2019-06-26
Matteo Renzi torna a dare lezioni: «Cari giovani vi insegno a fallire»
Il Bullo conferenziere dedica ai millennial la prefazione al libro della dem Anna Ascani: «Li conosco: pensano a clima e fake news».È pur vero che Matteo Renzi si tiene molto impegnato con i viaggi in terre esotiche dove si reca a dispensare preziosi consigli. Tuttavia, la bestia del tempo libero è sempre in agguato e se il Bullo non sta attento rischia di trasformarsi in Walter Veltroni in un batter di ciglia. Già si notano le prime avvisaglie. Prendiamo per esempio la prefazione che Renzi ha firmato per il libro della sua pupilla Anna Ascani del Pd. Imprescindibile tomo si intitola Senza maestri. Storie di una generazione fragile, lo pubblica Rubbettino ed è dedicato ai millennial, ovvero i ragazzi divenuti adulti alle soglie dei Duemila. Renzi impreziosisce il tutto con un testo denso di fuffa veltroniana in purezza, e dispiace un po', perché non vorremmo mai che il nostro perdesse lo smalto dei bei tempi. Fortuna che, qua e là tra le righe, deflagrano ancora lampi di genuino genio renziano. Tradotto: anche nella banalità fioriscono le castronerie. Matteo, per cominciare, elenca le priorità dei giovani italiani. Tali grandi sfide vanno «dal cambiamento climatico alla digitalizzazione, dalle fake news all'educazione, fino alla questione fondamentale della debolezza della democrazia e della sfida tra società aperta e società chiusa». Ora, a noi pareva che la priorità dei ragazzi italici fosse il lavoro. Alcuni di loro ci sembravano motivati a crearsi una famiglia, a mettere al mondo dei figli. Ma di sicuro ci sbagliamo e ha ragione Renzi: i millennial sono angosciati dalle fake news, temono perché la democrazia è debole e fa vincere i sovranisti. In effetti, se vi guardate intorno, è pieno di trentenni che compulsano gli scritti di Sabino Cassese, specie quelli in cui spiega che sarebbe meglio il regime dei competenti.Sì, Renzi ha il polso della situazione. Ecco perché è giusto che si conceda un po' di autocelebrazione. «Quando nel 2017 il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti mi volle raccontare il progetto della Obama foundation», scrive nella prefazione, «finalizzato a costruire un network di giovani leader in tutto il mondo, facendo incontrare le eccellenze della politica, delle associazioni non governative, del giornalismo, della società civile in generale, compresi subito il valore di quell'intuizione: ci sono migliaia di giovani che sono cresciuti senza maestri, orientandosi per lo più da sé, tra tentativi ed errori». Già, Matteo è un eccellenza della politica e ha capito subito che ci sono tanti ragazzi smarriti in giro. Costoro «hanno ancora un gran bisogno di guide che li accompagnino, che non pretendano di indicare loro la strada o le modalità per percorrerla, ma si limitino ad aiutarli a rialzarsi quando cadono, che gli mostrino il valore del fallimento, che li aiutino ad apprezzare anche la fatica della costruzione paziente di un senso. Il valore della fragilità, appunto». Sacrosanto. E chi meglio di Renzi per spiegare il valore del fallimento? Cari giovani, abituatevi a fallire. A dirla tutta, il Bullo ce ne ha messo di impegno per avviare le future generazioni alla disfatta. Ricordiamo ancora quando proclamò, prima di un viaggio nella Silycon Valley, «vado a imparare da quelli bravi». Cioè da quelli che, tramite la rivoluzione digitale, distruggono migliaia di posti di lavoro e rincoglioniscono maree di adolescenti grazie al Web e ai dispositivi tecnologici. Ora, qualche anno dopo, decine di genietti californiani si sono pentiti e mettono in guardia sui pericoli dell'informatica senza confini. Ma Renzi no, lui non si è pentito. Anzi, continua a pontificare sull'importanza dell'educazione. «Non avremo cittadini consapevoli delle proprie responsabilità e prerogative, diritti e doveri se non investiamo sulla scuola in termini di risorse e di riconoscimento sociale», dice. E rivendica: «Avevamo cominciato a farlo col nostro governo, non a caso oggi chi scommette tutto sull'ignoranza ha tagliato proprio lì». Ah, pensa un po'. L'uomo della buona scuola prosegue a dare lezioni, nonostante il caos sulla assegnazione delle cattedre, le proteste di insegnanti e dirigenti, l'opposizione trasversale. Certo, il Pd aveva a cuore l'istruzione, mentre i populisti puntano sull'ignoranza. Peccato che le sciagurate idee sui cellulari in classe e pure la riforma della maturità (ferocemente contestata da Repubblica) siano state partorite dalla sinistra di governo. Quelli sì che volevano abolire la storia e rendere il test finale una sorta di quizzone in stile catodico.Povero Matteo, il veltronismo smemorato lo sta proprio divorando. Solo su una cosa ci sentiamo davvero di comprenderlo. Ovvero quando dice che la gioventù italiana «più che di padri e insegnanti ha bisogno di figli e maestri». Considerando le brutte esperienze che ha avuto con il suo, di genitore, non possiamo biasimarlo.
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