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2018-07-16
Mangia le uova per campare cent'anni
«Ovumne prius exiterit an gallina?», ossia «È nato prima l'uovo o la gallina?», si chiedeva Ambrogio Teodosio Macrobio nei Saturnalia circa 1580 anni fa. È un paradosso molto noto, basato sulla considerazione che la gallina nasca, sì, dall'uovo, ma l'uovo origini ovvero sia deposto dalla gallina e - quindi - come la mettiamo? La religione cattolica risponde indirettamente che nasce prima la gallina: nella Bibbia, la Genesi dice che Dio creò gli uccelli il quinto giorno. Invece la scienza afferma che sia nato prima l'uovo: siccome gli uccelli derivano da un ceppo dei rettili e i rettili si riproducono tramite le uova, l'uovo (l'uovo in generale) precede la gallina. La risposta più popolare e squisitamente alimentare al quesito è che non conta chi sia nato prima tra uovo e gallina: noi mangiamo entrambi, a volte perfino insieme, per esempio nel delizioso primo piatto chiamato stracciatella (di uova cotta nel brodo di gallina) o in qualunque minestra di pasta all'uovo cotta nello stesso brodo.
L'uovo di gallina è un alimento fondamentale della nutrizione umana. Nella piramide alimentare contemporanea stanzia insieme a carne, pesce, formaggi e legumi come fonte di proteine. L'uovo fornisce proteine complete di alta qualità, al pari del latte, tutti gli aminoacidi essenziali, e importanti quantità di numerose vitamine e sali minerali (infatti le uova sono consigliate anche in gravidanza, naturalmente cotte, mai crude). Un uovo medio pesa tra i 55 e i 65 grammi e apporta circa 8 grammi di proteine. Inoltre, vitamine come A, B1, B2, D, E e sali minerali come ferro, calcio, zinco, sodio, potassio e fosforo.
Le uova sono state a lungo demonizzate per via dei grassi che contengono. Ma un uovo apporta più grassi insaturi che saturi. Inoltre, rispetto a tutte le altre uova commestibili - come quelle di oca, di anatra, di tacchino e di quaglia - l'uovo di gallina è quello meno grasso. L'accusato, in particolare, è il tuorlo, tanto che è prassi di alcuni preparare frittate bianche utilizzando solo l'albume (che è venduto anche in confezioni simili a quelle del latte nei supermercati). Si tratta di un'alternativa alla saporita frittata classica di uova intere che, in fondo, a livello di gusto (così delicato rispetto alla ricetta originale), presenta una sua validità. Ma rinunciare al tuorlo o persino a tutto l'uovo per quell'eccesso di salutismo che sfocia nell'ortoressia, è sbagliato.
Addentriamoci meglio nella questione «grassi dell'uovo». Un tuorlo pesa poco meno di 20 grammi, rappresenta circa un terzo dell'intero alimento (un uovo medio pesa tra i 55 e i 65 grammi). Metà del tuorlo è acqua, il resto contiene grassi (25%), proteine (16%) e carboidrati (3,6%). I grassi sono così ripartiti: grassi saturi, quelli che - riassumendo - in eccesso fanno male alla salute (10%); grassi insaturi, i cosiddetti grassi buoni (16%, suddivisi in 4% di polinsaturi e 12% di monoinsaturi); colesterolo (1%). Il colesterolo ammonta a circa 200 mg. Il fabbisogno giornaliero di colesterolo è di 300 mg, quindi un solo uovo è sufficiente a coprirlo quasi per intero.
Da ciò deriva la deduzione errata che le uova vadano evitate o mangiate con estrema parsimonia anche in caso di normale colesterolemia del sangue, onde evitare di determinarne un eventuale aumento con l'alimentazione. La questione, però, è più complessa, assai interessante ed emblematica della criminalizzazione degli alimenti basata su considerazioni di superficie.
Innanzitutto, la produzione colesterolemica dell'organismo umano è più autonoma che determinata dalla dieta alimentare. Il tuorlo, poi, è ricco di lecitina (dal punto di vista chimico è un fosfogliceride in cui l'acido fosfatidico è esterificato con la colina). La lecitina, altresì costituita per circa il 60% da acido linoleico, insieme con i grassi polinsaturi, funziona come una sorta di «spazzina» dei grassi potenzialmente pericolosi per la salute. La sua azione è quella di operare un trasporto inverso del colesterolo dal sangue al fegato. La lecitina, insomma, pulisce il sangue dal colesterolo. Suddividiamo infatti il colesterolo in buono (l'Hdl, quello che dal sangue va verso il fegato e che la lecitina stimola) e cattivo (quel colesterolo Ldl che invece si accumula nel sangue e determina prima ipercolesterolemia, poi patologie cardiovascolari).
Mangiare uova, quindi, comporta l'assunzione di colesterolo, sì, ma anche degli agenti che lo portano via: perché lecitina e grassi polinsaturi sono veri e propri antagonisti del colesterolo. Un corretto equilibrio di lecitina, acidi biliari e colesterolo nel liquido biliare, poi, evita la formazione di calcoli biliari. Occorre certamente fare un po' di attenzione nel caso in cui si soffra di colecistite, calcolosi biliare ed ipercolesterolemia, ma anche in questi casi l'uovo non va bannato dalla tavola, soltanto assunto con minore frequenza settimanale. Il consumo moderato non è più considerato negativo nemmeno per le malattie cardiovascolari.
Ed è questa una novità degli ultimi anni. Se le indicazioni dietologiche prescrivevano la perfetta assunzione settimanale di uova di un individuo sano nel numero di quattro (ma le opinioni erano contrastanti) un recente studio della Medical School dell'Università di Sidney ha addirittura affermato che si possono mangiare fino a dodici uova a settimana senza ingrassare, né incorrere in patologie cardiovascolari.
La ricerca ha esaminato il tasso di colesterolemia, di glicemia e la pressione arteriosa e non sono state registrate modifiche rilevanti nel gruppo di «cavie» che consumavano dodici uova a settimana. Cioè due uova al giorno per sei giorni e un solo uovo per un giorno. Ciò sembra confermare la fine della guerra alle uova.
E anche un curioso dato empirico ma non scientifico sembra confermare «l'assoluzione» dell'uovo: la supercentenaria Emma Morano, morta nell'aprile 2017 all'età di centodiciassette anni, mangiava ben tre uova al giorno. Sono ventuno a settimana, ben diciassette di più delle canoniche quattro. Se ci pensiamo, in effetti, sono milioni e milioni gli inglesi e americani che, nella prima colazione, mangiano ogni giorno due uova strapazzate o addirittura fritte.
Tuttavia, non siamo macchine che devono scegliere il cibo solo in base alla chimica. Soprattutto se si ha un corpo in buona salute, ciò che in primo luogo dobbiamo considerare è il gusto. E l'uovo ha un sapore e una consistenza che lo rendono decisamente poliedrico in cucina, parimenti goloso sia in preparazioni salate che dolci, sia come ingrediente tra tanti che unico.
Nella cucina italiana, per esempio, la pasta all'uovo senza uovo non esisterebbe. Avremmo solo la pasta di acqua e farina, più delicata, meno nerboruta sui rebbi della forchetta e tra i denti, soprattutto condita con il ragù alla bolognese. Sempre in tema di pasta, non avremmo la pasta alla carbonara, nella quale l'uovo sbattuto è fondamentale. Non avremmo poi la crema pasticcera né la variante senza farina che è la crema inglese. Non avremmo la crème brûlée, che è una crema inglese cotta, né la crema catalana, che è una crème brûlée ma cotta a bagnomaria in forno anziché sul fornello, esattamente come la creme caramel, che rispetto alle altre due non viene caramellata in superficie: lo zucchero si mette negli stampini prima della stessa crema, si fonde in cottura e compare in superficie perché il creme caramel va sformato e ribaltato.
Non avremmo, poi, il tiramisù, la cui crema al mascarpone non sarebbe la stessa senza le uova. Non solo la tradizione costituisce un grande monumento all'uovo, anche la cucina gourmet lo esalta non poco. Una ricetta talmente iconica da essere diventata storica è il tuorlo d'uovo marinato con fonduta di parmigiano dello chef Carlo Cracco. Il tuorlo viene marinato per quindici giorni in sale e zucchero e la consistenza finale ricorda in parte la bottarga, perché può essere anche grattugiato, in parte la preparazione cinese dell'Uovo dei Cent'anni, anche detto Uovo Centenario (peidan o pidan in cinese). Si tratta di un uovo, solitamente di anatra, che viene fatto fermentare intero per cento giorni in una soluzione di acqua, sale, carbone e ossido di calcio che consuma il guscio e trasforma l'albume bianco in marrone e il tuorlo giallo in verde scuro (in Italia ne è vietata l'importazione).
Molto interessante è anche l'Uovo Degusto dell'omonimo ristorante di San Bonifacio, ideato dallo chef Matteo Grandi: si tratta di un gustoso uovo sodo impanato e fritto. Bello e buono anche l'uovo poché con oro al tartufo e patate all'olio dello chef Marco Stabile.
Nell'ambito della produzione gourmet, impossibile non ricordare l'uovo di Paolo Parisi, il più amato dagli chef, un uovo di gallina livornese allevata a terra e nutrita con cereali e latte di capra (l'uovo ha un leggero sentore di mandorla).
Quella volta che Salvini le lanciò a D’Alema
L'uso di lanciare uova addosso a qualcuno - o qualcosa - per protesta molto probabilmente è un ribaltamento dell'usanza di omaggiare qualcuno (soprattutto gli artisti che si esibivano pubblicamente, sui palchi come in strada, soprattutto nei tempi passati). Se per comunicare il mio apprezzamento posso donare delle uova, per esprimere il mio dissenso quelle stesse uova le lancerò addosso, magari vecchie e marce, così aprendosi ti disturberanno anche col loro odore di zolfo.
La migliore idea per manifestare contrarietà resta la parola, anche perché non tutti sanno che il lancio delle uova è un reato penale. L'articolo 674 del Codice penale spiega così il getto pericoloso di cose: «Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206». La popstar canadese Justin Bieber finì su tutti i media nel gennaio 2014 per aver lanciato 20 uova, da casa sua a Calabasas (Los Angeles), durante un party, contro la casa del vicino. Gli costò caro: condanna per atti vandalici, 80.000 dollari di sanzione pecuniaria, dodici sedute di psicoterapia per il controllo e la gestione della rabbia, sei giorni di servizio sociale e il regime di libertà vigilata fino al 2016. In più, successivamente ospite dello show The Roast su Comedy Central venne preso lui a uova in faccia.
Anche l'attuale ministro dell'interno, Matteo Salvini, può vantarsi di aver tirato uova addosso a qualcuno: nel 1999 venne denunciato e condannato a 30 giorni per oltraggio a pubblico ufficiale durante un lancio di uova diretto a Massimo D'Alema, ma finite addosso alle forze dell'ordine: «Politicamente scorretto ma ne valeva la pena», disse. Dopo averne ricevute addosso lui, insieme ad altre contestazioni ancor meno piacevoli, nel 2015 si è detto pentito. In effetti, non è elegante lanciare uova. Né sensato: meglio mangiarsele, dopo tutto.
Il giro del mondo frittata dopo frittata
La frittata vanta una storia molto antica. La mangiavano già iromani: nel De re coquinaria di Marco Gavio detto Apicio, il capitolo Pandette (termine di origine greca che significa «contenitore di ogni cosa») illustra ricette di frittata (patina) con ingredienti vari, dalle acciughe alla lattuga, dagli asparagi alle rose (i romani utilizzavano molti fiori edibili). Nel Libro de arte coquinaria dell'importante cuoco del XV secolo Maestro Martino, si chiama frictata e «per farla bene non vole esser voltata né molto cotta». Arrivando con un balzo ai tempi nostri, appuriamo che la frittata si è stabilizzata come piatto fondamentale nella cucina: pressoché ogni nazionalità ha la sua versione della succulenta preparazione che sublima le uova trasformandole in una «tortina» salata a forma della padella tonda in cui viene fritta.
La frittata nostrana ora si fa, diversamente da come indicava il Libro de arte coquinaria, girandola. Chi non riuscisse a capovolgerla in aria col noto colpo di polso dopo avere impugnato il manico della padella, può fare così: porre un piatto piano (o un coperchio) sulla padella, tenendocelo ben premuto sopra ribaltarla con gesto netto e veloce di 180 gradi, far scivolare la frittata dal piatto alla padella con molta delicatezza. La frittata italiana di norma è bassa. Le ricette sono infinite e infinite le ricette personali. Ma le classiche sono la frittata rognosa, tipica del Nord (alle uova sbattute con sale, pepe, erbe aromatiche e formaggio grattugiato si mescola salame cotto sbriciolato e poi soffritto). Tipiche del Centro e del Sud sono invece: la frittata di maccheroni, utile anche a riciclare pasta avanzata (la più buona è col sugo di pomodoro, ma si fa anche in bianco); la frittata di asparagi o carciofi, nel periodo primaverile; per chi ama i sapori assai rustici, la frittata di patate, di patate e cipolle o di sole cipolle.
Sì, proprio quella del film Il secondo tragico Fantozzi: il ragionier Ugo guardava la partita di qualificazione alla Coppa del mondo Inghilterra-Italia col «programma formidabile» composto da «calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero!».
La frittata tipicamente spagnola è invece la tortilla di patate, assai più alta e di minor diametro della nostra (si usa un padellino coi bordi alti), che deve restare appena liquida all'interno. L'omelette francese è una frittata in cui il condimento aggiunto non viene mescolato con le uova, ma inserito come ripieno: si cuoce la frittata da un lato, si posiziona il condimento, si chiude una mezzaluna della frittata a libro sull'altra oppure entrambi i lati a pacchetto.
Particolarmente attenta alla forma è la frittata giapponese tamagoyaki: si pone un terzo delle uova sbattute in una padella rigorosamente rettangolare, appena cotto questo primo livello si piega in tre verso un lato con due bacchette oppure si comprime con una spatola, si versa un altro terzo, appena rappreso si ripete la stessa operazione e così via. In pratica, se ne costruisce l'orizzontalità operando in verticale. Si ottiene una frittata dalla particolare consistenza, fatta da tanti strati interni che edificano un blocco «frittatoso» rettangolare, che si adatta perfettamente all'ossessione geometrica Japan style.
L'iraniana kuku (o kookoo) prevede un ripieno molto abbondante di verdure con topping di crespino e noci, la egiziano-arabica eggah (con questo curioso nome che sembra un'arabizzazione dell'inglese egg, uovo, ma non lo è) prevede spezie tipiche come cannella, cumino, semi di coriandolo e curcuma e talvolta carne come condimento. La muttabak, tipico street food, è diffusa nei Paesi arabi e asiatici che si affacciano sull'Oceano Indiano, è sottile come una crepe e incarta il ripieno come la carta regalo una scatola. La Crêpe Suzette e il pancake, considerate frittatine dolci, sono invero evoluzioni sottili e zuccherine della frittata, più che sue versioni non sapide, e contengono farina. Che dalla frittata originale è assolutamente bandita.
Quando (e come) consumarle crude
Un tempo l'uovo si beveva anche crudo. Oggi è assolutamente sconsigliato per il rischio salmonellosi. Ma anche in passato non tutti si comportavano come farebbe l'uomo della giungla di fronte a un uovo, ingoiandoselo senza alcuna preoccupazione, magari pure con il guscio.
Pellegrino Artusi ne La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene inserisce una dolce ricetta utile a «quietare un bambino che piange perché vorrebbe qualche leccornia» (si chiama Un uovo per un bambino, è la ricetta 719: uno zabaione coi bianchi al posto del liquore). Artusi distingue le uova dagli «alimenti che urtano i nervi, come il caffè, il the» e, nella ricetta 139, Uova a bere e sode, consiglia i tempi di bollitura anche per le uova da bere: «Le uova a bere fatele bollire due minuti, le uova sode dieci, cominciando a contare dal momento che le gettate nell'acqua bollente; se vi piacciono bazzotte, bastano sei o sette minuti e, in ambedue i casi, appena tolte dal fuoco, le metterete nell'acqua fredda».
Maestro Martino usava il metodo empirico del conteggio del tempo tramite le preghiere: «Metti le ova fresche in l'acqua freda, et falle bollire per spatio d'un paternostro o un poco più, et cavale fore». L'uovo si può consumare crudo se pastorizzato: sconsigliamo pastorizzazioni casalinghe, ritenendo più sicuro acquistare tuorli o albumi in brick già pastorizzati. Se usate uova intere con guscio non pastorizzate, cuocetele sempre, lavate sempre le mani dopo aver toccato il guscio, non rompete mai quest'ultimo battendolo contro il bordo del contenitore dove rovescerete le uova.
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Riduci
Fritte, impanate, con fonduta o al tartufo. Sono state a lungo demonizzate. Invece hanno molte virtù: per esempio ripuliscono il sangue dai grassi. Per l'Università di Sidney si può arrivare anche a dodici a settimana.Lo speciale contiene tre articoli«Ovumne prius exiterit an gallina?», ossia «È nato prima l'uovo o la gallina?», si chiedeva Ambrogio Teodosio Macrobio nei Saturnalia circa 1580 anni fa. È un paradosso molto noto, basato sulla considerazione che la gallina nasca, sì, dall'uovo, ma l'uovo origini ovvero sia deposto dalla gallina e - quindi - come la mettiamo? La religione cattolica risponde indirettamente che nasce prima la gallina: nella Bibbia, la Genesi dice che Dio creò gli uccelli il quinto giorno. Invece la scienza afferma che sia nato prima l'uovo: siccome gli uccelli derivano da un ceppo dei rettili e i rettili si riproducono tramite le uova, l'uovo (l'uovo in generale) precede la gallina. La risposta più popolare e squisitamente alimentare al quesito è che non conta chi sia nato prima tra uovo e gallina: noi mangiamo entrambi, a volte perfino insieme, per esempio nel delizioso primo piatto chiamato stracciatella (di uova cotta nel brodo di gallina) o in qualunque minestra di pasta all'uovo cotta nello stesso brodo.L'uovo di gallina è un alimento fondamentale della nutrizione umana. Nella piramide alimentare contemporanea stanzia insieme a carne, pesce, formaggi e legumi come fonte di proteine. L'uovo fornisce proteine complete di alta qualità, al pari del latte, tutti gli aminoacidi essenziali, e importanti quantità di numerose vitamine e sali minerali (infatti le uova sono consigliate anche in gravidanza, naturalmente cotte, mai crude). Un uovo medio pesa tra i 55 e i 65 grammi e apporta circa 8 grammi di proteine. Inoltre, vitamine come A, B1, B2, D, E e sali minerali come ferro, calcio, zinco, sodio, potassio e fosforo. Le uova sono state a lungo demonizzate per via dei grassi che contengono. Ma un uovo apporta più grassi insaturi che saturi. Inoltre, rispetto a tutte le altre uova commestibili - come quelle di oca, di anatra, di tacchino e di quaglia - l'uovo di gallina è quello meno grasso. L'accusato, in particolare, è il tuorlo, tanto che è prassi di alcuni preparare frittate bianche utilizzando solo l'albume (che è venduto anche in confezioni simili a quelle del latte nei supermercati). Si tratta di un'alternativa alla saporita frittata classica di uova intere che, in fondo, a livello di gusto (così delicato rispetto alla ricetta originale), presenta una sua validità. Ma rinunciare al tuorlo o persino a tutto l'uovo per quell'eccesso di salutismo che sfocia nell'ortoressia, è sbagliato. Addentriamoci meglio nella questione «grassi dell'uovo». Un tuorlo pesa poco meno di 20 grammi, rappresenta circa un terzo dell'intero alimento (un uovo medio pesa tra i 55 e i 65 grammi). Metà del tuorlo è acqua, il resto contiene grassi (25%), proteine (16%) e carboidrati (3,6%). I grassi sono così ripartiti: grassi saturi, quelli che - riassumendo - in eccesso fanno male alla salute (10%); grassi insaturi, i cosiddetti grassi buoni (16%, suddivisi in 4% di polinsaturi e 12% di monoinsaturi); colesterolo (1%). Il colesterolo ammonta a circa 200 mg. Il fabbisogno giornaliero di colesterolo è di 300 mg, quindi un solo uovo è sufficiente a coprirlo quasi per intero. Da ciò deriva la deduzione errata che le uova vadano evitate o mangiate con estrema parsimonia anche in caso di normale colesterolemia del sangue, onde evitare di determinarne un eventuale aumento con l'alimentazione. La questione, però, è più complessa, assai interessante ed emblematica della criminalizzazione degli alimenti basata su considerazioni di superficie.Innanzitutto, la produzione colesterolemica dell'organismo umano è più autonoma che determinata dalla dieta alimentare. Il tuorlo, poi, è ricco di lecitina (dal punto di vista chimico è un fosfogliceride in cui l'acido fosfatidico è esterificato con la colina). La lecitina, altresì costituita per circa il 60% da acido linoleico, insieme con i grassi polinsaturi, funziona come una sorta di «spazzina» dei grassi potenzialmente pericolosi per la salute. La sua azione è quella di operare un trasporto inverso del colesterolo dal sangue al fegato. La lecitina, insomma, pulisce il sangue dal colesterolo. Suddividiamo infatti il colesterolo in buono (l'Hdl, quello che dal sangue va verso il fegato e che la lecitina stimola) e cattivo (quel colesterolo Ldl che invece si accumula nel sangue e determina prima ipercolesterolemia, poi patologie cardiovascolari). Mangiare uova, quindi, comporta l'assunzione di colesterolo, sì, ma anche degli agenti che lo portano via: perché lecitina e grassi polinsaturi sono veri e propri antagonisti del colesterolo. Un corretto equilibrio di lecitina, acidi biliari e colesterolo nel liquido biliare, poi, evita la formazione di calcoli biliari. Occorre certamente fare un po' di attenzione nel caso in cui si soffra di colecistite, calcolosi biliare ed ipercolesterolemia, ma anche in questi casi l'uovo non va bannato dalla tavola, soltanto assunto con minore frequenza settimanale. Il consumo moderato non è più considerato negativo nemmeno per le malattie cardiovascolari. Ed è questa una novità degli ultimi anni. Se le indicazioni dietologiche prescrivevano la perfetta assunzione settimanale di uova di un individuo sano nel numero di quattro (ma le opinioni erano contrastanti) un recente studio della Medical School dell'Università di Sidney ha addirittura affermato che si possono mangiare fino a dodici uova a settimana senza ingrassare, né incorrere in patologie cardiovascolari. La ricerca ha esaminato il tasso di colesterolemia, di glicemia e la pressione arteriosa e non sono state registrate modifiche rilevanti nel gruppo di «cavie» che consumavano dodici uova a settimana. Cioè due uova al giorno per sei giorni e un solo uovo per un giorno. Ciò sembra confermare la fine della guerra alle uova. E anche un curioso dato empirico ma non scientifico sembra confermare «l'assoluzione» dell'uovo: la supercentenaria Emma Morano, morta nell'aprile 2017 all'età di centodiciassette anni, mangiava ben tre uova al giorno. Sono ventuno a settimana, ben diciassette di più delle canoniche quattro. Se ci pensiamo, in effetti, sono milioni e milioni gli inglesi e americani che, nella prima colazione, mangiano ogni giorno due uova strapazzate o addirittura fritte. Tuttavia, non siamo macchine che devono scegliere il cibo solo in base alla chimica. Soprattutto se si ha un corpo in buona salute, ciò che in primo luogo dobbiamo considerare è il gusto. E l'uovo ha un sapore e una consistenza che lo rendono decisamente poliedrico in cucina, parimenti goloso sia in preparazioni salate che dolci, sia come ingrediente tra tanti che unico. Nella cucina italiana, per esempio, la pasta all'uovo senza uovo non esisterebbe. Avremmo solo la pasta di acqua e farina, più delicata, meno nerboruta sui rebbi della forchetta e tra i denti, soprattutto condita con il ragù alla bolognese. Sempre in tema di pasta, non avremmo la pasta alla carbonara, nella quale l'uovo sbattuto è fondamentale. Non avremmo poi la crema pasticcera né la variante senza farina che è la crema inglese. Non avremmo la crème brûlée, che è una crema inglese cotta, né la crema catalana, che è una crème brûlée ma cotta a bagnomaria in forno anziché sul fornello, esattamente come la creme caramel, che rispetto alle altre due non viene caramellata in superficie: lo zucchero si mette negli stampini prima della stessa crema, si fonde in cottura e compare in superficie perché il creme caramel va sformato e ribaltato. Non avremmo, poi, il tiramisù, la cui crema al mascarpone non sarebbe la stessa senza le uova. Non solo la tradizione costituisce un grande monumento all'uovo, anche la cucina gourmet lo esalta non poco. Una ricetta talmente iconica da essere diventata storica è il tuorlo d'uovo marinato con fonduta di parmigiano dello chef Carlo Cracco. Il tuorlo viene marinato per quindici giorni in sale e zucchero e la consistenza finale ricorda in parte la bottarga, perché può essere anche grattugiato, in parte la preparazione cinese dell'Uovo dei Cent'anni, anche detto Uovo Centenario (peidan o pidan in cinese). Si tratta di un uovo, solitamente di anatra, che viene fatto fermentare intero per cento giorni in una soluzione di acqua, sale, carbone e ossido di calcio che consuma il guscio e trasforma l'albume bianco in marrone e il tuorlo giallo in verde scuro (in Italia ne è vietata l'importazione). Molto interessante è anche l'Uovo Degusto dell'omonimo ristorante di San Bonifacio, ideato dallo chef Matteo Grandi: si tratta di un gustoso uovo sodo impanato e fritto. Bello e buono anche l'uovo poché con oro al tartufo e patate all'olio dello chef Marco Stabile.Nell'ambito della produzione gourmet, impossibile non ricordare l'uovo di Paolo Parisi, il più amato dagli chef, un uovo di gallina livornese allevata a terra e nutrita con cereali e latte di capra (l'uovo ha un leggero sentore di mandorla).<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mangia-le-uova-per-campare-centanni-117-e-leta-raggiunta-da-emma-morano-che-per-una-vita-ha-mangiato-tre-uova-al-giorno-2586720799.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quella-volta-che-salvini-le-lancio-a-dalema" data-post-id="2586720799" data-published-at="1765639954" data-use-pagination="False"> Quella volta che Salvini le lanciò a D’Alema L'uso di lanciare uova addosso a qualcuno - o qualcosa - per protesta molto probabilmente è un ribaltamento dell'usanza di omaggiare qualcuno (soprattutto gli artisti che si esibivano pubblicamente, sui palchi come in strada, soprattutto nei tempi passati). Se per comunicare il mio apprezzamento posso donare delle uova, per esprimere il mio dissenso quelle stesse uova le lancerò addosso, magari vecchie e marce, così aprendosi ti disturberanno anche col loro odore di zolfo. La migliore idea per manifestare contrarietà resta la parola, anche perché non tutti sanno che il lancio delle uova è un reato penale. L'articolo 674 del Codice penale spiega così il getto pericoloso di cose: «Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206». La popstar canadese Justin Bieber finì su tutti i media nel gennaio 2014 per aver lanciato 20 uova, da casa sua a Calabasas (Los Angeles), durante un party, contro la casa del vicino. Gli costò caro: condanna per atti vandalici, 80.000 dollari di sanzione pecuniaria, dodici sedute di psicoterapia per il controllo e la gestione della rabbia, sei giorni di servizio sociale e il regime di libertà vigilata fino al 2016. In più, successivamente ospite dello show The Roast su Comedy Central venne preso lui a uova in faccia. Anche l'attuale ministro dell'interno, Matteo Salvini, può vantarsi di aver tirato uova addosso a qualcuno: nel 1999 venne denunciato e condannato a 30 giorni per oltraggio a pubblico ufficiale durante un lancio di uova diretto a Massimo D'Alema, ma finite addosso alle forze dell'ordine: «Politicamente scorretto ma ne valeva la pena», disse. Dopo averne ricevute addosso lui, insieme ad altre contestazioni ancor meno piacevoli, nel 2015 si è detto pentito. In effetti, non è elegante lanciare uova. 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Nel Libro de arte coquinaria dell'importante cuoco del XV secolo Maestro Martino, si chiama frictata e «per farla bene non vole esser voltata né molto cotta». Arrivando con un balzo ai tempi nostri, appuriamo che la frittata si è stabilizzata come piatto fondamentale nella cucina: pressoché ogni nazionalità ha la sua versione della succulenta preparazione che sublima le uova trasformandole in una «tortina» salata a forma della padella tonda in cui viene fritta. La frittata nostrana ora si fa, diversamente da come indicava il Libro de arte coquinaria, girandola. Chi non riuscisse a capovolgerla in aria col noto colpo di polso dopo avere impugnato il manico della padella, può fare così: porre un piatto piano (o un coperchio) sulla padella, tenendocelo ben premuto sopra ribaltarla con gesto netto e veloce di 180 gradi, far scivolare la frittata dal piatto alla padella con molta delicatezza. La frittata italiana di norma è bassa. Le ricette sono infinite e infinite le ricette personali. Ma le classiche sono la frittata rognosa, tipica del Nord (alle uova sbattute con sale, pepe, erbe aromatiche e formaggio grattugiato si mescola salame cotto sbriciolato e poi soffritto). Tipiche del Centro e del Sud sono invece: la frittata di maccheroni, utile anche a riciclare pasta avanzata (la più buona è col sugo di pomodoro, ma si fa anche in bianco); la frittata di asparagi o carciofi, nel periodo primaverile; per chi ama i sapori assai rustici, la frittata di patate, di patate e cipolle o di sole cipolle. Sì, proprio quella del film Il secondo tragico Fantozzi: il ragionier Ugo guardava la partita di qualificazione alla Coppa del mondo Inghilterra-Italia col «programma formidabile» composto da «calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero!». La frittata tipicamente spagnola è invece la tortilla di patate, assai più alta e di minor diametro della nostra (si usa un padellino coi bordi alti), che deve restare appena liquida all'interno. L'omelette francese è una frittata in cui il condimento aggiunto non viene mescolato con le uova, ma inserito come ripieno: si cuoce la frittata da un lato, si posiziona il condimento, si chiude una mezzaluna della frittata a libro sull'altra oppure entrambi i lati a pacchetto. Particolarmente attenta alla forma è la frittata giapponese tamagoyaki: si pone un terzo delle uova sbattute in una padella rigorosamente rettangolare, appena cotto questo primo livello si piega in tre verso un lato con due bacchette oppure si comprime con una spatola, si versa un altro terzo, appena rappreso si ripete la stessa operazione e così via. In pratica, se ne costruisce l'orizzontalità operando in verticale. Si ottiene una frittata dalla particolare consistenza, fatta da tanti strati interni che edificano un blocco «frittatoso» rettangolare, che si adatta perfettamente all'ossessione geometrica Japan style. L'iraniana kuku (o kookoo) prevede un ripieno molto abbondante di verdure con topping di crespino e noci, la egiziano-arabica eggah (con questo curioso nome che sembra un'arabizzazione dell'inglese egg, uovo, ma non lo è) prevede spezie tipiche come cannella, cumino, semi di coriandolo e curcuma e talvolta carne come condimento. La muttabak, tipico street food, è diffusa nei Paesi arabi e asiatici che si affacciano sull'Oceano Indiano, è sottile come una crepe e incarta il ripieno come la carta regalo una scatola. La Crêpe Suzette e il pancake, considerate frittatine dolci, sono invero evoluzioni sottili e zuccherine della frittata, più che sue versioni non sapide, e contengono farina. Che dalla frittata originale è assolutamente bandita. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mangia-le-uova-per-campare-centanni-117-e-leta-raggiunta-da-emma-morano-che-per-una-vita-ha-mangiato-tre-uova-al-giorno-2586720799.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="quando-e-come-consumarle-crude" data-post-id="2586720799" data-published-at="1765639954" data-use-pagination="False"> Quando (e come) consumarle crude Un tempo l'uovo si beveva anche crudo. Oggi è assolutamente sconsigliato per il rischio salmonellosi. Ma anche in passato non tutti si comportavano come farebbe l'uomo della giungla di fronte a un uovo, ingoiandoselo senza alcuna preoccupazione, magari pure con il guscio. Pellegrino Artusi ne La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene inserisce una dolce ricetta utile a «quietare un bambino che piange perché vorrebbe qualche leccornia» (si chiama Un uovo per un bambino, è la ricetta 719: uno zabaione coi bianchi al posto del liquore). Artusi distingue le uova dagli «alimenti che urtano i nervi, come il caffè, il the» e, nella ricetta 139, Uova a bere e sode, consiglia i tempi di bollitura anche per le uova da bere: «Le uova a bere fatele bollire due minuti, le uova sode dieci, cominciando a contare dal momento che le gettate nell'acqua bollente; se vi piacciono bazzotte, bastano sei o sette minuti e, in ambedue i casi, appena tolte dal fuoco, le metterete nell'acqua fredda». Maestro Martino usava il metodo empirico del conteggio del tempo tramite le preghiere: «Metti le ova fresche in l'acqua freda, et falle bollire per spatio d'un paternostro o un poco più, et cavale fore». L'uovo si può consumare crudo se pastorizzato: sconsigliamo pastorizzazioni casalinghe, ritenendo più sicuro acquistare tuorli o albumi in brick già pastorizzati. Se usate uova intere con guscio non pastorizzate, cuocetele sempre, lavate sempre le mani dopo aver toccato il guscio, non rompete mai quest'ultimo battendolo contro il bordo del contenitore dove rovescerete le uova.
Nel riquadro, l'attivista Blm Tashella Sheri Amore Dickerson (Ansa)
Tashella Sheri Amore Dickerson, 52 anni, storica leader di Black lives matter a Oklaoma City è stata accusata da un Gran giurì federale di frode telematica e riciclaggio di denaro. Secondo i risultati di un’indagine condotta dall’Fbi di Oklahoma City e dall’Irs-Criminal Investigation e affidata procuratori aggiunti degli Stati Uniti Matt Dillon e Jessica L. Perry, Dickerson si sarebbe appropriata di oltre 3 milioni di dollari di fondi raccolti e destinati al pagamento delle cauzioni degli attivisti arrestati e li avrebbe investiti in immobili e spesi per vacanze e spese personali. Il 3 dicembre 2025, un Gran giurì federale ha emesso nei confronti dell’attivista un atto d’accusa di 25 capi, di cui 20 di frode telematica e cinque di riciclaggio di denaro. Per ogni accusa di frode telematica, Dickerson rischia fino a 20 anni di carcere federale e una multa fino a 250.000 dollari. Per ogni accusa di riciclaggio di denaro, l’attivista rischia fino a dieci anni di carcere e una multa fino a 250.000 dollari o il doppio dell’importo della proprietà di derivazione penale coinvolta nella transazione. Secondo gli inquirenti, a partire almeno dal 2016, Dickerson è stata direttore esecutivo di Black lives matter Okc (Blmokc). Grazie a quel ruolo Dickerson aveva accesso ai conti bancari, PayPal e Cash App di Blmokc.
L’atto d’accusa, la cui sintesi è stata resa nota dalle autorità federali, sostiene che, sebbene Blmokc non fosse un’organizzazione esente da imposte registrata ai sensi della sezione 501(c)(3) dell’Internal revenue code (la legge tributaria federale americana), accettava donazioni di beneficenza attraverso la sua affiliazione con l’Alliance for global justice (Afgj), con sede in Arizona. L’Afgj fungeva da sponsor fiscale per Blmokc, alla quale imponeva di utilizzare i suoi fondi solo nei limiti consentiti dalla sezione 501(c)(3). L’Afgj richiedeva inoltre a Blmokc di rendere conto, su richiesta, dell’erogazione di tutti i fondi ricevuti e vietava a Blmokc di utilizzare i suoi fondi per acquistare immobili senza il consenso dell’Afgj.
A partire dalla tarda primavera del 2020, Blmokc ha raccolto fondi per sostenere la sua presunta missione di giustizia sociale da donatori online e da fondi nazionali per le cauzioni. In totale, Blmokc ha raccolto oltre 5,6 milioni di dollari, inclusi finanziamenti da fondi nazionali per le cauzioni, tra cui il Community Justice Exchange, il Massachusetts Bail Fund e il Minnesota Freedom Fund. La maggior parte di questi fondi è stata indirizzata a Blmokc tramite Afgj, in qualità di sponsor fiscale.
Secondo l’atto d’accusa, il Blmokc avrebbe dovuto utilizzare queste sovvenzioni del fondo nazionale per le cauzioni per pagare la cauzione preventiva per le persone arrestate in relazione alle proteste per la giustizia razziale dopo la morte di George Floyd. Quando i fondi per le cauzioni venivano restituiti al Blmokc, i fondi nazionali per le cauzioni talvolta consentivano al Blmokc di trattenere tutto o parte del finanziamento della sovvenzione per istituire un fondo rotativo per le cauzioni, o per la missione di giustizia sociale del Blmokc, come consentito dalla Sezione 501(c)(3).
Nonostante lo scopo dichiarato del denaro raccolto e i termini e le condizioni delle sovvenzioni, l’atto d’accusa sostiene che a partire da giugno 2020 e almeno fino a ottobre 2025, Dickerson si è appropriata di fondi dai conti di Blmokc a proprio vantaggio personale. L’atto d’accusa sostiene che Dickerson abbia depositato almeno 3,15 milioni di dollari in assegni di cauzione restituiti sui suoi conti personali, anziché sui conti di Blmokc. Tra le altre cose, Dickerson avrebbe poi utilizzato questi fondi per pagare: viaggi ricreativi in Giamaica e nella Repubblica Dominicana per sé e i suoi soci; decine di migliaia di dollari in acquisti al dettaglio; almeno 50.000 dollari in consegne di cibo e generi alimentari per sé e i suoi figli; un veicolo personale registrato a suo nome; sei proprietà immobiliari a Oklahoma City intestate a suo nome o a nome di Equity International, Llc, un’entità da lei controllata in esclusiva. L’atto d’accusa sostiene inoltre che Dickerson abbia utilizzato comunicazioni interstatali via cavo per presentare due false relazioni annuali all’Afgj per conto del Blmokc. Dickerson ha dichiarato di aver utilizzato i fondi del Blmokc solo per scopi esenti da imposte. Non ha rivelato di aver utilizzato i fondi per il proprio tornaconto personale.
Tre anni fa una vicenda simile aveva travolto la cofondatrice di Black lives matter Patrisse Cullors, anche lei accusata di aver utilizzato i fondi donati per beneficenza al movimento per pagare incredibili somme di denaro a suo fratello e al padre di suo figlio per vari «servizi». Secondo le ricostruzioni del 2022, Paul Cullors, fratello di Patrisse, ha ricevuto 840.000 dollari sul suo conto corrente per aver presumibilmente fornito servizi di sicurezza al movimento, secondo i documenti fiscali visionati dal New York Post. Nel frattempo, l’organizzazione ha pagato una società di proprietà di Damon Turner, padre del figlio di Patrisse Cullors, quasi 970.000 dollari per aiutare a «produrre eventi dal vivo» e altri «servizi creativi». Notizie che, all’epoca, avevano provocato non pochi malumori, alimentate anche dal fatto che la Cullors si professava marxista e sosteneva di combattere per gli oppressi e le ingiustizie sociali.
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Riduci
Francesca Albanese (Ansa)
Rispetto a due mesi fa, la percentuale degli sfiduciati è cresciuta di 16 punti mentre quella di coloro che si fidano è scesa di 9. Il 42% degli intervistati, maggiorenni e residenti in Italia, dichiara di non conoscere la relatrice pasionaria o di non avere giudizi da esprimere, il che forse è quasi peggio: avvolta dalla sfiducia e dall’indifferenza.
Il 53% degli elettori di centrodestra non si fida dell’Albanese, e questo era un dato diciamo scontato, ma fa riflettere che la giurista irpina abbia perso credibilità per il 47% di coloro che votano Pd. Appena il 34% degli elettori dem oggi si fida della relatrice Onu, sotto sanzioni da parte di Washington e accusata da Israele di ostilità strutturale. La sinistra, dunque, non si limita ad essere in disaccordo al suo interno se rilasciare o meno la cittadinanza onoraria alla pro Pal. Sta dicendo che non la sostiene più.
«I cattivi maestri di sinistra non piacciono agli italiani», ha subito postato su X il partito della premier Giorgia Meloni, che sempre secondo il sondaggio Youtrend sarebbe la più convincente per il 48% degli italiani in un ipotetico dibattito assieme a Giuseppe Conte ed Elly Schlein.
Tramonta dunque l’astro effimero di Albanese, spacciata per l’eroina progressista che condanna la violenza sui palestinesi mentre la giustifica a casa nostra. L’assalto alla redazione della Stampa doveva e deve servire «da monito alla stampa», ha dichiarato la relatrice Onu, confermando la pericolosità del suo attivismo politico.
Eppure ha continuato a essere invitata per esporre le sue idee anti Israele, e non solo. In alcune scuole della Toscana avrebbe «ripetuto i suoi soliti mantra, sostenendo che il governo Meloni sia composto da fascisti e complice di un genocidio, accusando Leonardo di essere una azienda criminale e arrivando persino a incitare gli studenti ad occupare le scuole, di fatto, incitando dei minorenni a commettere reati sanzionati dal codice penale», hanno scritto Matteo Bagnoli capogruppo di Fratelli d’Italia al Comune di Pontedera e Christian Nannipieri responsabile di Gioventù nazionale Pontedera.
La mossa successiva è stata un’interrogazione presentata da Alessandro Amorese, capogruppo di Fdi alla commissione Istruzione della Camera alla quale ha prontamente risposto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, chiedendo agli organi competenti di avviare una immediata ispezione per verificare quanto accaduto in alcune scuole in Toscana.
Secondo l’interrogazione, anche una classe della seconda media dell’Istituto Comprensivo Massa 6 avrebbe partecipato ad un incontro proposto dalla rete di insegnanti Docenti per Gaza, con Francesca Albanese che esponeva le tematiche del suo libro Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite dalla Palestina.
Non solo, con una nuova circolare inviata alle scuole sul tema manifestazioni ed eventi pubblici all’interno delle istituzioni scolastiche, il ministro ribadisce l’esigenza che la scelta di ospiti e relatori sia «volta a garantire il confronto tra posizioni diverse e pluraliste al fine di consentire agli studenti di acquisire una conoscenza approfondita dei temi trattati e sviluppare il pensiero critico».
Una raccomandazione necessaria, alla luce anche di quanto stanno sostenendo i docenti del liceo Montale di Pontedera che in una nota hanno definito «attività formativa» la presentazione online del libro di Albanese ad alcune classi. «Un’iniziativa organizzata su scala nazionale nell’ambito delle attività di educazione alla cittadinanza globale, come previsto dal curriculum di Educazione civica d’istituto […] nel quadro delle iniziative promosse dalla scuola per favorire la partecipazione democratica, la conoscenza delle istituzioni internazionali e il dialogo tra studenti e professionisti impegnati in contesti globali», scrivono. Senza contraddittorio, le posizioni pro Pal e anti governo Meloni della relatrice Onu non sono «partecipazione democratica».
Incredibilmente, però, due giorni fa la relatrice è comparsa accanto a Tucker Carlson, il giornalista e scrittore tra i creatori dell’universo Maga, che gestisce la Tucker Carlson Network dopo aver lasciato Fox News. Intervistata, ha detto che gli Stati Uniti l’hanno sanzionata a causa del suo dettagliato resoconto sulle politiche genocide di Israele contro i palestinesi. «Una penna, questa è la mia sola arma», si è difesa Albanese raccontando che il suo rapporto con Washington sarebbe cambiato bruscamente dopo che ha iniziato a documentare come le aziende statunitensi non solo stavano consentendo le azioni di Israele a Gaza, ma traendo profitto da esse.
«Tucker sta promuovendo le opinioni di una donna sottoposta a sanzioni da parte degli Stati Uniti per aver preso di mira gli americani», ha protestato su X l’American Israel public affairs committee (Aipac), il più importante gruppo di pressione filo israeliano degli Stati Uniti. Ma c’è anche chi non si sorprende perché Carlson avrebbe cambiato opinione su Israele negli ultimi mesi, criticando l’amministrazione Trump per il supporto incondizionato dato allo Stato ebraico così come fa la sinistra antisionista.
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Riduci
Kaja Kallas (Ansa)
Kallas è il falco della Commissione, quando si tratta di Russia, e tiene a rimarcarlo. A proposito dei fondi russi depositati presso Euroclear, l’estone dice nell’intervista che il Belgio non deve temere una eventuale azione di responsabilità da parte della Russia, perché «se davvero la Russia ricorresse in tribunale per ottenere il rilascio di questi asset o per affermare che la decisione non è conforme al diritto internazionale, allora dovrebbe rivolgersi all’Ue, quindi tutti condivideremmo l’onere».
In pratica, cioè, l’interpretazione piuttosto avventurosa di Kallas è che tutti gli Stati membri sarebbero responsabili in solido con il Belgio se Mosca dovesse ottenere ragione da qualche tribunale sul sequestro e l’utilizzo dei suoi fondi.
Tribunale sui cui l’intervistata è scettica: «A quale tribunale si rivolgerebbe (Putin, ndr)? E quale tribunale deciderebbe, dopo le distruzioni causate in Ucraina, che i soldi debbano essere restituiti alla Russia senza che abbia pagato le riparazioni?». Qui l’alto rappresentante prefigura uno scenario, quello del pagamento delle riparazioni di guerra, che non ha molte chance di vedere realizzato.
All’intervistatore che chiede perché per finanziare la guerra non si usino gli eurobond, cioè un debito comune europeo, Kallas risponde: «Io ho sostenuto gli eurobond, ma c’è stato un chiaro blocco da parte dei Paesi Frugali, che hanno detto che non possono farlo approvare dai loro Parlamenti». È ovvio. La Germania e i suoi satelliti del Nord Europa non vogliano cedere su una questione sulla quale non hanno mai ceduto e per la quale, peraltro, occorre una modifica dei trattati su cui serve l’unanimità e la ratifica poi di tutti i parlamenti. Con il vento politico di destra che soffia in tutta Europa, con Afd oltre il 25% in Germania, è una opzione politicamente impraticabile. Dire eurobond significa gettare la palla in tribuna.
In merito all’adesione dell’Ucraina all’Unione europea già nel 2027, come vorrebbe il piano di pace americano, Kallas se la cava con lunghe perifrasi evitando di prendere posizione. Secondo l’estone, l’adesione all’Ue è una questione di merito e devono decidere gli Stati membri. Ma nel piano questo punto è importante e sembra difficile che venga accantonato.
Kallas poi reclama a gran voce un posto per l’Unione al tavolo della pace: «Il piano deve essere tra Russia e Ucraina. E quando si tratta dell’architettura di sicurezza europea, noi dobbiamo avere voce in capitolo. I confini non possono essere cambiati con la forza. Non ci dovrebbero essere concessioni territoriali né riconoscimento dell’occupazione». Ma lo stesso Zelensky sembra ormai convinto che almeno un referendum sulla questione del Donbass sia possibile. Insomma, Kallas resta oltranzista ma i fatti l’hanno già superata.
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Riduci
Carlo Messina all'inaugurazione dell'Anno Accademico della Luiss (Ansa)
La domanda è retorica, provocatoria e risuona in aula magna come un monito ad alzare lo sguardo, a non limitarsi a contare i droni e limare i mirini, perché la risposta è un’altra. «In Europa abbiamo più poveri e disuguaglianza di quelli che sono i rischi potenziali che derivano da una minaccia reale, e non percepita o teorica, di una guerra». Un discorso ecumenico, realistico, che evoca l’immagine dell’esercito più dolente e sfinito, quello di chi lotta per uscire dalla povertà. «Perché è vero che riguardo a welfare e democrazia non c’è al mondo luogo comparabile all’Europa, ma siamo deboli se investiamo sulla difesa e non contro la povertà e le disuguaglianze».
Le parole non scivolano via ma si fermano a suggerire riflessioni. Perché è importante che un finanziere - anzi colui che per il 2024 è stato premiato come banchiere europeo dell’anno - abbia un approccio sociale più solido e lungimirante delle istituzioni sovranazionali deputate. E lo dimostri proprio nelle settimane in cui sentiamo avvicinarsi i tamburi di Bruxelles con uscite guerrafondaie come «resisteremo più di Putin», «per la guerra non abbiamo fatto abbastanza» (Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera) o «se vogliamo evitare la guerra dobbiamo preparaci alla guerra», «dobbiamo produrre più armi, come abbiamo fatto con i vaccini» (Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea).
Una divergenza formidabile. La conferma plastica che l’Europa dei diritti, nella quale ogni minoranza possibile viene tutelata, si sta dimenticando di salvaguardare quelli dei cittadini comuni che alzandosi al mattino non hanno come priorità la misura dell’elmetto rispetto alla circonferenza cranica, ma il lavoro, la famiglia, il destino dei figli e la difesa dei valori primari. Il ceo di Banca Intesa ricorda che il suo gruppo ha destinato 1,5 miliardi per combattere la povertà, sottolinea che la grande forza del nostro Paese sta «nel formidabile mondo delle imprese e nel risparmio delle famiglie, senza eguali in Europa». E sprona le altre grandi aziende: «In Italia non possiamo aspettarci che faccia tutto il governo, se ci sono aziende che fanno utili potrebbero destinarne una parte per intervenire sulle disuguaglianze. Ogni azienda dovrebbe anche lavorare perché i salari vengano aumentati. Sono uno dei punti di debolezza del nostro Paese e aumentarli è una priorità strategica».
Con l’Europa Carlo Messina non ha finito. Parlando di imprenditoria e di catene di comando, coglie l’occasione per toccare in altro nervo scoperto, perfino più strutturale dell’innamoramento bellicista. «Se un’azienda fosse condotta con meccanismi di governance come quelli dell’Unione Europea fallirebbe». Un autentico missile Tomahawk diretto alla burocrazia continentale, a quei «nani di Zurigo» (copyright Woodrow Wilson) trasferitisi a Bruxelles. La spiegazione è evidente. «Per competere in un contesto globale serve un cambio di passo. Quella europea è una governance che non si vede in nessun Paese del mondo e in nessuna azienda. Perché è incapace di prendere decisioni rapide e quando le prende c’è lentezza nella realizzazione. Oppure non incidono realmente sulle cose che servono all’Europa».
Il banchiere è favorevole a un ministero dell’Economia unico e ritiene che il vincolo dell’unanimità debba essere tolto. «Abbiamo creato una banca centrale che gestisce la moneta di Paesi che devono decidere all’unanimità. Questo è uno degli aspetti drammatici». Ma per uno Stato sovrano che aderisce al club dei 27 è anche l’unica garanzia di non dover sottostare all’arroganza (già ampiamente sperimentata) di Francia e Germania, che trarrebbero vantaggi ancora più consistenti senza quel freno procedurale.
Il richiamo a efficienza e rapidità riguarda anche l’inadeguatezza del burosauro e riecheggia la famosa battuta di Franz Joseph Strauss: «I 10 comandamenti contengono 279 parole, la dichiarazione americana d’indipendenza 300, la disposizione Ue sull’importazione di caramelle esattamente 25.911». Un esempio di questa settimana. A causa della superfetazione di tavoli e di passaggi, l’accordo del Consiglio Affari interni Ue sui rimpatri dei migranti irregolari e sulla liceità degli hub in Paesi terzi (recepito anche dal Consiglio d’Europa) entrerà in vigore non fra 60 giorni o 6 mesi, ma se va bene fra un anno e mezzo. Campa cavallo.
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