2020-06-24
Magistrati a difesa delle porte girevoli col mondo politico
L'ex giudice Giacomo Caliendo, ora in Parlamento con Fi, sta cercando di impedire il «riciclo» delle carriere. Correnti Anm scatenate. Ai tempi dell'inchiesta sulla P3 veniva indicato come la bestia nera dei giornalisti: nelle redazioni si raccontava che avesse «la querela a nastro» per quanti cronisti ebbe a denunciare. Ora Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia, ex magistrato ed ex sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi, sembra essersi trasformato nello spauracchio delle toghe. Nelle chat dello stratega delle nomine Luca Palamara c'è un messaggio di Donatella Ferranti, l'ex deputata del Pd ed ex presidente della commissione Giustizia che l'altro giorno ha annunciato di voler querelare Palamara, con il quale la toga poi passata alla politica indica un emendamento di Caliendo come «pericoloso». È il 9 novembre 2017 e il documento, firmato da altri quattro parlamentari, era appena stato depositato. Scrive Ferranti a Palamara: «Creano giudice speciale dentro la Corte di Cassazione». Contattato dalla Verità, Caliendo proprio non è riuscito a spiegarsi le ragioni di quella chiosa alla sua proposta. «Si trattava», spiega l'ex magistrato, «di una Sezione presso la Cassazione incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie tributarie. La bontà dell'emendamento sta nel fatto che attualmente la situazione viene gestita nello stesso modo ma con delle circolari interne. Io propongo una soluzione legislativa». Ma Caliendo spiega anche che «ce n'è necessità assoluta, in quanto i legislatori cambiano con grande velocità le leggi tributarie e quando i ricorsi arrivano in Cassazione, ovvero dopo anni, le regole sono già cambiate». La questione Caliendo si è riproposta anche nelle ultime ore. Nelle chat delle correnti (questa volta non si tratta di quelle intercettate dalla Procura di Perugia ma dei gruppi usati dalle toghe per comunicare tra loro) è comparso un documento Pdf che agita non poco la magistratura. È una riforma presentata nelle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia riunite, contenente «disposizioni in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali». Le cosiddette «porte girevoli» per le toghe che, dopo l'esperienza politica, vogliono tornare al loro posto. C'è anche un capitolo dedicato alle «modifiche alla disciplina in materia di astensione e ricusazione dei giudici». Probabilmente alcuni ritengono preoccupante anche la seconda parte della proposta di riforma. L'agitazione degli ultimi giorni, però, è legata a una scadenza: alle 12 di venerdì 26 giugno è fissato il termine per la presentazione degli emendamenti. E c'è da giurarci che la relazione magistratura-politica si rimetterà in moto, anche senza Palamara. Caliendo sull'interesse delle toghe per la riforma è meno sorpreso: «È stata votata all'unanimità nella passata legislatura al Senato. Poi l'hanno bloccata per tre anni alla Camera. Non voglio andare appresso alle dietrologie, perché all'epoca c'era chi sosteneva che il presidente della Commissione era interessato in quanto magistrato. A me interessa che un magistrato che sceglie la politica, e io sono stato magistrato e faccio il politico, poi non debba più tornare in ruolo». Lui d'altra parte l'ha fatto: quando ha scelto la politica si è dimesso, lasciando una lunga esperienza che portava in dote da togato: sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione e in passato presidente di sezione della Commissione tributaria di primo grado. Fondatore di Unicost, nell'arco di pochi anni ha ricoperto tutte le cariche più importanti dell'Anm: nel 1983 è il primo fra gli eletti al Comitato direttivo centrale e, nello stesso anno, diviene segretario generale di Unicost. Nel 1991 diventa il presidente dell'Anm. Quindi conosce bene sia il mondo associativo, sia le correnti. «Mi sono dimesso dalla magistratura quando mi mancava ancora qualche anno per la pensione», aggiunge Caliendo per sottolineare quanto ritenga importante fermare le porte girevoli, «lo sostengo da anni, anche da quando ero ancora magistrato». E non è affatto stupito dalla reazione corporativa degli ex colleghi. Si fa una grassa risata in attesa che arrivino gli emendamenti. Come si è scoperto grazie alle chat di Palamara i giudici in più di un'occasione hanno influenzato la politica. Un emendamento del 2017 che riguardava il rientro in ruolo dei consiglieri del Csm, ha svelato La Verità, doveva essere stato concepito proprio all'interno di Unicost. Il relatore fu un parlamentare di Alternativa popolare-Nuovo centrodestra (il movimento di Angelino Alfano), Paolo Tancredi, che lo sottoscrisse alla vigilia di Natale. Ieri, intervistato dal vicedirettore della Verità Giacomo Amadori, Tancredi ha raccontato da quali giudici erano arrivate le indicazioni per quell'emendamento che lui stesso riteneva addirittura inammissibile. Ma passò. Giovanni Legnini, che ha letto l'intervista, commenta: «Tancredi ha detto la verità, io non mi sono mai in alcun modo interessato di quella vicenda. Mi fu chiesto un parere e mostrai freddezza su quella norma». Al contrario di altre toghe.