2023-02-05
Dalla fisarmonica al microprocessore: il distretto della musica delle Marche
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Il tastierista dei Pink Floyd Richard Wright (al centro) suona un Farfisa Compact Duo prodotto a Castelfidardo (Getty Images)
Nata a Castelfidardo a metà Ottocento con le fisarmoniche, l'industria marchigiana degli strumenti sfornò prodotti apprezzati anche dalle star mondiali. Oggi nuove realtà altamente tecnologiche esprimono il meglio del Made in Italy.Si narra che l’origine dell’industria marchigiana degli strumenti musicali fosse nata all’ombra del santuario della Madonna di Loreto, quando un giovane del posto notò uno strumento mai visto nelle mani di un pellegrino austriaco e volle riprodurlo, migliorandolo. Mito a parte, lo slancio verso la nascita del distretto della musica marchigiano fu dato alla metà del secolo XIX grazie alla diffusione degli strumenti detti ad «ancia libera», una membrana di metallo libera di vibrare sotto il flusso d’aria di un mantice, il principio degli accordion diatonici e in seguito della fisarmonica. Quella linguetta metallica che gli artigiani chiamano ancora oggi «voce» fu alla base dello sviluppo del distretto industriale che ebbe il proprio epicentro a Castelfidardo (Ancona). Fu Settimio Soprani a fondare il primo marchio che si distinse dalla costellazione di piccoli artigiani che popolavano la cittadina e i dintorni nel 1872, specializzandosi nella costruzione in serie di fisarmoniche che presto furono suonate in tutte le ricorrenze della zona. All’inizio del Novecento l’azienda aveva già 400 dipendenti e i suoi strumenti iniziarono a essere apprezzati e richiesti all’estero dove l’emigrazione italiana verso la Francia, gli Stati Uniti e l’Argentina aveva fatto conoscere le fisarmoniche marchigiane. Tra le due guerre alla Soprani si affiancò un altro produttore apprezzatissimo nel mondo, la Scandalli di Camerano che, come la Soprani, ebbe un fortissimo sviluppo negli anni Trenta fino ad occupare 700 dipendenti. Per fronteggiare la ricostruzione e la nascita di un nuovo mercato nel secondo dopoguerra, Scandalli e Soprani decisero di dare vita ad un consorzio assieme ad altri produttori più piccoli. Nasceva così nel 1946 una delle firme più prestigiose nel campo della produzione di strumenti musicali, la Farfisa (acronimo di FAbbriche Riunite di FISArmoniche). A dispetto del nome, che richiamava alle origini della tradizione marchigiana, l’azienda con sedi a Camerino e Castelfidardo colse il vento della ripresa e della diffusione del rock and roll per diversificare la produzione e gettarsi a capofitto nella modernità con gli organi elettrici. Negli anni del «beat» la Farfisa lanciò il Compact, un organo elettronico di prima generazione che divenne un must per i complessi degli anni Sessanta. Presto i prodotti Farfisa si videro sui palchi delle grandi star italiane e non solo. Molti furono i gruppi che apprezzarono gli organi di Camerano, su tutti i Pink Floyd che nel 1971 usarono un Compact Duo suonato da Richard Wright durante il concerto dal vivo a Pompei. Nella mitica tre giorni di Woodstock il marchio Farfisa fece mostra di sé con il gruppo Sly and The Family Stones. La produzione di tastiere e sintetizzatori proseguì fino agli anni ’80 quando la crisi spinse l’azienda a investire sul ramo della citofoni, fondato nel 1967, in cui oggi Farfisa è tra i massimi produttori italiani. Il distretto industriale della musica marchigiana non si è limitato a fisarmoniche, organi e tastiere. Nel settore delle chitarre un nome risuona alle orecchie degli appassionati: Eko. Fondata nel 1959 da Oliviero Pigini, la fabbrica di Castelfidardo prese forma dall’esperienza degli zii del fondatore, anch’essi piccoli produttori di fisarmoniche. Pigini fu il primo ad intuire la necessità della differenziazione del prodotto fin dal dopoguerra quando iniziò ad importare chitarre giocattolo dalla vicina Jugoslavia. Alla fine degli anni ’50 la domanda di chitarre crebbe esponenzialmente e la Eko rispose con la progettazione e la produzione di chitarre inizialmente semplici e alla portata di molte tasche rispetto ai costosissimi strumenti di importazione. Il boom del rock and roll nostrano offre testimonial d’eccezione per Pigino. Uno su tutti Adriano Celentano che nella hit «Il tuo bacio è come un rock» imbraccia una delle prime Eko elettriche. Tra i modelli di maggior successo degli anni Sessanta, la Ekomaster, sintetizza in una solida body il meglio dello stile Usa, tra Fender Jazzmaster e Gibson Les Paul. Il paradigma produttivo della Eko era solidità (con laminati robusti e vernici spesse) e qualità standard dei processi industriali, aspetti che rendevano i prodotti dell’azienda marchigiana molto appetibili ai principianti, ai quali era garantito divertimento e prestazioni vicine a quelle degli strumenti professionali. All’inizio degli anni Sessanta fu l’America a chiamare, quando i distributori erano alla ricerca di produttori europei per coprire la domanda salita alle stelle. Eko fu tra quelle scelte e Pigino decise di investire con un nuovo stabilimento nella vicina Recanati. L’espansione raggiunse il culmine dopo la metà del decennio, che fu segnato anche dalla scomparsa di Pigini nel 1967, mentre di quelli anni è la joint venture con la britannica Vox per la produzione congiunta di chitarre e di amplificatori. Sarà la crescente concorrenza giapponese sul mercato entry level a segnare il declino della Eco a partire dagli anni Settanta fino alla chiusura temporanea nel 1985. A vent’anni dalla scomparsa del fondatore Oliviero, il fratello Lamberto Pigini, un prete imprenditore, decise di rilevare il marchio e riprendere poco a poco la produzione affiancata all’attività di rappresentanza di brand esteri. Dal 2005 la produzione è ripresa sotto la guida di Massimo Varini, musicista e docente di fama internazionale. Strettamente legata all’esperienza della Eko è la storia della FBT di Recanati, sigla per Fabbrica Baldoni e Tanoni, dai nomi dei due soci fondatori, che ebbero la spinta alla produzione industriale dal successo della vicina Eko di Pigini al quale erano da sempre legati. Produttore in passato anche di organi e sintetizzatori, l’azienda si concentrerà negli anni nel settore dell’amplificazione professionale passando dagli anni d’oro della disco music e delle radio, mantenendo il passo con l’innovazione tecnologica e riuscendo a sopravvivere alle crisi di settore. Oggi è presente in 100 Paesi con ben 360 distributori nel mondo.Il testimone della qualità made in Italy del distretto dello strumento marchigiano è ora nelle mani di giovani realtà di successo. Ė questo il caso della Dexibell di Acquaviva Picena , nata nel terzo millennio dalle ceneri della multinazionale Roland di cui ha rilevato stabilimenti e maestranze specializzate. I suoi pianoforti digitali e sintetizzatori esprimono il meglio dell’innovazione tecnologica. La linea di Stage piano Vivo racchiude un cuore digitale dotato di un processore avanzato CORTEX-quadcore e la tecnologia specifica di Dexibell T2L Modeling (True To Life) che permette una simulazione perfetta di suoni classici emulati, dal pianoforte suonato da Chopin nel 1850 agli organi valvolari ai suoni più ricercati grazie ad una maggiore polifonia ottenuta grazie ad una larghezza d’onda superiore di circa tre volte rispetto agli strumenti digitali standard. Il futuro che preserva il classico: quello che due secoli fa diede il via alla storia dell’industria marchigiana della musica.