2020-03-16
Made in Italy a rischio
Dal video francese con la «pizza corona» al blocco immotivato delle merci alle dogane: in Europa si moltiplicano gli attacchi I produttori alimentari protestano. Ma per ora nessuno li ascolta.Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini traccia la rotta per la riforma del settore agricolo: «Ci facciamo del male da soli I nostri concorrenti come Francia, Germania e Spagna non hanno problemi a boicottarci senza scrupoli».Lo special contiene due articoliCommercio, agricoltura, turismo, il sistema economico nazionale è penalizzato non solo dal coronavirus ma dalla volontà di boicottare i nostri prodotti. Paesi esteri ci hanno provato prima che fosse dichiarata la pandemia, siamo certi che nuovi attacchi arriveranno da nazioni che tentano la folle operazione di associare il made in Italy a un'infezione virologica. Prima il vergognoso video sulla pizza andato in onda su Canal+, guarda caso in Francia che è nostro secondo mercato di sbocco dopo la Germania e con la quale è in atto una storica sfida sui mercati internazionali. Poi la richiesta di etichette «virus free» da importatori di formaggi in Grecia, di insalata in Polonia e frutta dal Kuwait, mentre merci vengono bloccate alle frontiere come le mele in Ucraina e arrivano numerose disdette immotivate da diversi Paesi che colpiscono l'intero agroalimentare. Sul sito del ministero della Salute, alla domanda se il virus si trasmette per via alimentare, la risposta non è del tutto confortante: «Normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto tra alimenti crudi e cotti». Ma questo per fortuna già viene fatto nel nostro Paese. Per combattere la disinformazione, gli attacchi strumentali e la concorrenza sleale, la Coldiretti ha lanciato la campagna #mangiaitaliano con l'intento di sostenere il made in Italy, chiedendo a supermercati, ipermercati e discount di privilegiare negli acquisti le mozzarelle con il latte italiano al posto di quelle ottenute da cagliate straniere, salumi prodotti con la carne dei nostri allevamenti, frutta e verdura nazionale e olio extravergine al 100% italiano. Rimane però il timore che la psicosi da coronavirus possa innescare nuove speculazioni favorendo i plagi stranieri, il cosiddetto italian sounding, a scapito delle esportazioni. Già la commercializzazione di prodotti fatti all'estero e che nulla hanno a che fare con l'originale italiano vale più del doppio della filiera autentica, oltre 100 miliardi di euro contro 44 miliardi. Il falso alimentare ispirato ai prodotti tricolore è cresciuto negli ultimi dieci anni senza battute d'arresto, i consumatori stranieri, soprattutto quando non hanno la cultura per comprendere le differenze, scelgono un prodotto a basso costo, non autentico, piuttosto che spendere di più per un Dop italiano. Se poi la campagna concorrenziale si arricchisce di nuove, false argomentazioni quali un made in Italy infettato dal coronavirus, quello che serve più che mai oggi è un progetto formidabile per rilanciare l'eccellenza agroalimentare italiana nel mondo. Un comparto che dai campi agli scaffali, fino alla ristorazione, vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil e offre lavoro a 3,8 milioni di persone. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/made-in-italy-a-rischio-2645497871.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="coinvolgiamo-fiere-e-ambasciate-per-farci-apprezzare-nel-mondo" data-post-id="2645497871" data-published-at="1757860292" data-use-pagination="False"> «Coinvolgiamo fiere e ambasciate per farci apprezzare nel mondo» Ettore Prandini, 47 anni, dal 2018 è il leader nazionale della Coldiretti. Presidente, il piano che vale 44,6 miliardi di euro è una misura che vi soddisfa? «La cifra è quella del nostro export agroalimentare. Dobbiamo rilanciare le esportazioni, ma questo piano deve essere nazionale e le risorse non vanno distribuite a una miriade di enti, come Regioni o Camere di commercio perché le utilizzano con altre finalità, magari per la gestione della struttura. Se invece il piano viene organizzato con Ice, con Sace e altre istituzioni pubbliche, creando un meccanismo grazie al quale le aziende potranno partecipare a costo zero alle fiere dell'agroalimentare nel mondo, questo sarebbe un buon passo». Qual è la situazione dell'export agroalimentare, dopo che è passato l'assurdo messaggio che siamo un Paese di untori? «Sull'internazionalizzazione serve ancora di più un sistema di reti da parte delle ambasciate con persone qualificate, specializzate nel settore agroalimentare, che creino momenti di contatto con le catene distributive che operano nei vari Paesi del mondo e che vengono premiate in base al numero di contratti stipulati. Contestualmente c'è bisogno di un'agenzia unica nazionale, che si preoccupi di accompagnare le nostre aziende nel mondo. Pensiamo a quanto potrebbe aumentare il valore delle nostre esportazioni, riducendo il taroccato». Che cosa deve fare il governo, subito, per difendere il brand italiano? «Intanto impedire forme di speculazione come quelle a cui stiamo assistendo, anche all'interno del nostro Paese. Sarebbe importante sospendere il lavoro che fanno le Borse merci per evitare, ad esempio, quanto accade nel settore suinicolo dove i prezzi sono calati nonostante l'assenza di criticità. O per frenare le insostenibili richieste di ridurre il prezzo del latte pagato agli allevatori, proprio mentre i supermercati vengono presi d'assalto e nelle stalle si continua a mungere per garantire le produzioni e i rifornimenti nelle dispense degli italiani. Non bisogna deprimere il valore del prodotto, penalizzando il lavoro delle aziende che già devono sostenere ulteriori costi per l'igienizzazione imposta con il coronavirus». Non basta, immaginiamo. «Serve un piano per l'agroalimentare, nel settore lattiero caseario con il coinvolgimento della Protezione civile, del “bando indigenti" così da aumentare subito la disponibilità di acquisto del prodotto e attenuando le perdite che si registrano nel settore ristorazione. Allo stesso tempo, è necessario sensibilizzare la grande distribuzione perché acquisti prodotti, per esempio frutta e verdura, dall'Italia e non dall'estero. Un po' di sano patriottismo da tutti i soggetti è necessario per sostenere tutta la filiera dell'agroalimentare». L'etichetta virus free nasconde malamente la volontà di boicottare i nostri prodotti. «Certo, non a caso viene fatta da quei Paesi che sono concorrenziali con alcune nostre produzioni, come Francia, Germania, Spagna. La richiesta del “corona free" è una grande presa in giro, usata per sminuire il valore del nostro made in Italy a fronte di una certificazione impossibile da fornire. Pensiamo solo agli autotrasportatori bloccati con la minaccia di metterli in quarantena, quando invece lavorano in massima sicurezza. Non farli venire a caricare in Italia significa favorire le produzioni di altri Paesi. Una speculazione economica, per di più fatta all'interno dell'Unione europea che non prende una posizione chiara. L'Europa deve dimostrare di esistere, senza limitarsi a consentire un deficit che pagheremo soltanto noi, alla prossima finanziaria». Già il sistema di etichettatura a semaforo adottato da vari Paesi europei è stato da lei «definito fuorviante, discriminatorio e incompleto». «Mai come oggi dovremmo batterci per ottenere forme di etichettature, di trasparenza, di tracciabilità. I consumatori di tutto il mondo chiederanno sempre di più prodotti agroalimentari di qualità, se possiamo dimostrare che abbiamo le produzioni migliori il nostro mercato cresce. Ma le etichette “virus free" sono solo strumentalizzazione». Che cosa proponete di fonte al bocco della manodopera straniera in campagna? «La soluzione prospettata da Coldiretti è quella di una semplificazione del voucher agricolo che permetta di impiegare in campagna studenti e pensionati italiani e di non perdere interi raccolti. Solo così può essere garantita la presenza in tavola di nostri prodotti freschi».
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)