2022-03-16
Macron fa il mediatore in felpa ma fino a ieri ha armato la Russia
Uno scoop del sito «disclose.ngo» svela le forniture francesi dal 2014 fino al 2020 proprio mentre il presidente sfoggia il ruolo di interlocutore di Vladimir Putin. Molti dei sistemi sarebbero montati su tank e velivoli usati in Ucraina.Il ferimento in carcere di un leader indipendentista in circostanze poco chiare scatena le violenze in Corsica. L’Eliseo teme di perdere voti e spedisce il ministro dell’Interno.Lo speciale contiene due articoli.Al presidente francese Emmanuel Macron piace atteggiarsi a leader di un Paese in guerra, pronto a proteggere i suoi concittadini da un virus mortale nato in Cina o dalle bombe lanciate da un dittatore. La sera del 16 marzo 2020, il capo di Stato aveva detto sette volte che la Francia era «in guerra» contro il Covid. Il 2 marzo scorso invece, dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, l’inquilino dell’Eliseo ha detto che «Putin ha scelto la guerra» e che la Francia è «a fianco dell’Ucraina», ritagliandosi il ruolo di mediatore telefonico con lo zar. In questa seconda occasione Macron non ha potuto essere così diretto come nel 2020, probabilmente a causa delle forniture d’armi - per 152 milioni di euro - che la Francia ha continuato ad assicurare alla Russia fino a due anni fa. E non è da escludere che, in questi giorni, queste armi siano utilizzate dalle forze armate di Mosca per attaccare Kiev e il resto dell’Ucraina.Secondo un’inchiesta pubblicata dal media francese on line disclose.ngo, Parigi avrebbe continuato a vendere armi all’esercito di Vladimir Putin anche tra il 2015 e il 2020, quindi anche dopo l’inizio dell’embargo decretato dall’Unione europea, il 1 agosto 2014. La misura era stata decisa da Bruxelles in seguito all’invasione russa della Crimea e all’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines colpito, nei cieli sopra Donetsk, da un missile di Mosca. Va precisato che la scelta di continuare a fornire armi alla Russia non riguarda solo Emmanuel Macron, visto che è diventato presidente nel 2017. Il suo predecessore François Hollande aveva già cercato di vendere delle navi da guerra Mistral. Ma la pressione dei partner Ue e degli Stati Uniti erano state troppo forti, quindi l’ex presidente socialista aveva dovuto optare per delle forniture belliche meno appariscenti. Tutto questo è possibile grazie al fatto che l’embargo Ue non è retroattivo. Lo stesso portavoce del ministero della Difesa di Parigi, Hervé Grandjean, ha ammesso su Twitter che «la Francia ha permesso l’esecuzione di certi contratti stipulati dal 2014 in base alla cosiddetta clausola “del nonno” ». Essa consente di proseguire «un contratto concluso prima dell’annessione della Crimea» nonché «le consegne di equipaggiamenti acquistati prima del luglio 2014». Per il portavoce non c’è nulla di male visto che la possibilità di continuare a vendere armi ai russi «è chiaramente prevista dal regime di sanzioni adottate contro la Russia nel 2014». Per cercare di spegnere la polemica, Grandjean ha ricordato anche che la difesa di Parigi ha dato «prova di trasparenza» visto che ogni anno viene pubblicato un rapporto pubblico contenente «i dettagli sulle forniture di armi». Messa così la questione sembrerebbe quasi banale. Peccato che questi equipaggiamenti potrebbero essere impiegati per ammazzare (anche) dei civili ucraini. Secondo il media on line transalpino, tra le forniture francesi dirette in Russia ci sarebbero delle telecamere termiche (del modello Matis Std) prodotte dal gruppo Safran e destinate ai carri armati di tipo T-72, T-90 e T-80 Bvm. Sembra che le telecamere siano state installate su circa 1.000 carri armati. È forse di queste attrezzature che parlava il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo intervento di condanna al lancio di razzi su edifici amministrativi della centrale nucleare di Zaporijia. In quell’occasione, il leader di Kiev aveva detto che i militari russi «sanno dove mirare» perché «dotati di telecamere termiche». Secondo i documenti riservati citati da Disclose, il gruppo Thales avrebbe invece fornito dei sistemi di navigazione Tacan, degli schermi video Smd55s, dei visori ad infrarossi modello Hud e dei caschi per piloti del modello Topowl. Queste attrezzature si troverebbero su degli aerei caccia Soukhoï SU-30 o dei Mig-29. Alla luce delle rivelazioni pubblicate da Disclose, la favola del presidente francese pacifista, tollerante e inclusivo, che per sei mesi presiede anche il Consiglio Ue, sembra sbiadire. Forse è anche per questo che Macron non perde occasione per esprimere il proprio sostegno a Zelensky. Come detto, il leader francese ama apparire come difensore della patria. Per questo non ha esitato a scimmiottare il suo omologo ucraino, attraverso una serie di foto scattate all’Eliseo il 13 marzo. Le immagini ritraggono il presidente transalpino spettinato, non rasato da due giorni e vestito con un paio di jeans e una felpa nera con cappuccio dei «Cpa 10» i paracadutisti d’élite dell’aeronautica francese. Visto che Macron, non molto democraticamente, si rifiuta di partecipare a dibattiti elettorali in presenza di altri candidati, con questi scatti l’inquilino dell’Eliseo punta forse a convincere degli elettori indecisi ma spaventati dal conflitto in Ucraina. E sulle armi fornite alla Russia, il leader d’Oltralpe fa spallucce. In una conferenza stampa improvvisata, tenutasi ieri in un centro d’accoglienza di profughi ucraini, Macron ha detto solo che «la Francia si è conformata al diritto internazionale e alle scelte che erano proprie».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macron-mediatore-felpa-armato-russia-2656964128.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="intanto-la-corsica-e-una-polveriera" data-post-id="2656964128" data-published-at="1647389735" data-use-pagination="False"> Intanto la Corsica è una polveriera La Corsica è in fiamme dopo l’aggressione a un indipendentista, in carcere per l’omicidio di un prefetto. Tutto è iniziato lo scorso 2 marzo quando Yvan Colonna, mentre faceva attività fisica nella prigione di Arles, è stato aggredito da un altro detenuto. Il fatto ha fatto scalpore in Francia e soprattutto nell’isola mediterranea appartenente a Parigi. Questo perché né Colonna né il suo aggressore - il trentaseienne camerunese Franck Elong Abé - sono dei detenuti comuni. Il primo è un ex pastore corso sessantunenne, condannato in via definitiva all’ergastolo per la morte del prefetto Claude Erignac, ucciso con tre colpi sparati alle spalle il 9 febbraio 1998. Il secondo è un jihadista - arrestato in Afghanistan nel 2012 e consegnato alla Francia nel 2014 - che sta scontando diverse condanne come quella per «associazione a delinquere in previsione della preparazione di un atto terroristico». Dopo l’aggressione, a Elong Abé è stato contestato anche il reato di «tentativo di omicidio in relazione ad un impresa terroristica». La Procura nazionale antiterrorismo (Pnat) francese ha acquisito rapidamente la competenza sulle indagini relative all’aggressione. Questo perché, come ha spiegato alla stampa il procuratore capo della Pnat, Jean-François Ricard, è stato escluso «ogni movente diverso da quello religioso» nonostante il terrorista camerunese, durante l’interrogatorio, avesse riferito che Colonna avesse «sputato su Dio» e «parlato male del profeta». Grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza gli inquirenti hanno potuto ricostruire la dinamica dell’aggressione che Ricard ha definito otto minuti di «accanimento sistematico» con colpi violentissimi, tecniche di strangolamento e un tentativo di soffocamento con un sacchetto di plastica. Ma oltre alla violenza inaudita scaricata su Colonna da Elong Abé, è apparso chiaro fin da subito che il jihadista non avrebbe dovuto svolgere delle mansioni di pulizia nella palestra del carcere, durante i periodi di accesso di un «detenuto particolarmente segnalato» come l’indipendentista corso. La notizia dell’aggressione a Yvan Colonna ha subito infiammato la Corsica perché, da anni, era stato richiesto il trasferimento del detenuto in un carcere dell’isola. Ma Parigi si era sempre rifiutata di concedere lo spostamento, tenuto conto della pericolosità dell’ex pastore. Fin dai primi giorni in varie città corse si sono svolte manifestazioni ed è stato un crescendo di violenza. Su muri e striscioni si potevano leggere frasi come «Stato francese assassino». La sera del 9 marzo è stato parzialmente devastato e incendiato il tribunale di Ajaccio. Il 13 marzo, a Bastia, sono invece scese in piazza circa 7.000 persone. Anche in questo caso i manifestanti hanno dimostrato una forte aggressività. Per i poliziotti intervenuti a sedare i disordini si è trattato di una vera e propria «guerriglia». Anche a Bastia è stato incendiato un ufficio pubblico, quello della locale Agenzia delle entrate. Emmanuel Macron ha mandato oggi sull’isola il ministro dell’interno Gérald Darmanin per mostrare l’attenzione di Parigi alle richieste corse. Ma anche per evitare l’emorragia di voti isolani alle prossime elezioni presidenziali. Secondo alcuni commentatori della stampa francese, Colonna sarebbe diventato una sorta di pedina «offerta» ai corsi in cambio di un sostegno a Macron alle prossime elezioni. Per questo, a Parigi ci sarebbe apprensione per le condizioni di salute dell’ergastolano, tuttora gravissime. Nelle stanze dei bottoni si spera che Colonna si riprenda altrimenti sarà più difficile contenere la collera dei corsi.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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