2023-05-01
Maledette iene della truffa green. Sardegna devastata da 1500 pale
Il progetto varato in silenzio da Mario Draghi: centinaia e centinaia di torri alte come la tour Eiffel in tutta l’isola. Chi ci guadagna? Multinazionali e banche d’affari come Jp Morgan. A farne le spese le economie locali.Le bollette aumentano? È una straordinaria opportunità «per raggiungere gli obiettivi sul clima» (Luigi Federico Signorini, Banca d’Italia). La guerra in Ucraina? Siccome fa crescere il prezzo del petrolio, è «una benedizione per il clima» (Petteri Taalas, segretario generale dell’agenzia meteorologica dell’Onu). La crisi energetica? «È una cosa positiva per il clima» (Bill Gates, miliardario). Ormai nei palazzi che contano non lo nascondono neppure più. Se le famiglie sono alle prese con i folli prezzi dell’elettricità, se per riscaldare le case bisogna fare un mutuo e per il pieno di benzina tocca vincere al Superenalotto, se il costo dell’energia distrugge tanti artigiani e mette in ginocchio le imprese, ebbene, se succede tutto ciò, a loro non importa. Quello che conta è la rivoluzione verde. Vogliono salvare il pianeta? Macché. Vogliono salvare i soldi della grande finanza. [...]Vittorio Sgarbi le definisce «forme di pornografia del paesaggio». In Sicilia sono state uno degli investimenti preferiti del boss Matteo Messina Denaro. In Calabria ci facevano affari le cosche della ’ndrangheta. Eppure le pale eoliche piacciono sempre di più. Persino Wwf, Legambiente e Fai si sono convertite. Prima le criticavano, ora ne sono fan. In effetti: perché difendere la natura? O i borghi storici? O i siti archeologici? O il nostro immenso patrimonio di arte e bellezza? Tutto superato. Ora bisogna tifare per le torri di ferro, bisogna metterle dappertutto. E dunque avanti con i mammozzoni d’acciaio che sfregiano gli angoli incantevoli d’Italia. Ma possibile che per difendere l’ambiente si accetti di deturpare l’ambiente? Possibile, eccome. E la spiegazione è sempre la stessa. «Questo è un business che rende più del narcotraffico» dice Mauro Pili, ex presidente della Regione Sardegna, ex deputato e oggi giornalista dell’Unione Sarda. Con le sue inchieste ha dimostrato che l’invasione di pale eoliche nell’isola sarà una perdita secca per i cittadini che dovranno rinunciare a un po’ della loro storia, delle loro tradizioni, dei prodotti tipici, della pesca, dell’artigianato e di quei panorami che il mondo ci invidia. E chi ci guadagnerà? Ovvio: le multinazionali straniere e le banche d’affari come JP Morgan. Tutto ciò fa girare le pale, eccome se le fa girare. E passando in Sardegna si capisce ciò che sta davvero succedendo. Qui, infatti, da un anno si combatte una battaglia feroce contro quello che i sardi definiscono un «golpe energetico» deciso da Roma: nel marzo 2022, con apposito decreto, il governo Draghi ha dato il via libera a un piano per l’isola che prevede l’installazione di 1.500 pale eoliche. Dovrebbero essere sparse un po’ dappertutto: 54 alte 332 metri (più della Tour Eiffel) a Capo Caccia, 120 alte fra i 200 e i 300 metri (quanto un palazzo di 60 piani) nel golfo degli Angeli, 33 alte 300 metri di fronte all’isola di San Pietro, centinaia tra La Maddalena e Caprera, 210 in Costa Smeralda... «È uno stupro» si lamentano i sardi. La Regione si è opposta. È cominciata una lunga battaglia legale che vale 57 miliardi di euro. È questa infatti la torta degli incentivi che si spartiranno nei prossimi anni coloro che investono nelle pale eoliche. Mauro Pili, che di questa battaglia a difesa della Sardegna è l’alfiere e il portavoce, fa notare che le 1.500 torri, unite al fotovoltaico, darebbero la possibilità di produrre energia per venticinque milioni di persone. L’isola, come è noto, ne ha meno di due. Dunque è evidente che l’investimento non è a favore dei sardi. E allora a favore di chi? Basta guardare chi presenta i progetti: nove sono di Iberdrola, una multinazionale spagnola a cui l’Antitrust ha appena contestato pubblicità ingannevole proprio sulle rinnovabili; dietro il progetto di Capo Caccia c’è una multinazionale svedese (la Hexicon); dietro quello di Nuoro c’è un’altra multinazionale spagnola (EDP Renewables); dietro quello dell’isola di San Pietro c’è una multinazionale danese (Wind Power); e dietro quello del golfo degli Angeli c’è la banca d’affari americana JP Morgan, che nel febbraio 2022 ha compra to Falck Renewables, storica società della famiglia Falck. Acquisto quanto mai tempestivo. Proprio un mese prima che Draghi desse il via libera alla eolizzazione forzata della Sardegna... Sono questi i protagonisti della corsa all’oro eolico. Corsa ai profitti che si annunciano enormi. E corsa ai fondi del Pnrr che si annunciano generosi. 57 miliardi (per loro) non valgono forse qualche sacrificio (per i cittadini)? A Carloforte si lamentano: le pale eoliche distruggerebbero la pesca del tonno rosso, storica ricchezza locale. Ma chi se ne importa? A Capo Caccia si lamentano: le pale eoliche distruggerebbero la Riviera del Corallo, storica ricchezza locale. Ma chi se ne importa? E chi se ne importa se vengono sfregiati Capo Teulada, l’isola dei Nuraghi, la basilica di Saccargia e tanto altro ancora? Il business delle multinazionali incombe, si può mica pensare a questi dettagli? Nulla conta. Né il passato né il futuro. Nel cuore della Barbagia, nella miniera dismessa di Sos Enattos, c’è il punto più silenzioso della Terra, l’unico in cui, secondo gli esperti, si può sentire la voce dell’universo. Questo posto è stato scelto per realizzare ET, Einstein Telescope, un centro di ricerca fra i più importanti del pianeta e che porterebbe migliaia di posti di lavoro senza intaccare nulla della bellezza dei luoghi. Ebbene: per quanto assurdo possa sembrare, il piano del governo prevede di mettere le pale eoliche anche lì. Accanto alla miniera dismessa. Accanto al luogo dove dovrebbe sorgere il laboratorio. «Ma se ci sono le pale eoliche spariscono il silenzio e il progetto Einstein» hanno fatto notare i sardi. Ma quelli non ci sentono. A loro la voce dell’universo non interessa. Sentono solo la voce del business. Così le pale girano sempre di più. Anche con due elle. E non soltanto in Sardegna. A Celle di San Vito, il più piccolo paese della provincia di Foggia, ci sono solo 162 abitanti e ben 156 turbine, come segnala una interrogazione parlamentare del 17 febbraio 2021. A Sant’Agata di Puglia c’è chi si è preso la briga di contare le torri: sono 111, una ogni 17 abitanti. L’energia rinnovabile, d’accordo. Ma non è troppo? E ne vale la pena? Se lo sono chiesto anche i pescatori di Mazara del Vallo quando è stato varato il progetto di un maxiparco eolico davanti alle loro coste, proprio in quel pescosissimo tratto di mare che fra gambero rosso e pesce azzurro dà loro da vivere da generazioni. È giusto distruggere un antico e rinomato sistema economico, mandando sul lastrico centinaia di famiglie, per costruire una piattaforma di torri in mezzo al mare? C’è chi ha sollevato qualche dubbio. E i dubbi aumentano quando si scopre chi c’è dietro il progetto: Carlo Toto. Proprio lui. Il costruttore abruzzese, l’uomo cui lo Stato ha appena revocato la concessione dell’Autostrada dei Parchi per il mancato rispetto degli impegni. Ma come? Gli togli l’autostrada e gli dai le piattaforme in mezzo al mare? Toto ha cominciato la sua attività con l’asfalto, poi è passato agli aerei (Air One), e quindi alle autostrade. Queste ultime le ha gestite così male che «cadevano a pezzi», come ha ammesso lui stesso, nonostante i ricchi incassi garantiti da aumenti record delle tariffe. Sempre in lite con lo Stato, sempre con un contenzioso aperto. Sognava di costruire il megatunnel sotterraneo RomaPescara, tanto da guadagnarsi il soprannome di «talpone scavatore d’Italia». Di uno così ci si può fidare. È un vero amante dell’ambiente, no? Ed è per questo grande amore per l’ambiente, immaginiamo, che ora vuol costruire il maxiparco eolico in Sicilia...
Ecco Edicola Verità, la rassegna stampa del 3 settembre con Carlo Cambi