2019-07-20
Mattarella avverte: voto prima di ottobre o se ne riparla all’inizio del 2020
Il Quirinale non esclude lo scioglimento estivo delle Camere. Se accadesse entro fine mese, elezioni possibili il 29 settembre.I leghisti allargano lo strappo su autonomie e ministri grillini. Bocciata l'assunzione diretta dei docenti su base regionale. Furiosi i governatori di Veneto e Lombardia: «Presa in giro». Il leader del Carroccio silura Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta: «Basta coi no». Giuseppe Conte li difende. Lo speciale comprende due articoli. La finestra elettorale è assolutamente aperta e praticabile, ma se la si vuole utilizzare bisogna sbrigarsi. La Verità ha cercato di spiegarlo da tempo, e ieri (alle 14.31) è giunta una conferma attraverso un lancio dell'agenzia Reuters. L'agenzia ha attribuito l'origine della notizia a una «fonte politica», ma forse proprio ambienti del Quirinale potrebbero aver aiutato la messa a fuoco della tempistica istituzionale. Scrive la Reuters: «Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha in programma un incontro con il vicepremier Matteo Salvini, e non ha ricevuto input sul fatto che il leader del Carroccio voglia o non voglia rompere l'alleanza di governo con i 5 stelle». Ma attenzione al resto: «Mattarella, ha aggiunto la fonte, ha già fatto sapere che o si va a votare presto, in modo da avere un governo in carica per ottobre, oppure nei primi mesi del prossimo anno, in modo da non far saltare la manovra di bilancio per il 2020».Va precisato che, in base alle leggi italiane, dal momento dello scioglimento delle Camere, la campagna elettorale può durare da 45 a 70 giorni. Ma alla Verità risulta che il capo dello Stato ne pretenda 60 per assicurare le procedure relative al voto degli italiani all'estero. E allora immaginiamola la tempistica efficace: scioglimento delle Camere pressoché immediato, entro pochi giorni, ad esempio il 29 luglio; voto domenica 29 settembre; prima convocazione delle Camere ed elezione dei relativi presidenti entro una decina di giorni; entro altri 10-15 giorni, insediamento delle commissioni. E nel frattempo, nomina del governo. Dunque, ammesso (e concesso) che venga fuori una maggioranza chiara, il nuovo governo e il nuovo Parlamento potrebbero essere pienamente operativi per la fine di ottobre o la prima settimana di novembre. A onor del vero, in base al «Two Pack», il doppio regolamento Ue che fissa il calendario comune per i bilanci degli stati membri, già il 15 di ottobre ogni paese dovrebbe inviare a Commissione ed Eurogruppo un testo che assomiglia moltissimo alla manovra. Tecnicamente si chiama «Progetto di documento programmatico di bilancio». E già cinque giorni dopo, il 20 ottobre, se si fosse in una tempistica ordinaria, la manovra dovrebbe essere formalmente presentata alle Camere (nella forma compiuta del disegno di legge di bilancio). Da questo punto di vista, l'ideale sarebbe stato comprimere un po' la campagna elettorale (farla durare 45 giorni), e votare il 15 settembre. Ma è evidente che, dinanzi a una scelta del Quirinale per il 29 settembre, queste scadenze non potrebbero che slittare. Quindi, si può fare. Ma non bisogna sbagliare di un millimetro. E soprattutto occorre che, dopo la nascita del nuovo governo e la presentazione della manovra, il lavoro parlamentare proceda come un treno puntualissimo. Il termine che non può assolutamente essere mancato è l'approvazione finale della manovra da parte delle due Camere entro il 31 dicembre. Guai a sforare: il rischio si chiamerebbe «esercizio provvisorio» (che scatta se la nuova manovra non viene definitivamente approvata entro il 31 dicembre), e il trappolone si tradurrebbe nell'addio all'approvazione immediata della flat tax. L'esercizio provvisorio consisterebbe infatti nella mera gestione dell'ordinaria amministrazione, sulla base della legge finanziaria precedente, senza altri provvedimenti di spesa. E attenzione, perché a quel punto le conseguenze sarebbero pesantissime. Primo: scatterebbero le clausole di salvaguardia (per ben 23,1 miliardi), sotto forma di pesantissimi aumenti Iva, in pratica un'altra botta ai consumi e alla crescita. Secondo: saremmo legati al pilota automatico di Bruxelles. Terzo: nessuna flat tax. Quarto: nessun altro provvedimento di spesa, se non quelli già fissati dalla manovra precedente. Sarebbe una specie di dono «avvelenato» per i vincitori delle elezioni: ok, avete vinto, ma ancora per alcuni mesi siete costretti a non poter realizzare il vostro programma fiscale, e anzi a rimanere incatenati alla situazione precedente. Ecco perché occorre fare presto ed essere puntuali. Lo ripetiamo ancora: si può fare, senza neanche sacrificare o comprimere in modo eccessivo i tempi di esame parlamentare della manovra. Da questo punto di vista, la Lega, dovrebbe temere - più che i grillini - solo eventuali «scherzetti» da qualche palazzo romano. Anche un piccolo slittamento, anche un po' di sabbia nell'ingranaggio, potrebbero far cadere l'Italia nell'esercizio provvisorio. Ma, facendo presto e con una gestione parlamentare efficace, si potrebbe tranquillamente presentare la manovra, approvarla entro fine anno, varare la flat tax. Ed evitare commissariamenti o piloti automatici esterni. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mattarella-avverte-voto-prima-di-ottobre-o-se-ne-riparla-allinizio-del-2020-2639278757.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-leghisti-allargano-lo-strappo-su-autonomie-e-ministri-grillini" data-post-id="2639278757" data-published-at="1758121475" data-use-pagination="False"> I leghisti allargano lo strappo su autonomie e ministri grillini «Fino a che sarò seduto a Palazzo Chigi il governo avrà tutta la forza di rispettare tutti gli impegni istituzionali, compresa la manovra». Quel «fino a che» pronunciato dal premier Giuseppe Conte vale quanto una intera conferenza stampa: la giornata di ieri è stata se possibile la più complicata per la tenuta del governo. Matteo Salvini ha disertato il Consiglio dei ministri e il vertice sull'autonomia, mentre Davide Casaleggio faceva la sua apparizione alla Camera e al Senato: due indizi non fanno una prova, tre sì, e il terzo segnale che il governo possa avere ormai i giorni contati è la raffica di critiche rivolte a Conte dai governatori di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, sull'autonomia, e dai capigruppo leghisti, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, sulla difesa a spada tratta dei ministri del M5s Danilo Toninelli e Elisabetta Trenta, nel mirino del Carroccio. Riavvolgendo il nastro delle scorse 24 ore, si parte con Luigi Di Maio, capo politico pentastellato, che di buon mattino tende la mano a Salvini: «Escludo che possa esserci una crisi. Sono dinamiche di governo con due forze politiche diverse. Se sospettassi di Salvini, non sarei al governo. In questo anno», dice Di Maio, «siamo stati noi due, a mandare avanti questo governo. Anche nei momenti di massima tensione abbiamo trovato un punto. Anche io ho delle critiche da fare ad alcuni ministri della Lega. Il commissario europeo alla Concorrenza è fondamentale per l'Italia e deve essere della Lega. Credo che», propone Di Maio, «sia giusto incontrarsi con Matteo Salvini. Troviamo come sempre un punto per continuare. Ed andiamo avanti». Salvini risponde attaccando Toninelli e la Trenta: «C'è un evidente e totale blocco sulle proposte, iniziative, opere, infrastrutture da parte alcuni ministri del M5s che fa male all'Italia. Niente di personale, Luigi Di Maio è persona corretta e perbene, ma sono inaccettabili i no e i blocchi quotidiani di opere e riforme da parte dei M5s. Toninelli, con centinaia di cantieri fermi, che blocca la Gronda di Genova, che toglierebbe migliaia di auto e di Tir dalle strade genovesi; Trenta che propone di mettere in mare altre navi della Marina, rischiando di attrarre nuove partenze e affari per gli scafisti. Rimpasto? Noi», aggiunge Salvini, «stiamo lavorando ai progetti e alle cose da fare, non alle poltrone». Alle 12.45 inizia il Consiglio dei ministri - al quale non prende parte Salvini - che si conclude dopo un'ora; subito dopo inizia il vertice sull'autonomia. Al termine, si viene a sapere che è stato soppresso l'articolo 12 del testo, che prevedeva l'assunzione diretta dei docenti su base regionale. Nulla di deciso, invece, su risorse finanziarie e soprintendenze. Il M5s esulta. Conte fa l'equilibrista: «Io sono soddisfatto della mia squadra», dice il premier a proposito delle critiche di Salvini verso Toninelli e Trenta, «stanno operando mediamente tutti molto bene. Quando mi verranno fatte delle rilevazioni dalle due forze di maggioranza le prenderò in considerazione, ma l'ultima volta che ho parlato con loro non ci sono state alcune osservazioni su nessun ministro. Sono lieto di annunciare», aggiunge Conte, «che abbiamo fatto significativi passi avanti sulle autonomie. Intravediamo la dirittura finale». Negli stessi istanti, Davide Casaleggio si materializza alla Camera e al Senato. Il presidente dell'associazione Rousseau, leader ombra del M5s, secondo fonti pentastellate ha avuto incontri con i parlamentari in vista della manifestazione nazionale del prossimo ottobre a Napoli. Non ci crede nessuno: è evidente che se Casaleggio è piombato a Roma, il momento è cruciale. Nel tardo pomeriggio, partono le cannonate leghiste contro Conte: «Con il no alla Gronda», dichiara il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, «la misura è davvero colma. Toninelli è il ministro del no, ed è incomprensibile che il premier Conte prenda le sue parti quando sa bene che il Paese ha bisogno di ripartire e non di essere bloccato per paura di sbagliare». «Le parole del presidente Conte», affonda i colpi il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, «lasciano esterrefatti: l'azione di governo è innegabilmente frenata da incomprensibili no e continui pareri ostativi. Difficile comprendere, dunque, le ragioni della soddisfazione del presidente del Consiglio, soprattutto nei confronti di alcuni ministri che bloccano vitali opere. Non saremo disponibili», aggiunge Romeo, «a farci corresponsabili di chi non ha a cuore gli interessi delle imprese e della nostra economia. Resoconti giornalistici delle ultime ore raccontano di un presunto accordo segreto tra Ursula Von der Leyen e il ministro Elisabetta Trenta per condizionare il voto degli europarlamentari M5s per la presidenza della Commissione europea. Cosa nasconde questo patto a due? Se fosse vero, sarebbe gravissimo e inaccettabile». Subito dopo, i presidenti di Veneto e Lombardia si scatenano contro Conte sull'autonomia: «Resto basito», affonda i colpi Luca Zaia, «davanti all'ennesimo rinvio. Sono trascorsi 636 giorni dal referendum, più di un anno dalla formazione di questo governo. Conte non può prestarsi a procrastinare ancora. Ci sentiamo presi in giro da lui. È allucinante! Non siamo più disposti ad aspettare. A nome dei 2 milioni 328.000 veneti che hanno votato per il sì all'autonomia», avverte Zaia, «dico che siamo stanchi, stanchissimi. La misura è colma». «Mi ritengo assolutamente insoddisfatto», dichiara Attilio Fontana, «dell'esito del vertice sull'autonomia. Abbiamo perso un anno in chiacchiere. Se le premesse sono queste, da parte mia non ci sarà alcuna disponibilità a sottoscrivere l'intesa. Sono deluso anche da quello che ha detto il premier Conte, perché ha ricominciato a fare quelle affermazioni di carattere generale legate alla frammentazione del Paese, dimostrando di non voler arrivare a una soluzione concreta». «Non rispondiamo», replica il M5s in serata, «e non risponderemo più a nessun attacco. Tutto il M5s, dagli eletti agli attivisti, danno pieno sostegno ai ministri Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta».
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)