2023-07-03
Clemente Mastella: «Giorgia, vai sul predellino e avrai l’Ue»
Clemente Mastella (Imagoeconomica)
Il sindaco di Benevento: «La Meloni deve fare il campo largo e guardare al centro: faccia il suo Pdl. Se ci riesce verrà proiettata al governo dell’Europa. Boccio la Schlein: se il Pd scivola sempre più a sinistra perderà ancora».«Giorgia Meloni salga sul predellino. Il campo largo lo deve fare lei. Guardi al centro, più che a destra. E fondi un nuovo grande partito dei moderati. È un’occasione unica, in Italia e in Europa». Elly Schlein? «Finché si buttano a sinistra continueranno a perdere». Clemente Mastella, sindaco di Benevento e navigatissima intelligenza democristiana, nonché rappresentante della formazione Noi di centro, si diverte, in chiusura di stagione, ad assegnare le pagelle ai protagonisti della politica italiana. Cominciamo dal premier? «Giorgia Meloni è promossa con qualche nota a margine. Le consiglio solo di non esasperare i toni con Bruxelles. Non è vantaggioso».Cioè?«Lei era guardata in Europa come me, giovane politico sbarcato a Roma da Ceppaloni: mi trattavano un po’ da cafone. Oggi il talento della Meloni mi pare riconosciuto anche oltreconfine, anche se, quando fa una battuta fuori posto, agli altri la perdonano e a lei ancora no». Però?«Però oggi con l’Europa devono fare i conti tutti, anche i cosiddetti patriottici. Non dico che dev’esserci subordinazione, ma neanche contrasto continuo. Altrimenti ce la faranno pagare». Il Mes sarà usato come merce di scambio in una trattativa con Bruxelles sul Pnrr?«Quando arriva la frana, il Mes è la vanga con la quale potrai spalare. La trattativa può starci, ma non deve suonare come un ricatto. Un po’ tutti i Paesi vedono all’orizzonte guai economici, e se la tensione sale troppo, il rischio è che a un certo punto ognuno cominci a pensare per sé». Quando è partito il governo, lei disse che Meloni doveva essere un po’ democristiana e un po’ draghiana. Ha seguito il consiglio?«Sta spingendo tantissimi Draghi-boys, e da questo punto di vista è più draghiana di Draghi». Serve una svolta?«Il campo largo lo deve fare la Meloni, non la sinistra. Deve diventare leader di un’area moderata che possa avere peso in Europa. Insomma, anche Giorgia Meloni deve salire sul predellino. E farsi il suo Pdl, come Berlusconi». Come fosse l’erede del Cav?«Esattamente. E sarebbe anche più forte, perché andrebbe a fare da tramite pure con gli ungheresi e i polacchi, attenuandone le intemperanze. Prima però deve tagliare gli ultimi ponti con il passato tradizionalista. La formula è: più Mes, meno Msi».Se riuscisse?«Verrà proiettata al governo dell’Europa, insieme ai popolari. Se invece non ce la fa, i popolari europei continueranno ad avere mani libere assieme ai socialisti e ai macroniani». Proseguiamo con le pagelle: Matteo Salvini?«Lo promuovo, anche se in passato non mi ha trattato benissimo: però devo dire che ultimamente sta facendo più il ministro che il capopartito. Lo apprezzo». Più concreto e meno rumoroso?«Non so se il ponte sullo Stretto resterà nel libro dei sogni, però su alcuni temi concreti sta cercando di smuovere la palude. Prima lo vedevo troppo impulsivo, continuava a girare ovunque, mentre adesso mi sembra stia seguendo la lezione di De Mita: “Ogni tanto, fermati e pensa”». Elly Schlein: promossa o bocciata?«Sono costretto a bocciarla. E infatti io preferivo Bonaccini. D’altronde, se scivoli a sinistra e non bilanci al centro, non c’è niente da fare: continuerai a perdere». Questa la profezia?«Il centro esercita ancora la funzione di mitigare le asprezze, i fanatismi, le esagerazioni ideologiche. Non puoi fare finta che non esista».E le elezioni in Molise lo dimostrano?«Nella famosa “limonata di Campobasso”, cioè l’incontro Schlein-Conte-Fratoianni, io non ho visto un solo moderato. Al tavolo c’era un 5 stelle, una di sinistra, e uno ancora più di sinistra. Così, altro che limonata: rimarrai spremuto. Siamo lontanissimi dall’Ulivo…».Perché?«Il centrosinistra vinse le elezioni nel 2006, anche se di misura, grazie al centro. È un dato di fatto. Da quando la coalizione si è sbilanciata a sinistra, non ha più vinto le elezioni. Certo, è tornata al governo più volte: ma sempre in maniera stramba, per vie traverse».Quindi il patto Pd-5 stelle è la strada sbagliata?«Io dico che il centrodestra, con tutti i suoi problemi, una solidarietà di fondo tra gli alleati ce l’ha. Quella tra Conte e Schlein mi pare una semi-solidarietà, una cosa che la gente proprio non capisce». Cosa vuol dire semi-solidarietà?«Fanno finta di volersi bene, ma non c’è fiducia. Come si dice dalle mie parti, “a futti i compagni”. Così non si va da nessuna parte. Che cosa propongono agli italiani? Qual è la speranza, quale il sogno che proponi?».Previsione per le prossime Europee?«Chi guadagnerà di più in termini di consenso è ancora la Meloni. Schlein non andrà male, e potrà tenersi la segreteria: ma saranno solo voti movimentisti, con cui in termini di strategia politica si fa poco e niente. C’è poco da fare: da quelle parti la scemenza storica l’hanno fatta quando hanno fondato il Pd, mettendo insieme sinistra e democristiani. E infatti mi sono rifiutato di partecipare».Lei alle Europee ci sarà?«Certo, anche se dovrò fare sintesi con qualcuno per superare la soglia di sbarramento». E poi?«E poi, fin quando ho la forza fisica, vorrei continuare a fare il sindaco di Benevento. Siamo la provincia che è stata più abile ad investire i fondi del Pnrr. A proposito: perché i governatori possono fare il terzo mandato, e noi sindaci no? Mi pare un’idiozia costituzionale». Per chiudere con il pagellone: la coppia centrista Renzi-Calenda. «Siccome non si capiscono tra di loro, non li capisce nessuno. E poi sul territorio non hanno un voto: anche se Renzi è un bravissimo venditore di sé stesso». Cioè?«Nel Molise, per ragioni di amicizia, ho sostenuto il presidente eletto, insieme all’Udc e Italia viva. Risultato? Il mio segretario regionale ha preso 4.000 voti, quello di Renzi solo 400, ma il senatore va in giro a dire che abbiamo vinto grazie a lui». E come si spiega?«Si spiega col fatto che Matteo Renzi è un campione a fare ammuina». Ammuina?«Come la regia marina di Franceschiello di Borbone: per darsi un tono, chi stava a poppa andava a prua e viceversa, solo per il gusto di fare casino. Come certi gorilla che si battono il petto senza attaccare mai. Così fa Renzi». Riconoscerà che il senatore fiorentino ha innegabili qualità tattiche.«Verissimo, però non ha voglia di consumarsi le scarpe in periferia, tra la gente, per costruire il partito. È lo stesso tipo di sofferenza che colpì Craxi». Che c’entra Craxi? «Persa la poltrona di presidente del Consiglio, Craxi entrò in depressione. C’era da capirlo: prima trattava con i grandi del mondo, e dopo con il segretario di sezione di Roccacannuccia». E quindi?«Allo stesso modo, Renzi ha fatto il premier giovanissimo: oggi tornare a occuparsi di Isernia per lui è una frustrazione, e infatti è più allettante andare a fare conferenze con lo sceicco. Da questo punto di vista, Berlusconi ha dato una lezione importante». Quale?«Anche sul picco di popolarità e di consenso, Berlusconi è rimasto umile, ha continuato a ricevere e stringere la mano a tutti. Per far questo devi avere dentro una grande pazienza». Lei divenne ministro nel primo governo Berlusconi, nel 1994: aneddoti?«Le racconto questa. Eravamo io, Pierferdinando Casini e Francesco D’Onofrio. Atterriamo a Linate, e io pago di tasca mia le centomila lire al tassista. Direzione Arcore». E poi? «Era una giornata particolare, un’indagine aveva colpito il fratello di Berlusconi. Ci fecero fare parecchia anticamera, e il Cavaliere non si vedeva. Io girovagavo, e mi accorsi che lui teneva dei cioccolatini in tutte le stanze della villa, ma proprio dappertutto».E dunque?«E dunque in tre ore di attesa ci siamo fottuti tutti i Ferrero Rocher che c’erano ad Arcore». È una confessione?«D’altronde eravamo tre democristiani uno più ghiotto dell’altro. Alla fine si materializza il Cavaliere e fa una cosa inaspettata: dopo cena, si mette al pianoforte e inizia a cantare. Era l’inno di Forza Italia, nuovo di zecca».E voi?«Rimasti di sasso. Era l’ultima cosa che potevamo immaginare: una musica per un partito? Noi della prima repubblica siamo rimasti a guardarlo con stupore e ammirazione. Era cambiato tutto, in politica, ma in quei giorni ancora non l’avevamo capito. Lui invece sì».
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)