2024-07-06
Natoli interrogato fa scena muta e va verso la prescrizione
L'ex pm Gioacchino Natoli (Imagoeconomica)
L’ex magistrato, indagato per favoreggiamento alla mafia, aveva detto di voler chiarire, ma ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere.«Sono stato e sono un uomo delle istituzioni e ho piena fiducia nella giustizia. Darò senz'altro il mio contributo nell'accertamento della verità». Questo aveva dichiarato appena nelle scorse ore l’ex pm antimafia Gioacchino Natoli dopo aver scoperto di essere indagato per favoreggiamento della mafia dalla Procura di Caltanissetta che lo invitava a rendere interrogatorio. Ha quindi spiazzato tutti la notizia che, ieri, il noto magistrato, esponente di spicco della sinistra giudiziaria, già componente del Csm e presidente della Corte di Appello di Palermo, invece, davanti agli inquirenti nisseni, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Salvo poi far annunciare al suo avvocato Fabrizio Biondo di essere pronto a «chiedere alla Procura della Repubblica un successivo interrogatorio in cui fornire ogni utile chiarimento». Al momento, però, i pm, inaspettatamente, non hanno potuto domandargli se, per fare chiarezza, sia pronto a rinunciare alla prescrizione del reato. La mossa di Natoli, che davanti alla commissione Antimafia, appena cinque mesi fa, si era dilungato sulla vicenda, avrà certamente gettato nello sconforto i suoi supporter dentro al Partito democratico e al Movimento Cinque stelle che, senza conoscere gli atti, si erano subito schierati a sua difesa. Di fronte al silenzio di Natoli, a distanza di 32 anni dagli episodi contestati, i pm non potranno far altro che chiedere l’archiviazione per prescrizione del reato principale, anche se nella loro istanza dovranno motivare le accuse e descrivere i fatti accertati a carico di Natoli, il quale rischierebbe così di essere bollato a vita come amico dei mafiosi non potendo contestare nel merito i contenuti del decreto di proscioglimento. La Procura di Caltanissetta, diretta da Salvatore De Luca, nell’invito a comparire ha già riassunto le proprie accuse. Natoli, in concorso con l’allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco (considerato l’istigatore del «disegno criminoso») e con l’allora capitano della Guardia di finanza Stefano Screpanti, avrebbe aiutato i boss Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’ex politico dc in odore di mafia Ernesto Di Fresco e i manager del gruppo Ferruzzi Raul Gardini, Lorenzo Panzavolta (noto pagatore di tangenti legato alla sinistra) e Giovanni Bini «a eludere le investigazioni delle autorità» nell’ambito del cosiddetto dossier mafia-appalti portato avanti da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e dai carabinieri del Ros. Un fascicolo delicatissimo che esplorava per la prima volta i rapporti di Cosa nostra con i grandi gruppi industriali del Nord Italia e che, secondo recenti piste investigative, potrebbe avere portato alla condanna a morte dei due magistrati. La Procura guidata da Giammanco avrebbe volutamente ignorato le accertate infiltrazioni mafiose dei fratelli Antonino e Salvatore Buscemi, fedeli tirapiedi di Salvatore Riina, nella gestione delle cave di marmo di Carrara, attività condivisa con il gruppo Ferruzzi di Ravenna. L’accusa di aver condotto un’indagine solo «apparente» è dovuta al brevissimo lasso temporale disposto per le intercettazioni (meno di 40 giorni) e il ridotto numero dei soggetti sottoposti alle captazioni, non «sufficiente a garantire un livello di efficienza delle investigazioni». I tre indagati non avrebbero fatto trascrivere importanti intercettazioni che, per l’accusa, costituivano vere e proprie notizie di reato e da cui si evinceva la «messa a disposizione» di Di Fresco (parente acquisito di Falcone) a favore di Bonura, con tanto di tentativo di «aggiustamento» di un processo per omicidio a carico del boss. Natoli è accusato anche di non aver avviato le indagini su altri due imprenditori «risultati a completa disposizione di Bonura» e di aver chiesto l’archiviazione del fascicolo mafia-appalti «senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale» di un procedimento parallelo portato avanti dalla Procura di Massa Carrara. «Infine per occultare il suindicato rilevante esito delle intercettazioni telefoniche disponeva la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci». Ma come rivelato dalla Verità a novembre per un caso del destino, forse per negligenza, molti di quei nastri non vennero distrutti e recentemente sono stati consegnati dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia ai colleghi nisseni che hanno potuto trarre le conclusioni sopra citate. A peggiorare la situazione di Natoli è stato lui stesso con l’invito a Caltanissetta di un documento intitolato «brevi note di chiarimento», in cui incolpava di falso il cancelliere Damiano Galati (in seguito stretto collaboratore in Regione Sicilia di Lucia Borsellino), sostenendo che sarebbe stato l’impiegato a inserire, con un’aggiunta a penna, nell’ordine di smagnetizzazione, la richiesta di «distruzione dei brogliacci». Ma i magistrati, probabilmente dopo una perizia grafica, si sono convinti che Natoli avrebbe calunniato Galati per occultare le proprie responsabilità nella contestazione più grave. Tutto lascia presagire, quindi, che Natoli, con il suo silenzio, si accollerà il ruolo di capro espiatorio, evitando di coinvolgere altri colleghi e in particolare chi potrebbe averlo indotto a prendere quelle decisioni. Apprezzeranno la scelta i magistrati che hanno trattato il dossier mafia-appalti e che sono ancora in vita (Guido Lo Forte, Roberto Scarpinato e Giuseppe Pignatone), i quali avrebbero dovuto riunire il procedimento palermitano con quello carrarese anziché destinarlo a Natoli perché lo archiviasse. Tutto ciò non impedisce tuttavia al Csm di aprire una di quelle pratiche a tutela tanto in voga quando ad attaccare i pm sono i politici di centro-destra. Infatti con due inusitati e contemporanei comunicati stampa, diramati senza ovviamente conoscere il contenuto degli atti di indagine ancora coperti dal segreto, i componenti della Commissione parlamentare antimafia del Partito democratico e del Movimento 5 stelle, il 3 luglio hanno apertamente preso le difese di Natoli, un’icona dell’antimafia progressista, già iscritto alla corrente della sinistra giudiziaria dei Verdi, nonché eletto al Csm nelle sue fila. La componente dem della Commissione Antimafia, capitanata dall’ex Guardasigilli Andrea Orlando e da Debora Serracchiani, ha fatto un’indebita invasione di campo, manifestando «sorpresa» per l’indagine, definendo Natoli come «un magistrato che ha speso tutta la sua vita servendo lealmente lo Stato» e aggiungendo che «la sua biografia parla per lui». Forse dimenticano le aspre critiche mosse dall’allora Partito democratico della sinistra alla sentenza emessa nel 1991 dall’allora giudice istruttore Natoli, definita «ordinanza fotocopia», nel procedimento relativo ai cosiddetti «delitti politici» di Pio La Torre, segretario regionale del Partito comunista, di Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia cristiana e di Piersanti Mattarella presidente democristiano della regione Sicilia. Natoli aveva infatti accolto in pieno le tesi della Procura di Giammanco, secondo cui la responsabilità dei tre omicidi doveva essere ascritta soltanto alla mafia e non ad altri poteri oscuri, tesi contestata dagli avvocati del Pds, parte civile nel processo, in una lunga memoria. I grillini, guidati da Scarpinato e dall’ex procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, hanno fatto eco ai colleghi dem, evidenziando la vicinanza di Natoli a Falcone e Borsellino e liquidando le accuse come «radicalmente in contrasto con la storia umana e professionale» dell’ex magistrato sotto inchiesta. I politici, nel comunicato, rimarcano che Natoli «per la sua intransigenza morale e per la eccezionale competenza professionale è sempre rimasto un punto di riferimento per tutta la magistratura antimafia» e ricordano che lo stesso è stato «la punta di diamante di alcune delle più importanti indagini» sulle cosche, «anche quelle rivolte ai suoi potenti complici e protettori nel mondo delle istituzioni, della politica e dell'economia». Guai, quindi, a chi pensa di macchiare il curriculum di Natoli.
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