2019-05-11
Macron vuole Facebook contro i suoi nemici
Il cofondatore Chris Hughes invita a spacchettare il social network per arginare il suo strapotere su miliardi di persone. Ma Mark Zuckerberg risponde picche. E va da Emmanuel Macron, che gli chiede un regolamento per arrivare a un controllo sui contenuti.Fermate Facebook. Potrebbe sembrare lo slogan di una setta di neoluddisti, e invece l'accorato appello è partito nientemeno che da uno dei fondatori del più famoso e frequentato social network. Chris Hughes, insieme a Eduardo Saverin, Andrew McCollum e Dustin Moskovitz, ha contribuito con Mark Zuckerberg a fondare nei primi anni Duemila la piattaforma che oggi vanta 2,38 miliardi di utenti in tutto il mondo. Da dieci anni Hughes è uscito dalla società e dal giro dei social network. Più che un rifiuto, la sua sarebbe meglio definirlauna conversione. Dopo aver abbandonato la nave, ha definito Facebook «l'emblema del fallimento del sogno americano» e ha scritto un libro nel quale spiega la sua personale soluzione per mettere fine alla povertà. Ma se oggi interviene coram populo non è solo per via degli scandali (Cambridge Analytica su tutti) che hanno minato la credibilità della sua ex azienda, ma soprattutto per lo strapotere che Zuckerberg ha accumulato nel corso degli anni e per i tentativi inutili di affermare l'ascesa di uno strumento che doveva servire ad avvicinare la gente e invece ha finito per condizionare le abitudini di ciascuno di noi. Per questo, il cofondatore di Facebook ha pubblicato giovedì un lungo editoriale sul New York Times, spiegando una per una le ragioni per le quali, a suo avviso, occorre intervenire il più in fretta possibile.Nella sua disamina, Hughes traccia un profilo lucido e senza fronzoli di Zuckerberg: «Conosco Mark, è una brava persona. È umano. Ma mi fa imbestialire il fatto che la sua ossessione per la crescita lo abbia portato a sacrificare sicurezza e civiltà per i click». Troppo potere nelle mani di un solo uomo. Secondo il suo trentaseienne ex collega di università, «l'influenza di Mark è sconcertante, e va ben al di là di quella che può vantare qualunque governo o soggetto privato. Controlla tre piattaforme chiave - Facebook, Instagram e WhatsApp - utilizzate da miliardi di persone ogni giorno». La cosa allarmante non è solo l'influenza esterna, ma il peso smisurato del quale Zuckerberg gode all'interno della struttura. «Mark può decidere da solo come programmare gli algoritmi che determinano ciò che ogni utente vede nel proprio news feed, le impostazioni della privacy e perfino i messaggi che si ricevono», avvisa Hughes, «lui, e solo lui, fissa le regole che servono a distinguere ciò che è “discorso d'odio" da ciò che è semplicemente offensivo, e può decidere di silenziare un concorrente semplicemente acquistandolo, bloccandolo oppure copiandolo». «Spesso i legislatori ci accusano di avere troppo potere sulla comunicazione, e francamente penso abbiano ragione», ha affermato qualche settimana fa lo stessoMark Zuckerberg sul Washington Post. La ricetta perciò secondo Hughes è una sola: spacchettare Facebook, scorporando l'azienda principale da Instagram e WhatsApp. Una mossa sulla falsariga della guerra alla compagnie americane intrapresa sul finire del XIX secolo dal governo americano e terminata con lo smembramento della holding Standard Oil. Secondo il cofondatore, infatti, «il via libera dato nel 2012 dalla Ftc (la commissione governativa americana che si occupa di vigilare sulla concorrenza e sui monopoli, ndr) all'acquisizione» delle due piattaforme è stato un «errore madornale». Grazie all'operazione, Zuckerberg si è assicurato il predominio anche sul photo networking e nel settore della messaggistica. La proposta di Hughes non si limita allo spezzatino, ma richiede anche la creazione di una «nuova agenzia governativa, legittimata dal Congresso e il cui primo compito dovrebbe essere la tutela della privacy». La strada tracciata, oltre che improbabile dal punto di vista commerciale, risulta ardua anche sul versante legale. Il monopolio esercitato da Facebook secondo alcuni economisti è di tipo «naturale» (un po' come l'acqua o l'elettricità) e contrastarlo sarebbe inutile, se non controproducente. Nel passato i tentativi da parte del Congresso di rimettere in riga Zuckerberg si sono rivelati un buco nell'acqua. Tante belle parole, ma nella sostanza poco o nulla è realmente cambiato.Mentre il vicepresidente Nick Clegg si è premurato di rispedire al mittente qualsiasi proposta di smembramento, Mark Zuckerberg è volato ieri a Parigi per incontrare il presidente francese Emmanuel Macron. Temi del colloquio la lotta alla disinformazione, all'hate speech ma soprattutto il dibattito pubblico sulle elezioni europee. Macron sa perfettamente che Zuckerberg può muovere tutte le leve che vuole per condizionare la propaganda e per questo sta giocando la carta della possibile introduzione di un regolatore (sia a livello nazionale che europeo). Potrà sembrare strano ma nel nuovo scacchiere internazionale,nel quale il potere digitale gioca un ruolo sempre più decisivo, è anche con questo tipo di incontri che si decide il futuro del mondo e dei popoli che lo abitano.
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