2021-09-24
Macron prova di nuovo a spaccare la Nato
Emmanuel Macron (Getty Images)
Dopo la mazzata del patto anticinese tra Usa, Regno Unito e Australia la Francia vuole picconare l'Alleanza. Parigi punta tutto sull'esercito comune europeo, che piace a Draghi. Ma l'Italia spera anche di entrare nel ristretto club americano dell'intelligence.Alla fine la strategia francese è emersa in modo chiaro. Spaccare la Nato e inserirsi a gamba tesa nelle nuove dinamiche di gestione della Difesa Ue con l'obiettivo di dettare la linea. «Alla luce di quanto avvenuto con il patto anti-Cina fra Australia, Usa e Regno Unito, l'Ue non può più contare sugli Stati Uniti per la propria protezione», ha detto il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, in una intervista a France Info. Gli europei, ha aggiunto Le Maire, «devono aprire gli occhi. La prima lezione di questa vicenda», ha proseguito, «è che l'Ue deve costruire la propria indipendenza strategica». Poche ore prima sul tema è intervenuta la collega di governo, titolare del ministero della Difesa. «All'interno della Nato il dialogo politico è inesistente», ha detto Florence Parly, intervenendo al Senato. «Canberra ha integrato il partenariato Aukus che comprende Stati Uniti e Regno Unito. Per questo bisogna sbattere la porta della Nato? Non credo», ha spiegato Parly. «La ragione dell'essere nella Nato non è il confronto con la Cina, è la sicurezza transatlantica», ha concluso la titolare della Difesa, secondo la quale «essere alleati non significa essere ostaggio degli interessi dell'altro». Un salto carpiato rispetto rispetto alle dichiarazioni del suo capo datate 2019, quando Macron in una lunga intervista all'Economist aveva definito la Nato «in stato di morte cerebrale».Un elemento in più per cogliere la strategia: Parigi senza troppi giri di parole punta a Bruxelles. Non è un caso che su un altro scacchiere Francia e Usa si stiano riavvicinando. Antony Blinken, segretario di Stato Usa, e Jean-Yves Le Drian ieri si sono incontrati a margine dell'assemblea generale Onu. E hanno lasciato trasparire grande soddisfazione e obiettivi di maggiore cooperazione nella regione dell'Indopacifico. Insomma, il panorama di tensione sta rientrando nei cardini della strategia politica. D'altronde come ha scritto su La Verità Carlo Pelanda, Emmanuel Macron era stato avvisato dalla sua intelligence già a inizio primavera. Sapeva dunque che il governo australiano non avrebbe portato avanti il contratto con Naval group e avrebbe preferito il partner inglese. Far esplodere la bomba in questo momento e a seguito della debacle politica (non militare) di Kabul serve ai francesi per preparare i binari sui quali il prossimo anno si muoverà la trattativa per l'integrazione della Difesa Ue. C'è in ballo il semestre e pure l'endorsement della presidente Ursula von der Leyen. La quale ha atteso un mese esatto per parlare e commentare i fatti di Kabul. Chiaramente ha aspettato di avere il via libera informale da parte di Parigi, Berlino e pure Roma. Lo si è capito non solo dalle parole di Sergio Mattarella, ma anche dal fatto che entro l'anno Italia e Francia vogliano chiudere il cosiddetto Trattato del Quirinale. Nella dozzina di paragrafi, secondo indiscrezioni, ne spunta uno tutto dedicato alla collaborazione militare e di intelligence. Potrebbe essere la base per il futuro della Difesa Ue? La domanda va posta a Mario Draghi che chiaramente ha preso in carico il dossier. La fine dell'era di Angela Merkel ha aperto falle nella filiera francotedesca. Al tempo stesso Parigi per la prima volta nella storia ha difficoltà a gestire la propria geopolitica anche in aree dove ha dominato per 70 anni. Basti pensare che in questi giorni i vertici militari francesi hanno paventato o minacciato (il confine è sottile) la possibilità di abbandonare il Mali, se il nuovo governo, frutto di rimpasti e golpe, dovesse aprire una collaborazione con i paramilitari russi di Wagner group. Fino a due anni fa ipotesi nemmeno pensabile. E non è l'unica ritirata dei cugini d'Oltralpe. Per la prima volta l'Eliseo per censurare il governo provvisorio del Mali si è affidato a una nota diplomatica europea. Insomma, la strada è strettissima. Da un lato Macron spinge e dall'altro il nostro Paese non può sottrarsi alla trattativa. Non può certo fermare l'integrazione. Potrebbe e dovrebbe gestirla con intelligenza e opportunismo. A rendere le cose ancor più complicate c'è la posizione americana. Bruxelles è convinta di creare un nucleo di intelligence Ue che funga da leva per l'esercito comune. Dall'altra parte gli Usa manovrano per estendere ad almeno un Paese del Vecchio Continente l'ingresso dell'esclusivo club dei 5 eyes. I cinque occhi sono i Paesi partner delle agenzie americane. Essere in quel club significa non appartenere ad altri club. Ieri in una interessante intervista su La Stampa, il sottosegretario con delega ai servizi, Franco Gabrielli, ha stroncato l'idea della Von der Leyen con una semplice e diretta domanda. «Questa futura intelligence a quale soggetto politico dovrebbe rispondere?», si è chiesto Gabrielli. La risposta è ovvia. Quella italiana al governo italiano. L'uscita è dunque molto interessante perché apre uno spiraglio per tutti coloro che sperano che nei prossimi mesi l'Italia possa essere invitata nel club più prestigioso. Questo non limiterebbe la nostra sovranità e ci metterebbe su un piano più elevato rispetto agli altri partner Ue esclusi. Alias, i francesi.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)
L'ad di Eni Claudio Descalzi (Ansa)