chiunque aiuti i clandestini e favorisca gli sbarchi. Ai colpi sparati da Di Maio e compagni, il vicepremier ha insomma risposto con una cannonata. Se i pentastellati immaginavano che indietreggiasse come ha fatto sul sottosegretario ai Trasporti, incassando la sconfitta e le dimissioni dell'onorevole leghista, si sbagliavano, perché il ministro dell'Interno ha reagito alzando il tiro. Certo, per lui non sarà facile ottenere ciò che ha richiesto, perché per alcuni ministri grillini significherebbe rinunciare ad alcune prerogative per lasciarle alla Lega, ossia a un partito che ormai, da alleato, si è trasformato per il Movimento nel più temibile avversario, il solo in grado di sottrarre ampie fasce di consenso. No, Salvini non otterrà facilmente ciò che chiede e anzi, su questa faccenda, sulla chiusura dei porti delegata al Viminale e le multe a chi si dà da fare per aiutare i clandestini, è possibile che si rischi anche la crisi di governo. Il Capitano leghista sa che i fratelli-coltelli dei 5 stelle non hanno intenzione di regalargli un briciolo di potere in più. Per questo ha messo in conto la soluzione finale, ossia la caduta dell'esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Perché una cosa è fare la crisi per difendere Armando Siri, cioè un illustre sconosciuto, per di più accusato di essersi fatto corrompere da un tizio in affari con un imprenditore legato alla mafia. Un altro è farla per difendere il principio che i confini nazionali sono sacri e nessuna Ong può violarli per scelta politica. Togliere la fiducia a Conte perché i 5 stelle vogliono far sbarcare gli immigrati è cosa diversa dal toglierla per le deleghe levate all'ideologo della Flat tax. Dopo essere rimasto per qualche giorno sulla difensiva, Salvini è dunque passato all'attacco, colpendo gli ex alleati sul terreno che gli è più congegnale. Per Di Maio e compagni non sarà facile reagire: dire no, rischiando che vada tutto a rotoli e si vada alle elezioni con la quasi certezza che almeno un terzo degli onorevoli grillini non ritornino in Parlamento oppure chinare il capo? L'orizzonte che si para davanti all'avvocato del popolo, ossia a quel signore che solo l'altro ieri al Pais ha detto di essere lui a comandare a Palazzo Chigi, è dunque pieno di incognite. Le prossime settimane saranno infatti decisive per il suo futuro politico, che nonostante le dichiarazioni rassicuranti rilasciate nei giorni scorsi, rischia di concludersi presto.