2024-04-23
Mattarella irrompe nel voto europeo facendo da sponsor a Mr. Bce e Pd
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
Il Colle invita ad andare alle urne: «Servono riforme coraggiose» Cioè quelle care a sinistra: Mes, Difesa comune e stop unanimità.Sergio Mattarella si lascia ispirare da Mario Draghi, a cui offre un assist, sul futuro dell’Europa e, forte di un mandato che coprirà quasi tre lustri della vita repubblicana, sembra dismettere la divisa dell’arbitro per indossare la casacca di una parte alla vigilia di una competizione elettorale d’importanza cruciale. Vuole un’Europa dove non sia più necessaria l’unanimità per decidere, che abbia l’unione bancaria e dunque il via libera al Mes, e una difesa comune. Affermazioni che non sono condivise né da tutte le forze politiche italiane, né da tutti i livelli istituzionali nazionali, né da tutti e 27 i paesi europei. Elly Schlein - segretaria del Pd in partenza per le Europee - di fronte alla proposta del premier eletto direttamente, ha tuonato contro Giorgia Meloni, sostenendo che la riforma è «pericolosa e contro la Costituzione» perché mira a indebolire i poteri del Quirinale. Obiezione quest’ultima che risultava fino a ieri incomprensibile perché mai si citano i poteri del Colle nel testo del governo. Ma Sergio Mattarella parlando a Brdo, in Slovenia, invitato dalla presidente Natascia Pirc Musar alle celebrazioni per il ventennale dell’ingresso di quel paese nell’Ue, ieri ha svelato il perché: ha posizioni molto affini al Pse in Europa e assai gradite al Nazareno. Il presidente della Repubblica nel suo discorso, pur in una pregevole e condivisibile perorazione della più ampia partecipazione al voto per le Europee, si è allargato in considerazioni di natura politica. Sergio Mattarella disegna un futuro per l’Europa come quello ipotizzato da Mario Draghi. Solo che l’ex presidente della Bce parla come consulente di Ursula von der Leyen, Mattarella invece lo fa a nome di tutti gli italiani. Nel suo discorso ufficiale il presidente della Repubblica ha ripercorso le tappe e i benefici che l’Unione ha portato ai popoli del continente. Ha detto: «Tra qualche settimana 400 milioni di cittadini europei saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento: sarà un grande esercizio di democrazia. Mi auguro che vi sia una grande partecipazione al voto, perché in questo modo i cittadini sono protagonisti del futuro del continente e dell’Unione di cui fanno parte». A questo punto Mattarella rispondendo alle domande dei giornalisti ha affermato che servono tre riforme. La prima istituzionale perché l’Europa «deve avere un processo decisionale che le consenta di assumere decisioni efficaci, tempestivamente, perché i problemi non aspettano. Li risolvono altri, altrimenti, e l’Unione rimane spettatrice». Tradotto, significa cancellare l’unanimità. Ma per farlo bisogna cambiare i Trattati e non è né facile né scontato; soprattutto non è opinione condivisa né in Italia né in Europa. La seconda riforma che Mattarella vuole «riguarda il sistema finanziario dell’Unione, che va completato. È monco, oggi. Non può reggere a lungo, si dissolve, travolgendo anche l’economia dei Paesi membri». Ma unione bancaria e unione fiscale significa passare attraverso il Mes e come si sa il governo italiano non vuole ratificarlo. L’Eurogruppo è stato chiaro in proposito: o Mes o niente unione bancaria. E le parole del presidente della Repubblica sembrano voler forzare la mano alla Meloni. La terza questione è ancora più delicata. Sostiene il capo dello Stato: «La difesa comune è indispensabile venga messa all’ordine del giorno, non è più rinviabile a causa dell’aggressione della Russia all’Ucraina. Non è un’alternativa alla Nato; è, al contrario, il rafforzamento del pilastro europeo dell’Alleanza, che oggi spende somme ingenti con ridotte capacità operative di difesa». Mattarella parla come capo delle forze armate o come presidente della Repubblica? In ogni caso fa compiere all’Italia una fuga in avanti. Emmanuel Macron - si è dimenticato Mattarella di aver firmato con la Francia il trattato del Quirinale? - quando parla di difesa comune intende a guida francese. La proposta del Colle è un’adesione alle posizioni francesi? Essendo la Francia l’unica potenza nucleare europea, la difesa comune passa necessariamente da un’abdicazione da parte di Parigi a una pretesa leadership. A un’analisi critica le parole di Mattarella appaiono dunque, più che un’esortazione al voto, un invito a votare chi sostiene le posizioni riassunte da Mario Draghi: meno democrazia, più potere economico e più potere militare. Sono posizioni che in Europa vengono sostenute soprattutto dal Pse e dalle due grandi «potenze» Francia e Germania. E siccome il capo dello Stato è entrato nello specifico dei provvedimenti, il suo dire, più che un atto istituzionale, esprime una posizione politica. Che può non piacere ad altri partner europei (l’Ungheria, la Polonia, la Slovacchia) e può non piacere in Italia. Come minimo, e interpretando estensivamente l’articolo 89 della Costituzione, Mattarella avrebbe dovuto avere l’avallo di Giancarlo Giorgetti (Economia), di Antonio Tajani (Esteri) e di Guido Crosetto (Difesa). Ma evidentemente un presidente di così lunghissimo corso pensa che chi fa da sé fa per tre.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
Continua a leggereRiduci
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)