
L’inserto culturale del Corriere della Sera pubblica un’intervista allo scrittore Matteo Bussola, che parla di «epidemia psichiatrica, ragazzi fragili, genitori impreparati». Però il giornale insiste a definire le chiusure «necessarie».Durante la pandemia, dice lo scrittore Matteo Bussola, i genitori sono stati presi alla sprovvista molto più di tanti altri. «I più sorpresi sono stati loro, convinti di essere al sicuro perché durante il lockdown avevano i figli finalmente a casa, e invece è lì che ha cominciato a consumarsi la tragedia». Una tragedia provocata - spiega il romanziere alla Lettura del Corriere della Sera - dal fatto che «in un’età in cui incontrarsi, uscire, toccarsi, baciarsi è il 90% della faccenda, noi glielo abbiamo negato». Il risultato di tale negazione è ben riassunto dal titolone che ieri l’inserto culturale del giornale di via Solferino squadernava su una doppia pagina: «I danni del lockdown come quelli dell’eroina». Sì, lo hanno scritto davvero: hanno scritto che le chiusure hanno avuto effetti paragonabili a quelli delle droghe pesanti. E lo hanno scritto per illustrare il nuovo libro di Bussola che «racconta una stagione terribile: ragazzi post pandemici travolti dall’angoscia e genitori impreparati». E non si sono mica fermati qui, gli illustri colleghi del Corriere. Sono andati molto oltre: quel titolo choccante lo hanno ampiamente motivato. Sentite qui: «II 49,4% degli italiani tra i 18 e i 25 anni ha ammesso di avere sofferto di ansia e depressione a causa dell’emergenza sanitaria». Ci ha pensato poi lo stesso Bussola a ribadire il concetto: «Come pervasività e numeri in questo momento, anche se affermarlo può fare un po’ paura, il fenomeno non ha precedenti e forse potremmo paragonarlo all’esplosione dell’eroina negli anni Ottanta, per come ha colpito un’intera generazione». Come potete vedere, Bussola non ci va per il sottile. E fa intendere che dovevamo aspettarcela, questa reazione dei giovani alle chiusure: «Non potevamo illuderci che non ci fossero conseguenze», dichiara. «Anche perché la sola cosa che abbiamo offerto loro in cambio è stata la finestra dello smartphone da cui osservare le vite di giovani bellissimi che fanno vacanze meravigliose, hanno soldi, l’addominale a tartaruga. Ora, se tu hai 15 anni, i brufoli, e la ragazza ti ha lasciato, e con i genitori non vai d’accordo e a scuola vai male e una passione non l’hai ancora trovata, può succedere di non sentirti all’altezza delle aspettative, può venirti la malsana idea di punirti: nel momento in cui non senti più niente, provocarti dolore può apparire più desiderabile rispetto al niente. Almeno senti qualcosa».Lo scrittore ha disegnato un quadro terribile. Ma non ha detto nulla che non sapessimo già, a ben vedere. Di frasi come queste, da un anno a questa parte, ne abbiamo sentite tante, pronunciate da ogni genere di intellettuali e di esperti. Fior di sociologi, psicologi e perfino qualche medico hanno spiegato quali e quanti siano stati i danni della reclusione sulle giovani generazioni. Quel che davvero sorprende (e a dirla tutta irrita anche un po0) è la nonchalance con cui l’inserto del Corrierone si lanci ora in titolazioni altisonanti e in ricostruzioni melodrammatiche. Annachiara Sacchi, autrice dell’articolo sul libro di Bussola, sostiene che il volume «andrebbe letto nelle scuole, in famiglia, negli ospedali, in parrocchia, nei circoli, in palestra, in spiaggia, negli studi medici». Probabilmente ha ragione: degli effetti nefasti dei lockdown si dovrebbe parlare tanto, e ovunque. E bisognerebbe dare il peso che meritano alle parole dello scrittore, il quale sentenzia: «Questa epidemia psichiatrica, partita o esacerbata dalla pandemia, oltre a una generazione di ragazzi fragili ne ha prodotta una di genitori impreparati». Tutto sacrosanto, lo controfirmiamo. Il problema è che al Corriere della Sera se ne rendono conto alla fine di giugno del 2024. Si stracciano le vesti ora, ma quando le chiusure venivano imposte al di là di ogni certezza gli autorevoli colleghi le difendevano, le sostenevano, le approvavano. E accusavano i critici di essere irresponsabili terrapiattisti. In seguito, quando sono emersi i documenti del Comitato tecnico scientifico e alcuni quotidiani (tipo il nostro) hanno pubblicato le chat fra Roberto Speranza e alcuni consulenti tecnici, e si è scoperto che le chiusure delle scuole erano tutt’altro che fondate scientificamente, non risulta che in via Solferino abbiano pubblicato editoriali indignati o articoli critici nei riguardi dell’ex ministro. Ancora oggi la Lettura - che pure paragona i lockdown al consumo massivo di eroina - sostiene che furono «necessari». Così, testuale. Sappiamo per certo che furono disposti per una sciagurata scelta politica, e che le scuole furono chiuse per volontà del ministro non condivisa dal Cts. Sappiamo - e lo scrive pure la Lettura - che le conseguenze sono state devastanti. Ma ancora non si riesce a dirla fino in fondo, non si riesce ad ammettere pubblicamente - come invece hanno fatto altrove, ad esempio nel Regno Unito - che la pandemia è stata gestita in maniera indegna. Fare i nomi dei responsabili, che pure si sanno, è vietato. E chi si ostina a dire la verità viene guardato come un pazzo ossessionato. Possiamo trarne una sola conclusione: sì, le conseguenze dei lockdown sono paragonabili a quelle della droga. Purtroppo gli spacciatori hanno ancora troppi complici.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.