2022-05-28
All'intesa sul Fisco manca un dettaglio: il testo
Intesa raggiunta: la commissione scriverà la versione definitiva della delega. Dopo il 2026, rischiamo l’aumento della pressione.Dopo la minaccia Ue sui conti italiani, il ddl Concorrenza e la delega fiscale hanno ricevuto una spinta notevole. Sotto la pressione di Mario Draghi e il rischio ventilato anche se non vero di perdere i soldi del Pnrr, i partiti di maggioranza hanno accettato di chiudere il primo disegno di legge entro fine mese e di mettere in agenda i lavori su catasto e fisco per il 13 giugno. Con l’obiettivo di chiudere l’intera partita il 20. Un testo organico che inglobi le modifiche insufflate da Palazzo Chigi (che riguardano l’articolo 2 e l’articolo 6 della delega) ancora non c’è, e a «disegnarlo» dovrà essere ora la commissione Finanze della Camera, dove l’esame del testo riprenderà dopo le elezioni amministrative. A quel punto la delega fiscale approderà in Senato, dove il passaggio dovrebbe essere rapido e solo formale dato che il testo che arriverà sarà frutto di un accordo di tutta la maggioranza. Anche se non mancano, ancora, delle frizioni su alcuni nodi tra i partiti che sostengono il governo: proprio ieri mattina il sottosegretario Maria Cecilia Guerra (Leu-Articolo 1) ha fatto sapere che Liberi e uguali non voterà l’articolo 2 della delega (già ritoccato dall’accordo di ieri) sulla tassazione personale del reddito che, dice il sottosegretario al Mef «dopo l’ultimo compromesso voluto dal centrodestra, conferma di fatto lo status quo, cristallizzando tutte le ingiustizie che caratterizzano il nostro sistema fiscale. In primo luogo quello di una progressività che colpisce ormai solo i redditi di dipendenti e pensionati». L’accordo sulla prima parte dell’articolo 2 prevede di riscrivere la lettera a) del primo comma, eliminando la previsione di una progressiva evoluzione del sistema di tassazione verso un modello compiutamente duale (che avrebbe previsto un’unica aliquota per tutti i redditi fuori dall’Irpef). Al posto del sistema duale viene previsto un sistema «ibrido» con - si legge nelle bozze circolate ieri - una «progressiva revisione del trattamento fiscale dei redditi personali derivanti dall’impiego del capitale, allo scopo di favorire l’efficiente funzionamento del mercato dei capitali, aumentando il grado di neutralità fiscale e prevedendo ordinariamente l’applicazione di un prelievo proporzionale e regimi cedolari ai redditi da capitale, nonché distinguendo tra redditi da capitale mobiliare e immobiliare». Sempre all’articolo 2 della delega fiscale, lì dove si parla di riforma dell’Irpef, su istanza di Pd e Leu è stata poi inserita la previsione che la riduzione graduale delle aliquote medie effettive Irpef parta «da quelle relative ai redditi medio-bassi». Un’altra modifica proposta da Iv prevede che oltre alla «progressiva armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio anche con riferimento alle basi imponibili» si proceda verso il «progressivo superamento della distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria, prevedendo in ogni caso che l’armonizzazione operi esclusivamente con riferimento ai redditi prodotti dopo l’entrata in vigore dei decreti delegati e tenendo conto dell’obiettivo di contenere gli spazi di elusione e di erosione dell’imposta».L’altro grande capitolo, o meglio il capitolo madre delle modifiche alla delega fiscale, riguarda il catasto. Questo fu il primo nodo dello scontro con il centrodestra di governo, che ha bloccato la riforma per quasi due mesi. Da quanto sembra le lettere b) e c) del comma 2 dell’articolo 6 della delega eliminano la previsione di attribuire alle unità immobiliari, oltre alla rendita catastale revisionata, anche un nuovo valore patrimoniale. Secondo il governo nel dlgs Catasto si dovrà «indicare per ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale risultante a normativa vigente e sulla base dei dati nelle disponibilità dell’Agenzia delle entrate, anche una ulteriore rendita, suscettibile di periodico aggiornamento, determinata utilizzando i criteri previsti dal dpr 138/1998 tenendo anche conto dell’articolazione del territorio comunale in ambiti territoriali omogenei di riferimento; della rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali, distinguendoli in ordinarie e speciali; dell’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario». Un passaggio che di per sé appare rassicurante. Il maggior gettito derivato dall’emersione degli immobili fantasma sarà a sua volta utilizzato a livello comunale per abbassare il prelievo complessivo. Non si capisce però il motivo per cui, se ufficialmente si sostiene che la riforma non serva ad alzare le imposte, il governo si sia impuntato per dare un ruolo primario all’Agenzia delle entrate che coordinerà i Comuni e gli enti locali tramite la consultazione della banca dati Omi. Nella penultima riunione di maggioranza su questo tema sono volati gli stracci. Eppure, Omi è un acronimo che sta per Osservatorio del mercato immobiliare. Al momento, come si legge sul sito delle Entrate, «le quotazioni Omi non possono intendersi sostitutive della stima puntuale, in quanto forniscono indicazioni di valore di larga massima. Solo la stima effettuata da un tecnico professionista può rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l’immobile e motivare il valore da attribuirgli». Perché vincolare la tenuta del governo all’inserimento nella futura riforma di questi parametri? Purtroppo si rischia di tornare al punto di partenza. Sulle aliquote che riguardano anche i Btp e le cedolari sulle case, Draghi si era impegnato a conservare le agevolazioni. Che succederà con il no di Leu e il ni del Pd? Sul catasto l’impegno è di non alzare le tasse con la riforma, ma da nessuna parte c’è scritto che non saliranno dopo la riforma. Cioè dopo il 2026. Il diavolo di solito sta nei dettagli, qui starà nei decreti attuativi.