2022-02-09
Magica Italia: oro nel curling senza giocarci
Stefania Constantini e Amos Mosaner (Ansa)
La coppia Constantini-Mosaner trionfa alle Olimpiadi invernali nello sport in cui si lanciano sassi sul ghiaccio e poi si spazza. Da noi ci sono solo 333 tesserati ma i nostri hanno stracciato svedesi, norvegesi e i campioni iridati del Canada, che ha 2 milioni di praticanti. Stefania Constantini e Amos Mosaner agguantano l’oro a Pechino 2022 nel doppio misto di curling battendo 8-5 la coppia di coniugi norvegesi Kristin Skaslien e Magnus Nedregotten. Sarebbe come se Davide si facesse beffe di Golia senza nemmeno i favori dell’Altissimo. È il bello del curling, chiamato anche «bocce su ghiacchio», sport invernale che delle bocce forse non conserva il piglio goliardico da riunione al dopolavoro ferroviario, ma non lesina sulla propensione geometrica tipica del gioco del biliardo, garantendo suspense. Tra gli sportivi italiani è considerato alla stregua di Cenerentola, e come lei indossa raramente l’abito per il gran ballo. Le luci della ribalta lo illuminano ogni 15 anni: era capitato alle Olimpiadi invernali di Torino 2006, quando il curling aveva dominato le discussioni sui social per una settimana buona, è successo ieri, con un trionfo da precedente letterario. Nel mezzo, il nulla o quasi. L’Italia vanta solo 333 tesserati agonistici alla disciplina, un’inezia, se paragonati ai circa 20.000 degli Stati Uniti, 15.000 in Scozia, 7.000 svedesi, 6.000 russi, e poi Cina, Svizzera, Norvegia, Danimarca, Giappone, sopra la soglia dei 2.000. In Canada poi, sono circa 2 milioni le persone che hanno calcato un campo di curling almeno una volta nella vita. Nel nostro Paese, a smuovere le acque ci aveva provato Claudio Amendola con una commedia del 2013: si chiamava La mossa del pinguino e raccontava con toni farseschi le vicende di un branco di sventurati in difficoltà con lo sbarcare il lunario che si improvvisavano olimpionici di curling perché «da noi non lo pratica nessuno, dunque potremmo arrivare davvero alle Olimpiadi». Oggi il trionfo sostituisce la farsa. Ma intendiamoci. La vittoria dei bravissimi Constantini e Mosaner non convincerà gli italiani a mollare le scarpette da calciatore per indossare quelle da ghiaccio, tanto meno riconoscerà alle parole del presidente del Coni, Gianni Malagò, un’autenticità che possa discostarsi dall’euforia per un oro inaspettato («Una medaglia che passa alla storia come quella di Jacobs nell’atletica», ha detto il capo della massima istituzione sportiva nostrana, forse a caccia di iperboli azzardate). Tuttavia rappresenta il finale ideale di un romanzo godibile. A cominciare dalla prima pagina, quella che spiega come funzionino le regole di uno sport poco noto da noi, adorato e praticato nel Nord Europa, inventato, pare, dagli scozzesi nel basso medioevo. Durante una partita di curling, due squadre si affrontano spingendo pietre di granito levigate del peso di circa 20 chili, dotate di un’impugnatura. I giocatori fanno scivolare le pietre su un pavimento di ghiaccio verso un’area di destinazione, detta casa, contrassegnata da tre anelli concentrici. Le pietre vengono spinte con un effetto chiamato curl (roteare in inglese), grazie al quale riescono a percorrere una traiettoria curvilinea. Ogni squadra ha a disposizione otto lanci per ogni intervallo di gioco, in cui ciascun giocatore lancia due pietre. In buona sostanza: lo scopo sta nell’accumulare, nel corso del match, un punteggio maggiore dell’avversario, calcolando i punti in base al numero di pietre più vicine al centro della casa alla fine di ogni manche. Una manche si completa quando entrambe le squadre hanno lanciato tutte le pietre a disposizione. E non finisce qui. La traiettoria curvilinea può essere ulteriormente influenzata dall’azione delle famigerate scope da curling, ormai entrate nell’immaginario collettivo, che vengono brandite da un componente della squadra a ogni lancio per abradere la superficie del ghiaccio di fronte al sasso, alterandone le caratteristiche, favorendo di volta in volta la strategia da utilizzare per direzionare il percorso. Insomma, per vincere occorre l’occhio del giocatore di biliardo, la mente del bravo scacchista, il piglio euforico del frequentatore di bocciofile d’alto rango. Il tutto condito da un’atmosfera norrena, perché è nelle terre vichinghe che queste abilità si sono perfezionate. Facile dunque immaginare l’impresa compiuta dai nostri: prima di battere i norvegesi, hanno impartito lezioni sonore a Stati Uniti, Svizzera, Repubblica Ceca, Australia, Gran Bretagna, Cina, Svezia, Canada e ancora Svezia nelle semifinali. Una giornata da ricordare per Stefania Costantini, ventiduenne di Pieve di Cadore che ora vive a Cortina d’Ampezzo, terra di neve e Dolomiti. Fino a due anni fa faceva la commessa in un negozio del suo paese, ma dopo essere entrata nel gruppo sportivo delle Fiamme Oro, ha potuto dedicarsi a tempo pieno all’amato sport. «Ho cominciato a 8 anni, è stato amore a prima vista», ricorda lei. «Non è solo un fatto fisico, è una sfida mentale. Perdere la concentrazione sarebbe fatale. E poi, è un’attività all’insegna del fair play, non c’è nemmeno bisogno degli arbitri». Sulla stessa lunghezza d’onda Amos Mosaner, detto Gotze, nato a Cembra, in Trentino, il 12 marzo 1995. Fa parte del gruppo Fiamme Gialle, è un gigante di 197 centimetri di statura, gioca a beach volley, è appassionato di vini ed è specializzato in amministrazione finanziaria. «Ho cominciato a 5 anni, andavo sempre sul ghiaccio con mio padre. Del curling mi affascina lo sviluppo di una strategia e il gioco di squadra. Il mio idolo è il canadese Kevin Martin, oro a Vancouver 2010». Chissà, magari da oggi saranno i canadesi a voler imparare dagli italiani. Che per ora, nel medagliere olimpico di Pechino, vantano complessivamente due ori, quattro argenti e un bronzo. Ad aprire le conquiste azzurre è stata la trentunenne pattinatrice romana Francesca Lollobrigida, seconda nei 3.000 metri alle spalle dell’olandese Schouten. Un altro argento è arrivato nel pattinaggio, con la staffetta mista composta da Arianna Fontana, Martina Valcepina, Pietro Sighel e Andrea Cassinelli, mentre il carabiniere ventottenne Dominik Fischnaller, dopo aver perso il podio per soli 2 millesimi di secondo quattro anni fa a Pyeongchang, ha agguantato il bronzo nello slittino. Non scordando l’argento di Federica Brignone nello slalom gigante, l’oro di Arianna Fontana nei 500 metri di short track, e l’argento nello sci di fondo sprint a tecnica libera di Federico Pellegrino.
Jose Mourinho (Getty Images)