2023-05-21
Mario Somma: «Puntiamo su qualità e autenticità. E facciamo dei capi con il carbonio»
Il co-fondatore della Somma&C: «Lo scorso anno abbiamo fatturato 7 milioni di euro, continuiamo a crescere. A giugno porteremo a Pitti dei capi imbottiti rivoluzionari. E voglio aprire un negozio monomarca a Milano».Le rose David Austin all’entrata e lungo un lato dell’azienda («ogni tanto esco a fare due passi per sentirne il profumo»). Nella sua grande stanza di lavoro, ci sono tante foto di barche a vela appese al muro («si nasce con il mare dentro»). Mario Somma, co-fondatore della Somma&C, è un insieme di passioni travolgenti. «La barca che sto finendo di restaurare, un Sangermani del 1968, diventerà una meraviglia». Ma per questo imprenditore a tutto tondo, ciò che conta davvero è il suo lavoro: fare maglieria d’eccellenza così come gli hanno insegnato da 120 anni. Il marchio Svevo, infatti, è indissolubilmente legato alla storia della famiglia Somma, che nel secolo scorso trasformò il proprio talento manifatturiero in una vera e propria arte della maglieria.Da dove si parte? «Da Nicola Somma, mio bisnonno e pioniere di questa impresa. Abile commerciante di maglieria, nel 1892 arrivò da Napoli a Bari, occupando la centralissima via Gimma con la sua visione carica di intuizione e determinazione. Le origini di Svevo risuonano nel nome stesso del brand, ispirato al famoso castello normanno-svevo di Bari, città dove Nicola avvia la propria catena di negozi di maglieria da uomo e da donna, inaugurando il lungo corso di un’impresa italiana che ancora oggi punta sui valori della qualità e dell’autenticità» .Lei e sua sorella Vittoria rappresentate la quarta generazione: ne avete fatta di strada. «Fino a sedici anni fa abbiamo lavorato solo private label come azienda produttiva. Primo cliente Hermès, il più importante e il più longevo, ma poi anche per tutti gli altri grandi nomi francesi. Mio padre Nico, che aveva la testa più business oriented sulla Francia, ha avuto importanti insegnamenti da Pierre Cardin, di cui era licenziatario dagli anni Sessanta fino agli Ottanta. Dopo Bari, Parma e poi Fidenza allorché Alberto Masotti, allora proprietario di La Perla, ci chiese di risollevare le sorti di un suo marchio di maglieria, la Avon Celli. Quel marchio è finito in un cassetto mentre noi abbiamo continuato con Svevo. Ed è iniziato un nuovo capitolo alla storia manifatturiera della famiglia».Somma & C: per che cosa sta la C? «Nel tempo abbiamo avuto tre soci: prima La Perla, poi Les Copains e ora Kiton, che è socio ma anche cliente e impiega il 50% della nostra produzione. Come detto, abbiamo fabbricato per Hermès e ciò rappresentava l’80% delle entrate. Ma non potevamo dipendere da un cliente così importante senza che partecipasse al capitale. Così è nato l’accordo con il gruppo Kiton, che controlla oggi il 60%».Suo padre Nico diceva che lavorate come una vera e propria sartoria. È ancora così? «Non siamo mai cambiati e questa è la nostra forza. L’arte della maglieria è l’unica capace di combinare artigianalità e innovazione in un processo estremamente avanzato, che richiede almeno 24 fasi distinte per ogni capo, di cui oltre la metà effettuata a mano. La prima fase riguarda l’ottimizzazione della qualità dei filati, ripassati all’interno di uno speciale macchinario che, attraverso lo scorrimento di dischi appositi, rilascia la quantità di cera necessaria e corrispondente al tocco e alla morbidezza desiderati. Il filo naturale è setacciato e raffinato per ottenere la massima delicatezza e leggerezza. In seguito, ogni gomitolo è stoccato all’interno di un armadio-contenitore umidificante, dove la fibra naturale riposa per circa tre giorni acquisendo ulteriore elasticità e duttilità. I telai utilizzati rappresentano il fiore all’occhiello di Svevo, guidati costantemente dalle mani dell’uomo. La tessitura e rifinitura di ogni capo è realizzata con telai inglesi Bentley unici al mondo - Cotton 36 e 42 Gauges - e risalenti agli anni Cinquanta. Originalmente adoperati per la produzione di calze, queste autentiche fuoriserie della manifattura sono state riprogrammate per la produzione della maglieria grazie all’integrazione di programmi computerizzati e sistemi tecnologici d’avanguardia».Ci sono novità in vista per quanto riguarda le vostre collezioni? «Tre capi in membrana di carbonio, un progetto brevettato nato qui. Il carbonio è termoregolatore, protegge dai campi magnetici, è elastico e resistente, è riciclabile e sostenibile, arriva dalla terra. Abbiamo unito il carbonio alla seta, al cotone, al cashmere, la membrana ma anche il filo, più sottile di un capello. Siamo riusciti a ricoprire un’anima di nylon con polimeri di carbonio: 52% carbonio, 48% nylon. Nella testa di chiunque, il carbonio è il materiale più duro del mondo: è usato sulle barche, nella Formula 1, nel ciclismo. Con il carbonio tagliano i diamanti. Noi ci facciamo capi imbottiti: piuma d’oca, membrana da una parte e maglia dall’altra, nell’inverno cashmere e seta, nell’estivo cotone e carbonio. Li porteremo al Pitti a giugno».Quali sono i numeri della vostra azienda? «Nel 2022 abbiamo registrato un fatturato di 7 milioni di euro e siamo in continua crescita. Oltre a Svevo, produciamo anche per terzi. Abbiamo chiuso l’esercizio con un +20% sull’anno precedente, che a sua volta aveva visto il medesimo miglioramento sul 2020 e crediamo che questo trend positivo si manterrà anche per l’anno in corso. Per la produttività, i dipendenti prendono uno stipendio in più».Cosa c’è nel futuro di Svevo? «Un negozio monomarca a Milano, nel Quadrilatero della moda, dove abbiamo già tre opzioni. Abbiamo un partner che vorrebbe aprire cinque o sei negozi in Svizzera. Ma, prima di tutto, dobbiamo arrivare a Milano. Da lì si potrà partire per tutto il resto».