
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Ci siete riusciti?
«Oggi abbiamo dati economici strepitosi, che francamente non immaginavamo nemmeno noi. Le agenzie di rating promuovono il Paese. Il Financial Times dice che siamo un modello da imitare».
Titolo dell’articolo: «L’Europa dovrebbe imparare dall’Italia».
«Abbiamo creato un milione di posti di lavoro in meno di tre anni. Quello che Berlusconi voleva fare in un’intera legislatura, siamo riusciti a ottenerlo in metà tempo».
Avete mantenuto le promesse?
«Promesse è una parola che non mi piace. Se ne sono già sentite tante in passato».
Chi le farebbe?
«La sinistra: parla per slogan, discute di misure irrealizzabili. Noi abbiamo messo nel programma solo cose fattibili».
Riformuli, allora.
«Abbiamo mantenuto gli impegni».
Istat e Bankitalia eccepiscono sul taglio dell’Irpef: favorirebbe i benestanti.
«Non bisogna guardare il singolo provvedimento, ma tutte le leggi di bilancio. Se si mettono in fila, il disegno diventa chiaro».
Ovvero?
«Abbiamo iniziato con i redditi più bassi. Ora ci concentriamo sul ceto medio, proprio come avevamo detto».
Ci saranno modifiche in Parlamento?
«No, è tutto coerente con il programma».
Intanto, la riforma della giustizia è legge.
«Adesso i cittadini, dopo trent’anni, avranno finalmente la possibilità di renderla legge costituzionale».
Sprizza ottimismo.
«Nessuno c’era mai arrivato. È un traguardo storico, nonostante ci abbiano provato tutti: persino improbabili personaggi, come molti esponenti del Pd, che sono contro questa riforma».
Vanta più estimatori di quanto si immagini?
«Anche all’interno della magistratura».
Il referendum andrà bene, dunque?
«Sono molto ottimista».
Le toghe, in effetti, non sono amatissime.
«Come la politica deve riacquisire credibilità, anche la magistratura deve riconquistare la fiducia dei cittadini. La riforma aiuterà».
Avanza pure il premierato?
«È imprescindibile».
Perché?
«Abbiamo dimostrato che la stabilità politica è un valore irrinunciabile. Ora non possiamo più farne a meno. In due anni, con il calo dello spread, si sono risparmiati 13 miliardi. Bisogna completare la riforma entro la fine della legislatura».
Lei guida anche il centro studi del partito. Insinuano: è il capo della propaganda meloniana.
«Il giochino, ormai, s’è capito: una certa stampa ottiene questi documenti interni, poi li attribuisce al governo. Vuol dire che sono fatti bene, per carità. Ma è una mistificazione giornalistica».
Illuminate il cammino degli eletti?
«Studiamo ogni provvedimento, poi lo traduciamo in parole semplici e immediate. Aiuta i parlamentari a essere sempre aggiornati, chiarendo anche le posizioni del partito».
Diffondete il verbo.
«Gli diamo strumenti per fare bene il loro lavoro. Non capisco perché desti tanto clamore il fatto che Fratelli d'Italia abbia un ufficio studi. Io, invece, trovo incredibile che non ce l’abbiano pure gli altri».
Quindi Filini non è l’ideologo?
«Ma quale ideologo! Sono un militante».
Visto che ha ereditato i due ruoli di Giovanbattista Fazzolari, concludono: è il fedelissimo del potentissimo.
«La classe dirigente di questo partito è fatta da persone che si frequentano da oltre trent’anni. Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi. Siamo una generazione cresciuta insieme. Non riescono proprio a capirlo».
Lei è anche capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione di vigilanza Rai. Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, vi ha detto di essere stato pedinato su ispirazione del sottosegretario alla presidenza.
«Ma cosa significa? Lo avrebbe sognato nottetempo?».
Fazzolari vuole denunciare Ranucci.
«Difendersi da accuse tanto gravi quanto infondate è un suo diritto. La sinistra, che lo dipinge come un attacco alla stampa, è in malafede».
La Rai è faziosa?
«Sta facendo del suo meglio per riportare un po’ di pluralismo. Ma c’è ancora tanto da fare».
Per l’opposizione, sarebbe diventata TeleMeloni.
«Un’altra enormità. Fa sorridere. Ed è smentita pure dai dati dell’Osservatorio di Pavia: il Tg1 la cita molto meno rispetto a quanto avveniva in passato, con Draghi o Conte. Adesso i telegiornali sono molto più equilibrati. TeleMeloni è solo l’ennesima forzatura della sinistra, sempre a corto di idee, che deve raccontare qualcosa ai propri elettori».
Quindi, rimane un’azienda schierata?
«Ha subìto per anni una militarizzazione. Resta molto evidente».
Incombono le regionali. In Veneto, dove la vittoria è scontata, avanza un unico dilemma: avrete un voto in più della Lega?
«Alle europee abbiamo già preso il 37%. Loro hanno l’onore di esprimere il presidente, quindi partono con un vantaggio. Ma sono convinto che faremo un ottimo risultato, in netta crescita rispetto alle ultime regionali».
È stata una grande rinuncia?
«Abbiamo una classe dirigente solida e strutturata. Possiamo esprimere un candidato in qualsiasi regione. A Fratelli d’Italia spetta governare, prima o poi, una delle grandi regioni del Nord».
La Lombardia?
«Il partito dirà la sua».
Intanto, i sondaggi danno in rimonta il viceministro Edmondo Cirielli, aspirante governatore campano.
«In fortissima rimonta. Alle ultime elezioni, Stefano Caldoro arrivò al 18%. Adesso siamo vicini al centrosinistra. Mancano due settimane. C’è ancora tempo per fare il miracolo».
E in Puglia?
«Puntiamo su Lecce, dove siamo fortissimi. Nel fine settimana, sono stato lì con Arianna».
Sorella di Giorgia e responsabile della segreteria politica del partito.
«Ovunque vada, viene sempre accolta da un affetto inimmaginabile».
Filini, nonostante i decisivi incarichi, ama più suggerire che apparire?
«Mi piace lavorare. Quando abbiamo creato Fratelli d’Italia, volevamo solo ridare una casa alla destra italiana».
Però?
«Ci troviamo al governo. Sentiamo la responsabilità di dover fare bene. Voglio dare il mio contributo, come fanno tanti. I ruoli ricoperti nel frattempo sono soltanto funzionali a un progetto. Nasco militante e voglio morire militante».
Il potere non la affascina?
«No, mi fa paura».
Perché?
«Ti seduce, ti ammalia, ti rende egoista. Abbiamo visto tante persone finire sotto questo giogo. Ma noi siamo cresciuti con la metafora del Signore degli anelli. Non c’è cosa più bella che rimanere fedeli a sé stessi».
Insegna il mitologico protagonista.
«L’anello va portato come faceva Frodo: al collo, legato a una catenella, senza indossarlo. Altrimenti si diventa schiavi del potere».
Ironizzano.
«Non capiscono il messaggio dietro quell’allegoria. Oppure, non lo condividono».
Vi prendono un po’ per matti.
«Lo capisco. Ma cerchiamo di continuare a essere quelli che eravamo. Inizi a fare politica da ragazzo perché ci credi, non perché vuoi fare carriera. Non pensavamo di poter diventare nemmeno consiglieri di un municipio».
A che età ha cominciato?
«Avevo 14 anni. Ero al primo anno di liceo. A ottobre partirono le occupazioni. I collettivi volevano imporci il loro pensiero. Per andare a scuola, passavo da piazza Bologna, dove c’era una sezione del Fronte della gioventù. Un giorno decisi di iscrivermi».
Quando ha conosciuto la futura premier?
«L’ho vista per la prima volta durante un corteo studentesco. Era già una leader. Aveva una dialettica straordinaria. Noi eravamo in minoranza, dovevamo sgomitare. Ma Giorgia teneva testa a tutti».
E lei?
«Ricordo ancora il mio primo trauma politico».
Cos’è successo?
«Partecipavamo a un’assemblea con l’allora ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer. Come sempre, c’era solo gente di sinistra. Giorgia mi incoraggiò a chiedergli una cosa un po’ provocatoria: perché mancava la storia delle foibe nei libri di testo? A metà domanda, provarono a colpirmi con un casco».
Filini, militante dal 1993.
«Non c’è molto da aggiungere».






