2021-11-22
Marco Zanni: «Sui migranti l’Europa non può farsi ricattare dai dittatori»
L'eurodeputato leghista: «Turchia, Libia, Bielorussia. Non basta dare soldi al bulletto di turno. L'ha capito anche il Ppe, favorevole a costruire un muro sul confine polacco».«È mancata la sincerità. Per imporre restrizioni e obblighi servirebbe quanto meno una buona dose di trasparenza: solo così convinci i cittadini che a muovere certe decisioni è la razionalità e non la confusione». Marco Zanni, europarlamentare della Lega e presidente del gruppo Identità e Democrazia, come in un eterno gioco dell'oca molti Paesi europei stanno tornando al punto di partenza: restrizioni e lockdown. Che cosa non ha funzionato?«La politica si è purtroppo lasciata trascinare dal caos: non c'è stata la ragionevolezza necessaria nei momenti di difficoltà. I governi hanno dovuto prendere delle decisioni impopolari, ai cittadini sono state imposte limitazioni dure e nella confusione è mancata una corretta valutazione su come il virus si sia evoluto: un anno fa si parlava di immunità di massa e oggi scopriamo che non è raggiungibile, nonostante le alte percentuali di vaccinazione. Il virus è tornato a circolare ovunque, come dimostrano i dati provenienti da ogni parte d'Europa, così si torna a parlare di contromisure». Attaccare i non vaccinati serve a nascondere questa confusione?«Senza dubbio. Oggi il ritornello comunicativo è uno solo: “Questa è la pandemia dei non vaccinati". Peccato che il ciclo del virus sia un altro e nessuno, dopo due anni di difficoltà e sofferenze, oggi si sente al sicuro. Emblematico è il caso del Parlamento Europeo: dopo aver lavorato per tornare in aula in piena sicurezza, ora si tornano a chiedere nuove restrizioni. È necessario lavorare, in Italia così come in Europa, per evitare le chiusure per tutti, unire senza alimentare scontri, specialmente in un momento così delicato come quello che stiamo attraversando».Molti governatori italiani, tra cui il leghista Massimiliano Fedriga, spingono per circoscrivere eventuali nuove limitazioni solo ai non vaccinati. La ritiene una strada percorribile?«Le Regioni, in primis quelle governate dalla Lega, sono in prima linea nella lotta all'epidemia e rappresentano un modello, anche per come hanno gestito la campagna di vaccinazione. Nessuno conosce i territori meglio dei nostri governatori. Per quanto mi riguarda, non credo che proporre limitazioni solo per i non vaccinati sia una strada percorribile e non credo aiuterebbe a risolvere la situazione. Scaricare le difficoltà su un capro espiatorio non è giustificabile, non giova a nessuno».Il governo non esclude la possibilità di un «super green pass», limitato solo ai vaccinati e ai guariti. L'ipotesi la convince?«Mi sembra un controsenso, dal momento che il tampone garantisce una buona dose di sicurezza. Abbiamo constatato che il virus può essere trasmesso anche da persone vaccinate, un Super Green pass potrebbe dare un senso di falsa sicurezza. Rischiamo un effetto boomerang promettendo sicurezza dove non c'è». È partita la corsa per accaparrarsi le pillole anti-Covid: teme gli stessi problemi di approvvigionamento che l'Unione Europea ha dovuto affrontare con i vaccini?«A differenza dei vaccini, che per tutti erano la grande speranza di normalizzazione, le pillole hanno avuto un minore impatto sull'opinione pubblica. L'approvvigionamento sarà più gestibile». A proposito di vaccini, non crede sia arrivato il momento di fare chiarezza sui contratti conclusi con le case farmaceutiche? «Ci hanno sempre detto che insieme siamo più forti. Peccato che un Continente che rappresenta 400 milioni di persone non abbia ancora la necessaria forza contrattuale per contrastare il potere delle multinazionali. Come Lega, abbiamo fatto un lavoro importante nel gruppo di contatto tra Parlamento e Commissione sul tema dell'approvvigionamento, sul tavolo resta ancora quello della piena trasparenza, necessaria quando in ballo ci sono i soldi e soprattutto la salute dei cittadini». Europa debole con i grandi, ma anche con i piccoli: sul fronte dell'immigrazione, l'Unione si è arresa al ricatto del dittatore bielorusso Alexander Lukashenko?«Non è la prima volta, l'Europa ha una certa condiscendenza nei confronti dei bulletti di turno, dai quali si è lasciata ricattare in questi anni: la Turchia, la Libia, ora la Bielorussia. È illogico, non hanno intenzione di risolvere il problema come sarebbe giusto fare». Come?«La Commissione Europea e alcuni leader si rifiutano di accettare un concetto elementare: in un Paese civile si entra solo in modo regolare. L'immigrazione irregolare è un reato e come tale va combattuta. Su spinta tedesca, a Bruxelles hanno pensato di risolvere il problema dando soldi ai vari “dittatorunculi" e i risultati sono sotto gli occhi di tutti». Degli oltre 60.000 migranti sbarcati sulle nostre coste, appena un centinaio sono stati redistribuiti, nonostante le promesse.«I ricollocamenti non sono la soluzione, per due motivi: l'Europa non può farsi carico in termini demografici dei flussi migratori dei prossimi 30-40 anni; e poi, nessuno vuole la redistribuzione: non la vuole la Germania, né la Francia, e neanche i governi socialisti, che fanno tanto i buonisti. L'asse deve essere spostato dalla redistribuzione alla protezione dei confini esterni e mi sembra che il vento stia cambiando». Che cosa intende?«Se il capogruppo dei Popolari, Manfred Weber, dice che l'idea di finanziare un muro in Polonia non è poi così male, tanto da non dispiacere neanche al presidente del Consiglio europeo Michel, evidentemente qualcosa sta cambiando. Qualche anno fa, questi signori inorridivano alla sola ipotesi di potenziare il muro al confine tra Stati Uniti e Messico, avanzata dall'ex presidente Trump. Non vorrei che con la prossima presidenza francese del Consiglio dell'Ue, Macron mandasse tutto all'aria: con una concorrenza forte a destra nel suo Paese, rischiamo di ritrovarci con un accrocchio buonista sull'immigrazione che non risolve il problema, ma lo peggiora». Perché ritiene la soluzione dei muri la migliore percorribile?«La soluzione è la protezione dei confini esterni, che si faccia con i muri, con le cortine di ferro o con qualsiasi altro mezzo. È l'unica ed è quella che utilizzano i Paesi in cui vige lo stato di diritto. Solo un'immigrazione regolare appartiene allo stato di diritto». Come proteggere un confine di mare come quello italiano?«Noi abbiamo fatto delle proposte: potenziamento dei pattugliamenti e una regolamentazione ferrea del ruolo delle Ong che operano sul mare. Se l'idea è quella di aiutare economicamente gli Stati di partenza, allora è bene che l'Unione concluda degli accordi per costruire in quei Paesi dei centri di raccolta per processare le richieste d'asilo, in maniera veloce e senza incidere sul territorio europeo».Si discute molto di un possibile matrimonio europeo tra i partiti di destra: sovranisti, conservatori e orbaniani, tutti insieme in un grande contenitore. Perché lei sarebbe favorevole?«È un'ipotesi necessaria, un beneficio per tutti. I partiti conservatori sono troppo disuniti al Parlamento Europeo: i Cristiano-democratici e i Conservatori si sono snaturati, lasciando campo libero alla sinistra, che oggi comanda in Europa. Riunirsi sotto un unico cappello è l'unica via possibile se vogliamo riportare certi temi identitari nell'agenda europea. Spero che tutti comprendano l'importanza di questo passo e rinuncino al particolare per il bene comune».Si riferisce a Giorgia Meloni? Da presidente dei Conservatori e Riformisti europei, non sembra essere convinta dell'ipotesi. Il suo no al vertice europeo delle destre di Varsavia è più di un segnale?«Negozio dal 2018 e le assicuro che non è solo un problema di Giorgia Meloni, ma una difficoltà strutturale di questi partiti a fare squadra. Ci troviamo in un momento di passaggio, in cui viene a mancare una leadership, quella della Germania a guida Merkel. Ci sono colleghi del partito Popolare che, quasi quotidianamente, manifestano il loro malcontento per la condotta degli ultimi anni. L'obiettivo al quale stiamo lavorando è quello di riportare al centro della politica europea i temi del centrodestra».In vista della partita del Quirinale, nel governo Draghi le posizioni si fanno meno concilianti: una maggioranza che bisticcia sulla capienza dei bus è in grado di votare provvedimenti di peso, come quelli legati all'attuazione del Pnrr? «La Lega non è entrata con leggerezza in questo governo, conoscendo gli elementi di cui è composto. È stata una scelta responsabile e di coraggio, che ha anteposto gli interessi del Paese a quelli di partito, perché senza di noi l'Italia sarebbe in mano al Pd e al M5s. Stiamo lavorando per portare a casa risultati importanti e sicuramente anche sul Pnrr faremo sentire la nostra voce, consapevoli che il governo di unità nazionale rappresenti una condizione temporanea: prima si torna alla normalità e meglio è».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)